lunedì 31 maggio 2010

Il teatrino di Pucci - I miei ricordi - 64

Un caro cugino di Roma, Augusto, di tre anni più piccolo di me, aveva un buon rapporto con i cugini di Acuto. A lui piaceva molto venire in paese, tant'è vero che poi sposò proprio una bella ragazza bionda del posto.
D'altra parte anche noi andavamo spesso a Roma, e uno dei nostri punti di riferimento, oltre alla zia di via Merulana, era anche la pittoresca casa di zia Amalia e dell'altro zio Peppino, in Via Sant'Andrea delle Fratte, vicino al Tritone e al Collegio Nazareno, dove lo zio era l'apprezzatissimo capocuoco di una vasta comunità di studenti, guidati dagli Scolopi, che avevano insegnanti famosi come il dantista Luigi Pietrobono e il latinista Quirino Santoloci.
Zia Amalia era un po' l'anima più moderna di tutta la casata; fu lei, in famiglia, ad avere la prima radio, la prima televisione, il primo giradischi, il primo registratore, senza contare frigorifero, lavatrice, lavapiatti; e poi il doppio bagno, con una vasta anticamera che a noi del paese sembrava quasi uno spreco. Proprio dirimpetto alla casa, a triangolo col portone del Nazareno, c'era la famosa sala da ballo Pichetti, assai frequentata.
Zio Peppino era appassionato di musica classica, e spesso la casa riecheggiava delle arie più famose. Molte di esse sono rimaste nella mia mente.
Augusto era un po' un artista; si dilettava in disegno e pittura, faceva collezione di francobolli e delle famose figurine Liebig, di cui possedeva due o tre album completi: i doppioni li regalava a me, che pure riuscii a completare un album dalla pregevole copertina di similpelle verde.
Un anno, ad Augusto, vezzeggiato e viziato da una comare veneta di ricca famiglia, che gli lasciò come dono permanente il curioso nomignolo di Pucci, fu regalato un piccolo teatrino di marionette, con cinque o sei personaggi che aveva imparato a maneggiare con una certa destrezza.
Però, sentiva il bisogno di un vero e proprio testo per le sue recite. Allora pensò bene di incaricare il letterato di famiglia, che...ero io. Mi scrisse una lettera al paese, spiegandomi le circostanze.
Io avevo dodici o tredici anni, ma scrivere era per me un vero divertimento. Mi misi all'opera, e in un paio di giorni tirai fuori una commediola, mi pare situata in un mercato arabo: i personaggi mi erano stati commissionati con grande precisione.
Il risultato fu molto apprezzato, e un altro cugino, Claudio, figlio di zia Teresa, maestro molto in gamba e ben presto direttore didattico, il più giovane di tutta Italia, mi fece i suoi complimenti. Claudio, appassionato giocatore di poker e di ramino, si recava spesso a casa di zia Amalia per lunghissime partite al poker, con zio Peppino e gli altri suoi due figli maschi, più grandi, Nando e Carlo.
L'unica figlia femmina, Maria Luigia detta Mimmina, era anche lei un po' un'artista: si divertiva a cantare e a ballare anche davanti ad amici e parenti, e mi ricordo una sua divertente interpretazione di "Maria de Bahìa": ahi ahi ahi Maria/ Maria de Bahìa/ sei soltanto tu la gioia della vita mia.../
Era sempre stimolante una visita a casa di zia Amalia. Ahimè, Carlo e Mimmina, trasferitisi per lavoro a Milano, ebbero solo una vita breve da vivere, e la conclusero prima ancora dei cinquant'anni.
Augusto, detto Pucci, fece il ritorno indietro da Roma ad Acuto, dove si esercitò anche nella politica e ricoprì con successo la carica di assessore alla cultura, promuovendo anche il recupero dell'antichissima chiesa rustica della Maddalena, con annessi i resti di un lebbrosario (continua).

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