domenica 2 maggio 2010

Le meraviglie - I miei ricordi - 40

Di quei piccoli viaggi di lavoro di mio padre, in partenza da Acuto, conservo nella memoria qualche assenza notturna, e le albe in attesa del rientro. Svegliandomi, e non trovando mio padre, chiedevo a mia madre dove fosse andato.
Io dormivo in un lettino accanto al letto matrimoniale, dato che eravamo tanti e gli spazi erano ristretti. Mia madre mi rispondeva, un po' evasiva e un po' burlona, mentre io la prendevo alla lettera: - Papà è andato a Foligno a comprare le meraviglie...-
Forse erano le parole di una canzoncina popolare, e me le ripeteva cantando, ma io insistevo: che cos'erano quelle meraviglie?
Lei ribatteva, un po' infastidita: - Le ciliegie marine...-
Per me il mistero persisteva ancora più fitto, e non ricordo come si concludeva, se veramente mio padre mi portasse qualche piccola sorpresa dopo i suoi brevi viaggi di un giorno o due.
Ero molto legato a mio padre, e quando morì il mio dolore fu intenso; non riuscivo a credere che stavolta il suo viaggio fosse per sempre.
Quasi tutte le sere mia madre affidava a papà il compito di portare a dormire il più piccolo dei figli, e lui, stanco della lunga giornata di lavoro, lo faceva volentieri, approfittandone per raccontarci tante di quelle favole popolari del nostro meridione, che poi ho ritrovato nelle raccolte di Italo Calvino o in altri testi più antichi.
Mio padre si divertiva a narrare quelle avventure inverosimili che a me sembravano invece tanto vere, come quelle di Giovannin senza paura, o di qualche altro brigante riemerso in seguito anche da brandelli del Decameron o di Pietro Aretino.
Mio padre era molto legato ai suoi fratelli Pasqualino, Angelino e Pierino. E alla sorella Lucia, emigrata in America, dove era andata sposa a un altro immigrato italiano, Daniele Verna: era bella, luminosa di carnagione, ma io la ricordavo solo da quella triste fotografia che la inquadrava sul letto di morte, fra tanti malinconici fiori.
Quella foto rendeva ancora più lugubre il lungo corridoio della casa dei nonni, al Piglio. Nonno Silvestro io non lo avevo neanche conosciuto, era morto qualche anno prima della mia nascita. Restava nonna Amalia, ma ora se ne stava immobile tutto il giorno su quella poltrona, invocando il nome del suo figlio più piccolo, Pierino. - Peruzzo mio! Peruzzo mio!- era il suo incessante lamento. Peruzzo era andato in guerra, in Libia, ma era stato fatto prigioniero dagli inglesi, nella ritirata dopo Tobruk nell'inverno del 1942.
Zio Pierino tornò dalla prigionia due anni dopo, ma nonna Amalia non fece in tempo a rivederlo, e morì col nome del figlio sulle labbra ( continua ).

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