sabato 23 aprile 2011

La Lazio getta al vento il terzo posto!

Che sciupona, questa Lazio! Tutto si stava mettendo bene, col rigore di Zarate al 24' del primo tempo: espulso Julio Cesar, Lazio che raggiunge l'Inter per il terzo posto, partita tutta in discesa.
Invece? Tutto quello che non doveva succedere. L'arbitro assegna un calcio di punizione inesistente, Snejider riesce in uno dei suoi colpacci proibiti, Muslera battuto, l'Inter afferra la ciambella del pareggio.
Poteva bastare così, ma al signor Morganti, già segnalato per pessimi precedenti contro la Lazio, le cose non andavano ancora bene. La Lazio si divorava due o tre volte il possibile vantaggio, ma una scivolata di Biava sul viscido terreno del Meazza poneva Eto'o in condizione di battere per la seconda volta Muslera. Non solo, ma l'arbitro aggiustava ancora un po' le cose per i nerazzurri, che già si erano rinfrancati: per un fallo non da rosso su Nagatomo, il capitano Mauri viene espulso e quindi tutto torna in perfetto equilibrio numerico, e per la Lazio, malgrado una buona prestazione ed altre possibili occasioni di aggiustare le cose, finisce nel peggiore dei modi. Peccato quel palo di Kozak, subentrato nel finale a Floccari, che a sua volta, solo davanti a Castellazzi, non aveva avuto fortuna. Almeno il 2-2 la Lazio lo avrebbe meritato, strameritato!
Dunque, dal possibile terzo posto agguantato con Zarate, si è tornati con la Lazio quarta, e per fortuna anche l'Udinese ha nuovamente deluso, lasciandosi nettamente battere in casa dal Parma, e restando quindi un punto sotto ai biancocelesti.
L'unica cosa buona per la Lazio è che ora il calendario ha cancellato le asperità contro gli uomini di Reja, che potranno giocare due gare casalinghe alla pari con le avversarie per la quarta piazza. Per il terzo posto, ovviamente, niente da fare contro l'Inter, mentre forse un piccolissimo spiraglio si apre per poter riagguantare il Napoli, sconfitto un'altra volta a Palermo e apparso scarico e giù di forma.
Non tutto è finito, insomma, nella speranza di acciuffare miracolosamente una Champions senza preliminari: bisogna vedere come il Napoli si ritroverà sulle gambe in queste ultime quattro giornate, mentre le condizioni di forma della Lazio continuano ad apparire molto buone. 
Se la Lazio avesse avuto un pizzico in più di esperienza, sarebbe riuscita a sfruttare meglio il vantaggio numerico che ha avuto in campo per circa quaranta minuti. Però le condizioni del terreno erano veramente deprecabili, e i giocatori laziali si sono spesso trovati a disagio: Hernanes ha dovuto cambiare gli scarpini, e Biava, scivolato al momento topico, ha dovuto lasciare via libera a Eto'o per quel gol davvero regalato. Inoltre, l'innesto di Kozak sarebbe dovuto avvenire almeno un quarto d'ora prima, dal momento che, in pochi minuti di gioco, per poco il ragazzo non riagguantava il ben meritato 2-2. Ma è andata così, e forse era scritto.




giovedì 21 aprile 2011

Lazio in quarta dimensione a San Siro con l'Inter

 La Lazio è pian piano risalita sulla via dell'Olimpo calcistico, proprio quando l'Inter ha cominciato la via della discesa. La Lazio è in forma, l'Inter sta raccogliendo i pezzi.
Così l'incontro di sabato, che in un altro momento sarebbe stato proibitivo per la Lazio, diventa uno scontro diretto per quel terzo posto che ti conduce in Champions League per la via diretta, senza bisogno dei pericolosissimi preliminari.
La Lazio è a soli tre punti dall'Inter, e tre punti si possono ottenere con una partita sola: giocando bene e vincendo anche a San Siro.
Che Lazio sarà, la vigilia di Pasqua? Una Lazio a quattro dimensioni: altezza, larghezza, profondità e splendore. La quarta dimensione ci viene dal quartetto Hernanes-Mauri-Floccari-Zarate che domenica scorsa si è esibito a Catania lasciando tutti a bocca aperta. Sabato tutto il mondo calcistico spalancherà le sue finestre sul Meazza per ammirare questo spettacolo, questo Zarate scatenato e imprendibile, che segna e fa segnare i Floccari i Mauri e gli Hernanes. Già, Hernanes: l'uomo in più di questa Lazio rispetto all'anno scorso, e che ha fatto tutta la differenza. Con l'acquisto di Zarate ed Hernanes, la Lazio di Lotito ha cominciato davvero a diventare grande, a mettersi sul serio sulla via dello scudetto.
Ora però attenzione all'euforia: l'Inter è ferita e zoppicante, ma non è morta. Lo ha dimostrato martedì all'Olimpico rimandando battuta la Roma di Montella e mettendo in mostra uno Stankovic che rappresenta sempre un motore inarrestabile di gioco e uno stoccatore formidabile. Già, il "nostro" Stankovic, che con il "nostro" Pandev ora avrebbe potuto costituire il resto dell'ossatura della squadra scudetto. Ma non possiamo star a guardare al passato. E poi occorrono sempre forze giovani, e Stankovic e Pandev giovani non sono più.
Noi ora abbiamo forze emergenti, e altri rinforzi giovani Lotito li ha promessi e li sta cercando, e con i 20 milioni che la Champions ti assicura già potresti acquistarli. Sarà un bellissimo appuntamento, quello della Lazio in partenza, a luglio, per la nuova stagione, sulle montagne dorate di Auronzo.
Ma ora torniamo a sabato. Perché proprio sabato dobbiamo costruire il primo pezzo importante, la vera pietra angolare del nostro avvenire.

mercoledì 20 aprile 2011

Il Christus di Cave venerdì alle 20.30

Il famoso "Christus" di Cave si effettuerà dopodomani, 22 aprile, giorno del Venerdì Santo, a partire dalle 20.30 fino alle 22. La storica rievocazione della Passione di Cristo si svolgerà lungo la strada principale della cittadina laziale, tratto della Statale 155 di Fiuggi, coinvolgendo oltre 500 figuranti del Vecchio e del Nuovo Testamento.

A Cave l'arte del ricamo di Maria Candida Cenci

Al Palazzetto delle Arti di piazza Nassiryia a Cave si tiene fino a sabato 30 aprile l'interessante mostra di preziosi ricami di Maria Candida Cenci, maestra di ricamo proveniente dalla famosa scuola di Palestrina.

Vita di collegio: 28. Una stagione in Siberia

Un anno, per la ristrutturazione delle camerate, fummo costretti per oltre tre mesi a emigrare...in Siberia. Così si chiamava l'enorme soffitta sottotetto, vasta quanto tutto il palazzo, gelida appunto come la steppa siberiana. I finestroni furono tappati in emergenza, ma il freddo rimaneva penetrante.
Comunque, le generazioni di allora - sono passati più di sessant'anni - erano veramente temprate, impianti di riscaldamento non ce n'erano, e con l'ausilio di coperte e sopracoperte riuscimmo a sopravvivere.
Per fortuna la maggior parte della giornata la trascorrevamo in altri ambienti, per lo più assolati, in quanto la stagione fu relativamente mite. Ma si andava dal caldo del refettorio, al mezzanino, al tepore del grande studio, al gelo della Siberia. Temprati a tutti i climi. Della nostra salute, del resto, il rettore don Salina e gli altri responsabili si preoccupavano con affetto paterno. Ricordo con particolare gratitudine un episodio che mi riguardava: a pranzo avevamo come secondo una porzione di pesce azzurro, e nella fretta d'inghiottirlo una piccola lisca mi rimase di traverso per la gola. Cominciai a tossire con insistenza, e monsignore, preoccupato, mi portò in cortile, dove potevo tossire liberamente, e mi tenne il polso controllando il battito cardiaco. Per fortuna tutto finì in pochi minuti, e riuscii a mandar giù la fastidiosa lisca senza alcuna complicazione, bevendo acqua in quantità. E pensare che nella mia mente io ritenevo monsignor Salina un poco intollerante nei miei confronti per via dei precedenti negativi dei miei due fratelli maggiori.
Ero in piena fase di sviluppo, e il nostro medico curante,  il dottor Gemignani, si rese conto che avevo bisogno di un sostegno nella crescita. Mi ordinò così un paio d'iniezioni settimanali da effettuare nel suo studio che era proprio al centro di Anagni, vicino alla bellissima galleria comunale formata da un arco ellittico risalente al XIII secolo. Un sacerdote mi accompagnava ogni volta, e spesso era proprio monsignor Salina.
Non ero cagionevole di salute, e quelle iniezioni mi fecero bene e favorirono il mio sviluppo. Ricordo anche che ero costretto a bere ogni mattina un uovo fresco, che non mi piaceva affatto, ma che i buoni preti mi costringevano paternamente ad ingoiare. Certamente un padre non avrebbe potuto fare di meglio, anche perché erano tempi avversi e la mia famiglia risentiva pesantemente della perdita di mio padre.
Così, anche la stagione in Siberia ebbe termine. Tornammo tutti felici nelle nostre camerate rimesse a nuovo, e tuttavia un po' eravamo anche orgogliosi di poter dire: abbiamo affrontato il freddo siberiano, il nostro fisico e il nostro carattere ne sono usciti sicuramente temprati.
Per molti di noi, ad ogni modo, la vita in collegio era senz'altro più agevole e comoda rispetto alla vita che avremmo potuto condurre nelle nostre case, in un periodo così duro e travagliato come fu quello dei secondi anni quaranta.



martedì 19 aprile 2011

Auguri a Claudio Sabbioni e al Circolo Biancazzurro di Palestrina

Claudio Sabbioni di Palestrina è un biancoceleste di primissima fila: dopo aver svolto in maniera brillante i suoi compiti di assessore ai servizi sociali del Comune di Palestrina, continua a svolgere  la sua azione animatrice e fervida nel famoso Circolo Biancazzurro prenestino, uno dei più attivi e vicini al cuore della Lazio, che a maggio sarà invitata nell'antica città della Dea Fortuna per una festa tradizionale tanto cara sia alla Lazio che ai concittadini del grande Pierluigi, musicista famoso in tutto il mondo. Non potendo servirmi di Facebook, rivolgo a Claudio il più affettuoso augurio di Buona Pasqua e un "in bocca a lupo" per nuovi successi del suo Circolo Biancazzurro, insieme a un abbraccio a lui e a tutta la famiglia Sabbioni-Puliti, nostra amica da sempre.
Caro Claudio, il giorno in cui la Lazio verrà a Palestrina non dimenticare di citare "Qui Lazio", il cui cuore batte all'unisono con la Lazio e con il tuo Circolo Biancazzurro.

E' Reja l'uomo giusto per la Lazio

E ora siamo qui tutti a chiederci: è Reja l'uomo giusto per la Lazio?
Non perchè Reja non sia all'altezza di questo compito: ma soltanto perché lo è troppo.
Qualcuno ha fatto il paragone con Ranieri nella Roma. Dopo le grandissime prodezze di due anni fa, era pronto il sor Claudio a reggere per l'anno successivo le schiere giallorosse? O perché aveva fatto troppi miracoli, inesorabilmente non sarebbe stato capace di ripeterli? Come poi si è ben verificato.
Dunque, per Reja, ci sarebbe questo pericolo: avendo finora fatto troppo bene alla Lazio, è meglio non aspettarsi che il prossimo anno sia capace di ripetersi.
Ragionamento contorto. Chi dovremmo dunque prendere, che possa fare meglio di Reja? Forse soltanto Guidolin: ma te lo darebbe l'Udinese?
Ora: a parte tutto, Guidolin uguale Reja sotto mille aspetti. Anzi, Reja conosce alla perfezione il bastardo ambiente di Roma, cosa che Guidolin dovrebbe cominciare a fare a suo grandissimo rischio.
Perciò io mi tengo Reja: è grande e vaccinato contro il colera. E' lui che riesce nelle polemiche a tirar fuori Zarate dalla sue paludi, è lui che riesce a far stare in piedi un Hernanes morto da due mesi, è lui che riesce a fare una grande difesa con un pugno di mezze figure, trasformando Dias, Radu, Lichtsteiner, Biava , Stendardo e Garrido in campioni.
E Ledesma? E Mauri? Sono i signori del nostro centrocampo contro le critiche e i pregiudizi di tanta gente. Brocchi che ti fa i miracoli a 36 anni, Gonzalez che riesce a giocarsi il cuore se non può giocarsi altro. Miracoli, miracoli alla corte di Reja. E, badate bene: per ogni mossa che fa, Reja ci va ogni volta coi piedi di piombo, sbagliando tante volte prima di essere sicuro di non sbagliare più. Il caso di Zarate ne è una magnifica controprova.
E allora? Allora dategli soltanto una punta che ci assicuri venti gol a campionato, e la Lazio potrà benissimo essere campione d'Italia.

lunedì 18 aprile 2011

40 anni di matrimonio

Oggi, 18 aprile 2011, ricorre il 40° anniversario di matrimonio di Luigi Jadicicco e Maria Dantimi, celebrato in Rocca di Cave (Roma) il 18 aprile 1971  nel piccolo e pittoresco santuario della Madonna della Neve. 
Ai due "ragazzini" spetta di rigore un festoso "in bocca al lupo".

Vita di collegio: 27. La marmellata di zia Paolina

Verso le quattro del pomeriggio, arrivava molto gradita l'ora della merenda. Avevamo una stanzetta apposta, dove su degli scaffali ciascun allievo conservava in una valigetta qualche prodotto alimentare mandatogli da casa.
C'erano famiglie che si distinguevano per una certa opulenza: biscotti, frutta, panini, affettati, formaggi e via dicendo, e c'era al contrario chi non si poteva permettere certe prelibatezze.
La mia famiglia, molto numerosa, in seguito alla recente morte di mio padre si trovava chiaramente in difficoltà. Del resto, non c'erano familiari che potessero venire a trovarmi, lasciandomi qualcosa di buono per la merenda. Mia madre aveva approfittato della gentilezza di Augusto, padre del mio amico d'infanzia Santino, che ogni domenica, con la sua asina, compiva il lungo itinerario Acuto-Anagni, e ogni tanto mi mandava una mezza pagnotta di pane e un barattolo di marmellata d'uva, confezionata da mia zia Paolina del Piglio.
Io mi vergognavo molto, vedendo che i miei compagni facevano per lo più ricche merende, e io dovevo accontentarmi di una fetta di pane duro ammorbidita con quella marmellata, peraltro nemmeno troppo ben riuscita poiché in quel periodo era molto difficile trovare dello zucchero. A volte neanche andavo nello stanzino delle merende e me ne restavo a studio  piuttosto mortificato. Non ero il solo, in quanto spesso mi faceva compagnia Luigi Canali, un altro ragazzo la cui famiglia attraversava un periodo di grande malessere.
Di Canali ho già parlato più di una volta. Era uno dei quattro amici inseparabili, tre Luigi e un Santino, destinati tutti e quattro a saltar giù dal treno e a ritrovarsi più o meno tutti fuori dal seminario intorno alla stessa data, al termine del quarto anno. Canali si trasferì subito a Roma, trovò impiego presso le poste di Centocelle, diventò un sindacalista della CISL, e tenne con me dei buoni contatti, soprattutto perché anche a lui piaceva scrivere. Fu lui che mi fece scrivere anche qualche articolo sulla "Gazzetta Ciociara" a via Milano. Questa amicizia forse si era rafforzata proprio per il fatto di avere avuto quella comune frustrazione delle merende povere.
Ogni tanto il padre economo, don Giacinto Centra, ci forniva per la merenda uno dei famosi formaggini di nocciolata Ferrero. Ne acquistava evidentemente dei grossi quantitativi, che servivano anche per la colazione e per il dolce del giovedì e della domenica: siccome erano collegati  con un concorso a premi, i soliti maligni affermavano che forse quella era la motivazione principale per l'acquisto di quel dolcetto, peraltro a noi molto gradito.
L'ora della merenda, quando potevamo fruirne tutti in modo adeguato, era uno dei momenti più piacevoli della nostra giornata. Qualcuno ne approfittava per farsi anche un sorsetto di buon vino di famiglia, come quello famoso delle vigne di Santino ad Acuto. Un vinello che, qualche anno dopo, Santino ci faceva ancora assaporare, allungato con l'acqua, dopo le nostre lunghe e snervanti partite di pallone al campo sportivo dei piani della Ciancola al nostro paesello di Acuto.







domenica 17 aprile 2011

Lazio grandissima: attacco all'Inter!

Lazio grandissima al Cibali: quattro a uno, quaterna firmata Hernanes Mauri Floccari Zarate, con solo un momento di distrazione a inizio ripresa e rete della bandiera di Schelotto per il Catania.
La Lazio, dunque, sa giocare anche all'attacco, e sa fare cose meravigliose. E' sembrata una brutta piega quella  della sostituzione dell'infortunato Sculli dopo 14 minuti, e invece ha rappresentato la svolta psicologica: entra Zarate e la Lazio è costretta a giocare all'attacco con Zarate-Floccari, facendo una figura straordinaria.
Poi, nel finale dell'incontro, quando è uscito anche Bresciano ed è entrato il più offensivo Gonzalez, sono arrivati anche i gol del duo d'attacco Floccari-Zarate: vuol dire che se si gioca d'attacco, anche la Lazio sa fare le sue meraviglie, e guarda caso è stata l'unica squadra a segnare quattro gol, e oltretutto in trasferta, su un campo niente affatto generoso come quello del Cibali.
Ora il quarto posto è il nostro, e non basta: se le condizioni di forma di una squadra sono quelle che fanno testo, diciamo allora che in questo momento la Lazio sta andando più forte dell'Inter, e potrebbe dimostrarlo proprio sabato prossimo, vigilia di Pasqua : vincendo a San Siro, avrebbe già ripreso lo squadrone nerazzurro, oltretutto affaticato dalla semifinale di Coppa Italia martedì con la Roma all'Olimpico.
Il terzo posto sarebbe veramente d'oro, perchè risparmierebbe alla Lazio una bella fetta di preliminari di Champions, che sono quelli che potrebbero rovinare un'intera stagione (basta pensare alla Sampdoria di quest'anno: cerchiamo di evitare questo grosso guaio).
Lazio meravigliosa, forte in difesa, a centrocampo e all'attacco, oggi come oggi la squadra più in forma, esattamente come era all'inizio del campionato. E allora è proprio vero quello che dicevamo qualche giorno fa: la Roma quest'anno ha vinto le battaglie dei derby, ma ha perso la guerra della classifica e della Champions League. E che campioni sono i nostri! Ricordiamo ancora una volta questi nomi: Hernanes, Mauri, Floccari, Zarate in questo momento non hanno avversari in Italia.

sabato 16 aprile 2011

Sarà dura a Catania con quella pellaccia di Diego Simeone

Non sarà per niente facile, all'ombra dell'Etna, per la Lazio che aspira alla Champions League. Ci ritroveremo contro quella pellaccia di Simeone, uno che certamente il cuore ce l'avrà biancazzurro, ma anche uno che lotta fino alla morte prima di cedere.
Lo conosciamo bene,  Diego Simeone: nessun laziale può averlo dimenticato. Te lo puoi immaginare ancora con la bandana del pirata in testa e un coltello fra i denti. Eppure noi dobbiamo tentare di batterlo: i tre punti ci servono non tanto contro l'Udinese, che a Napoli sta molto peggio di noi e dovrà fare a meno di tutti i migliori, quanto contro la Roma, che oggi col Palermo non so se avrà via libera da Delio Rossi, ma è certamente in condizione di rimangiarci un paio di punti.
Il destino della Champions è dunque legato al comportamento in campo delle due siciliane. Il Catania sicuramente darà l'anima, mentre del Palermo non si sa. Solo l'orgoglio potrebbe dare ai rosanero di Delio delle armi micidiali, per tornare magari alla vittoria dopo certe sbornie memorabili (0-7 con l'Udinese!)
 A Catania la Lazio va con la sua miglior formazione. Recupera Radu ed ha disponibili tutti. Reja è tentato di schierare Floccari al fianco di Zarate per poter avere migliori frecce nel suo arco, ma forse alla fine opterà per la staffetta con Sculli, assicurandosi all'inizio una poderosa copertura, per giocare meglio la carta Floccari nel finale come già contro il Parma.
Giocheremo conoscendo già il risultato di Roma-Palermo, e questo potrebbe essere un vantaggio, per noi, anche in caso di vittoria romanista: saremo costretti a dare il tutto per tutto per cercare di non farci riagguantare da questi cugini che ci stanno inseguendo da quasi un anno e non riescono a prenderci malgrado ci abbiano sgraffignato tutti e sei i punti del derby. A pensarci bene, questo potrebbe essere già un segnale.
E poi, loro, ora che hanno scoperto l'America, potrebbero pure contentarsi dell'Europa (League).



venerdì 15 aprile 2011

Vita di collegio: 26: L'onta da cancellare

Come seminarista, ho sempre sentito il peso del fatto che due miei fratelli più grandi, Vito e Silvestro, mi avessero preceduto per quella via e poi, per un motivo o per un altro, avessero entrambi abbandonato il percorso verso il sacerdozio.
Sentivo dentro di me questo grave peso, e avevo l'impressione che monsignor Salina, il rettore, pensasse la stessa cosa di me. Ecco, arriva un terzo fratello, compie tutto il percorso degli studi, e poi, una volta ottenuto il titolo di studio, se ne andrà sfruttando e rendendo vano tutto il nostro lavoro. Intanto, i miei fratelli avevano compiuto solo due o tre anni di studio, e non l'intero percorso. Per il resto, avevano dovuto rimediare da soli.
Non potevo pensare che ci fossero situazioni anche più pesanti, e che tuttavia erano del tutto normali e giustificabili: nella famiglia Pilozzi, sempre di Acuto, sei fratelli passeranno tutti per quella via, ed uno soltanto, alla fine, diventerà sacerdote: l'umile, generoso, e veramente evangelico don Angelo.
Sarà forse stato il clima di crociata del 1948, e il sentimento che nutrivo dentro di me che i miei due fratelli fossero oltretutto socialisti, cioè anticlericali, sta di fatto che a un certo punto scrissi una lettera ai miei cari, ben sapendo che essa sarebbe stata controllata e quindi spedita, nella quale mi impegnavo a "lavare l'onta" dei due precedenti insuccessi. Parlavo di "onta", cioè di vergogna, giudicando che i miei due fratelli avessero fatto quella scelta in maniera consapevole: una specie di truffa bene organizzata.
Infatti mio fratello Vito, l'anno dopo, mi rimproverò quella parola, ritenendola ingiusta e magari tale da poter essere ritorta contro di me.
Con il senno di poi, voglio riconoscere che quella lettera deve essere considerata poco sincera, freudianamente, mirata più a farmi benvolere dai direttori che a comunicare veramente ai miei il mio dispiacere di trovarmi in quella situazione, che non aveva proprio  niente di anomalo.
Se i miei dirigenti fossero stati veramente in gamba, invece di lasciar partire quella lettera così imbarazzante avrebbero dovuto chiamarmi, e con delicatezza cercare di sapere che cosa mi passava veramente per la testa, e certamente avrebbero potuto prefigurare quello che sarebbe accaduto di lì a poco, cioè il mio desiderio di lasciare quella strada da me ritenuta forse inadatta al mio carattere.
Sì, questo è davvero senno di poi. Le cose vanno come devono andare. Gira e rigira, alla fine, se"onta" c'é stata,  è stata tutta mia. Bisogna avere il coraggio delle proprie azioni, e ponderare bene prima di decidere, perché nella vita ci sono dei momenti in cui una decisione vale una volta per sempre e non si deve mai avere voglia di rimpianti.
Era il 1948. Avevo quattordici anni. Ma già si stava preparando il mio destino.





giovedì 14 aprile 2011

Delio Rossi, vinci il nostro derby!

La Lazio è nelle mani del suo vecchio allenatore Delio Rossi. Ci fosse stato ancora Serse Cosmi alla guida dei rosanero, non ci sarebbero state davvero speranze per noi laziali, di tenere ancora a bada a quattro punti di distanza la Roma: soltanto vincendo a Catania saremmo stati al sicuro.
Ora invece, con il ritorno di Delio, il Palermo ridiventa pericoloso, con lo squadrone che si ritrova, i Pinilla, i Pastore, i Miccoli e gli Ilicic e i Balzaretti e i Sirigu, roba che sulla carta la Lazio non si sognerebbe mai di possedere. Se questi signori qui tirano fuori le unghie, un bel pareggio all'Olimpico non sarebbe davvero da escludere, e a noi allora basterebbe a nostra volta pareggiare a Catania. Staremmo ancora a quattro punti, ma con una partita in meno e una trasferta in meno e tanta tanta forza in più dentro al nostro cuore biancoceleste. Lasciamo perdere poi se a Catania addirittura si dovesse vincere, cosa difficile quanto uscire indenni da un grande fuoco.
In realtà noi siamo soprattutto nelle nostre mani e dobbiamo credere in noi. Però se i giallorossi si ritrovassero a perdere qualche punticello qua e là la Champions sarebbe davvero nostra, dato che l'Udinese deve incontrare tutte le grandi, e poi la dirigenza friulana non ha in animo di cambiare i suoi soliti programmi annuali: vendere due grossi nomi, incassare quaranta milioni, ricomprare tre giovani assai promettenti e fare un altro grande campionato, senza ambizioni di Champions League, ma al massimo di Europa League.
Tutti bei ragionamenti, questi. In realtà, non ci resta che aspettare domenica, quando la verità sarà bella e spiattellata in televisione, con tanto di bei filmati e di bei gol. Noi speriamo tanto di vederne un paio di Hernanes, Zarate e Floccari, e forse tutto sarebbe già sistemato.
Delio Rossi, tu che ti buttasti nudo dentro al vascone, quel benedetto giorno ormai lontano, cerca di vincere questo specialissimo derby per noi che non ti dimenticheremo mai.


mercoledì 13 aprile 2011

André Carrillo, un Perù per la Lazio

E vai! Quattro milioni di euro, e la Lazio porta a casa dal Perù il suo primo acquisto: André Carrillo, diciannove anni, seconda punta o esterno offensivo dell'Alianza Lima. Con quella cifra la Lazio si è assicurata il 70 per cento del costo totale del giocatore, il resto lo pagherà al momento del contratto. Si tratta di un altro milione e mezzo di euro. 
Carrillo è una grande promessa del calcio peruviano, ha giocato in pratica una sola stagione nella massima categoria del Perù; tra i suoi modelli di gioco c'è anche il suo connazionale romanista Pizarro, ma soprattutto il campionissimo Farfan, un asso peruviano che milita nello Schalke 04.
Carrillo non è, o almeno non è ancora, un grande goleador: ha segnato solo tre gol nel recente campionato. E' un fantasista, come si ricava anche dal suo soprannome: "El culebra", cioè "il serpente". Uno che divertirà il pubblico biancoceleste. A proposito, anche l'Alianza Lima, la sua squadra peruviana, ha i colori biancazzurri: un predestinato.
Carrillo, un metro e ottanta, è stata la grande rivelazione dell'ultimo campionato nazionale peruviano.Un buon colpo messo in banca dalla Lazio, che ormai adotta la tattica di bruciare i tempi nelle trattative.

Vita di collegio: 25. Due in italiano

Il vicerettore don Lorenzo Fabrizi, benemerito per tante capacità educative, maestro emerito di francese, nostro educatore di musica e canto, si presentò a noi, già al primo anno, come uno spietato insegnante.
A quei tempi, molte nozioni venivano apprese a forza di memoria, in maniera così pesante e punitiva che noi credemmo si trattasse di uno scherzo.
Un bel mattino don Lorenzo, probabilmente nervoso per suoi problemi, ci assegnò come compito per il giorno successivo un centinaio di versi a memoria del primo canto dell'Iliade. "Cantami, o Diva, del Pelide Achille/ l'ira funesta, che infiniti addusse/ lutti agli Achei..."
Avrà voluto scherzare? ci chiedemmo tutti. E tutta la classe, unanimemente, decise di soprassedere.
Quale non fu la nostra dolorosa meraviglia quando, il giorno dopo, ci interrogò uno dopo l'altro - eravamo la solita maledetta dozzina - e di fronte al generale silenzio ci affibbiò un bel due sul registro. 
La tenacia di don Lorenzo fu tale che quando, alcuni mesi dopo, vennero distribuite le pagelle trimestrali, ci ritrovammo tutti e dodici con un bel due in italiano orale, malgrado avessimo sostenuto altre interrogazioni. Io, ad esempio, avevo otto in italiano scritto e due in italiano orale.
Da quel momento nessuno osò più saltare una sola interrogazione a memoria: va detto, tuttavia, che don Lorenzo si accorse di aver esagerato, e invece di cento versi si limitò solo a una cinquantina.
Ricordo che l'estate successiva, quando andai in vacanza ad Acuto, mostrai la mia pagella al parroco don Filippo, un omone gigantesco dal carattere bonario, ma spesso puntiglioso, e rimase orripilato
quando, in mezzo a un mare di sette e otto, vide quel voto così disastroso. - Due? due? - si chiedeva quasi smarrito. - Come si fa a prendere otto allo scritto e due in orale? -
Gli dovetti spiegare, con santa pazienza, che si era trattato di un infortunio generale e sicuramente di una punizione meritata ed esemplare, e allora si calmò.
In realtà, a quei tempi, si era soliti imparare a memoria poesie e perfino brani di prosa aulica come i famosi "Addio monti" e "Scendeva dalla soglia" manzoniani, oltre a "quel ramo del lago di Como", ma la quantità era modica, al massimo una trentina di versi o di righe. Evidentemente don Lorenzo voleva farci capire che dovevamo fare di più: da qui il lato vessatorio della sua richiesta, la nostra ribellione e la durissima punizione.
Eppure, di don Lorenzo Fabrizi mi rimane un ottimo ricordo di perfetto educatore. Ho già fatto rilevare in altra occasione come il migliore elogio che potesse fare era di dirti: -Hai fatto un solo errore- senza nemmeno spiegarti quale: eri tu che dovevi sforzarti di capire, in modo che ti restasse bene in mente e non lo ripetessi più.
In realtà don Lorenzo non aveva compiuto studi in seminario, ma proveniva da un  ordine religioso francese ed aveva chiesto di essere aggregato al seminario vescovile proprio in qualità di educatore,
mantenendo una sua impronta particolarmente rigida, per quanto mitigata da eccellenti qualità umane.















martedì 12 aprile 2011

Chi di rigore gioisce, poi di rigore perisce...

Tu, al rigore, non ti ci devi abituare...E' un vizietto troppo facile, ti arriva sempre come il cacio sui maccheroni.
Bella gioia, il rigore. Ti fa vincere il derby quando meno te l'aspetti. Te lo fa rivincere un'altra volta.
Poi, troppa grazia, te lo fa vincere un'altra volta ancora.
Vai a Udine, ed ecco un bel rigore, quella ciambella che ha sempre il buco aperto.
 Poi, un bel giorno il rigore non arriva più. Già, può succedere anche a te. Non è mica detto che i tuoi attaccanti siano i più forti e i più terrorizzanti di tutto il mondo.E anche tu puoi trovare un arbitro distratto.
E poi, un brutto giorno, il rigore arriverà anche contro di te. Stai sicuro: su venti arbitri, ne troverai anche tu uno che non ti ama.
Sì, un brutto giorno il rigore per il quale finora hai gioito tanto, arriva anche contro di te. Arrivano i rigori anche contro i Liguori. E anche il Liguori si sentirà un deficiente esattamente come Reja.
Quel giorno la tua squadra pagherà caro, pagherà tutto. Quel giorno si accorgerà che non tutti gli arbitri ti vogliono bene.  Quel giorno ti pentirai anche di aver fatto il cucchiaio e di esserti divertito tanto a far soffrire e a prendere per i fondelli l'avversario. Specialmente se il rigore non era poi mica tanto rigore.
Sì, quel giorno arriverà, ne puoi stare sicuro.
Firmato: il Gufo Laziale.

lunedì 11 aprile 2011

Vita di collegio: 24. La marcia cattolica su Roma

Era il 1948, si stava preparando il 18 aprile, uno scontro frontale, sul piano elettorale, fra il blocco di sinistra, comunisti e socialisti, e la Democrazia Cristiana. Una lotta veramente a fondo: si parlava del grande tentativo comunista di aggregare anche l'Italia al blocco orientale, ai paesi della cortina di ferro.
Nel mondo cattolico, questa fu avvertita come una minaccia seria, e si reagì in tutti i modi. Fu una Guerra Santa. Anche in seminario circolavano liberamente manifestini e volantini, chiaramente da far pervenire in qualche modo anche ai nostri parenti durante le visite, oppure per via epistolare. Il Fronte Democratico Popolare era chiamato Fro.de.pop., frode del popolo. Un manifestino particolarmente significativo, e che tutti ricordano, era quello di Giuseppe Garibaldi dentro una grande stella a cinque punte, ma bastava girarlo dall'alto in basso per riconoscervi invece la fiera e tracotante immagine di un altro Giuseppe: Stalin.
Si rispondeva con una propaganda anticlericale ad altissimo livello: banche vaticane al centro di enormi scandali, e volantini non meno virulenti, dove il clero era ritratto in brutte faccende affaccendato.
L'Azione Cattolica di Luigi Gedda rispose organizzando una vera e propria marcia su Roma verso i primi del mese di aprile. Anche i giovani seminaristi come noi furono ingaggiati per una grandiosa sfilata in notturna di baschi verdi, che, sospinta dalla marcia paramilitare "Qual falange di Cristo Redentore", attraversò tutta Roma, partendo dalla Fontana delle Najadi in Piazza della Repubblica, e passando per Via Nazionale, Piazza Venezia e Corso Vittorio si presentò fino a Piazza San Pietro sotto le finestre di Pio XII, quello delle "mani lorde di sangue", ai Palazzi Vaticani.
A un certo punto, in Via Nazionale, all'altezza del Teatro Eliseo, mentre eravamo spinti da sacro furore, cantando a squarciagola "la gioventù cattolica in cammino,/ la sua forza è lo spirito divino.../
Santo Padre, che da Roma/ ci dai forza, luce e guida,/ in ciascun di noi confida,/ su noi tutti puoi contar.../, mi sento chiamare da una voce familiare. Era mio fratello maggiore Vito, io non avevo ancora quattordici anni e lui ne aveva quasi ventisei, io ero ovviamente cattolico e mio fratello era socialista, e faceva parte dell'altro blocco. Per me poteva rappresentare una specie di diavolo, ma ci volevamo bene e ci salutammo affettuosamente, abbracciandoci e baciandoci, e poi fui costretto a rincorrere i miei amici e compagni che si erano già allontanati di un bel po'.
Sapete tutti come andò a finire. I cattolici fecero blocco, aiutati tangibilmente dagli Stati Uniti che vedevano a tinte fosche una possibile espansione del Blocco Sovietico che con Tito era già padrone di Trieste. Fu un trionfo elettorale così netto da far capire che l'Italia non sarebbe mai andata da quella parte, neanche quando Aldo Moro aprì alla sinistra, trent'anni dopo.
Ma erano anni tremendi, anni ancora di fame e di lotta, e nessuno poteva immaginare come sarebbe andata a finire.



E' stata la giornata della Lazio

Delle 8 squadre di testa
6 hanno vinto: Milan Napoli Inter Lazio Roma Juventus
1 ha perso : Udinese
1 ha pareggiato: Palermo
Tutto è restato come prima in classifica: solo la Lazio ha scavalcato l'Udinese e riconquistato il quarto posto.
Probabilità scudetto: Milan 60, Napoli 30, Inter 10.
Probabilità Champions: Lazio 50, Roma 40, Udinese 10.
Probabilità Europa League:  Lazio 100, Udinese 100, Roma 100, Juventus 100.
Probabilità retrocessione: Bari 99, Brescia 70, Cesena 65, Sampdoria 60, Parma 60, Lecce 50, Catania 30, Chievo 30.





domenica 10 aprile 2011

Dai, Lazio, ci siamo! Gol di Hernanes e Floccari al Parma

Lazio di nuovo al quarto posto. Superata l'Udinese, Roma distante quattro punti: ci siamo, se non siamo pollastri la Champions League è la nostra.
Il Parma, che pure ha un discreto impianto di squadra, è stato nettamente superato, anche se, tra il gol di Hernanes al 22' del primo tempo, e quello di Floccari al 22' della ripresa, è passata esattamente un'ora di sofferenza, non perchè la Lazio abbia mostrato lacune nel gioco, ma perché la vittoria rimaneva ancora pericolosamente in bilico.
Tutto è bene quel che finisce bene: Hernanes ha dimostrato ancora una volta di essere prezioso per la Lazio, malgrado le sue pause e le sue stanchezze. Il brasiliano è il nostro capocannoniere con 8 gol, e alla vigilia del campionato nessuno gli attribuiva tante capacità. Anche Floccari, dopo tanto silenzio, è finalmente tornato a farsi vivo, e anche i suoi 7 gol non sono da disprezzare, anche perché  siamo convinti che potrà aggiungerne altri in questo finale di campionato.
Per il resto, la solita difesa davvero forte anche senza Biava e Radu, segno di equilibrio e di organicità garantita anche da Stendardo e da Garrido, fior di difensori. Due o tre grandi parate di Muslera hanno protetto a meraviglia la nostra rete fra i due bellissimi gol laziali.
Chi ci ha dato altra gioia con il suo rientro è stato Ledesma, la nostra anima del centrocampo, un'altra zona assai ben coperta dagli uomini di Reja. Grandi cose ha fatto, come sempre, Cristian Brocchi, ferito alla testa a inizio ripresa e restato impavidamente in campo fin quasi alla fine, fatto uscire soltanto per raccogliere la giustissima standing ovation dalla folla laziale.
Restiamo un po' in ombra in prima linea, ma alla fine anche lì i conti tornano sempre, grazie all'intelligenza tattica di Reja, un allenatore tanto umile quanto prezioso, con un quoziente punti da vera grande.
Domenica a Catania la Lazio potrebbe consolidare la sua posizione, visto che l'Udinese ha la trasferta di Napoli e la Roma riceve un Palermo che con Delio Rossi farebbe volentieri lo sgambetto ai nostri amati cugini giallorossi. Ma per ora facciamo festa, gran festa, per il quarto posto riguadagnato.

La Roma vince le battaglie, la Lazio vince la guerra!

Le cose si stanno mettendo per il verso giusto. Tre posti per la Champions sono andati - Milan Inter Napoli - e ne resta in ballo uno solo: candidate Lazio, Roma e Udinese. Juventus rien ne va plus!
Ebbene: la superba Udinese di Guidolin da due turni si è fermata, prima a Lecce poi in casa con la Roma.
La Roma sta accelerando la marcia, ma la Lazio tiene a bada i rivali: battendo il Parma oggi, in un match dal valore fondamentale, restano i quattro punti di vantaggio a sei giornate dalla fine, e non è davvero poco. Se uno ci crede, la ciambella non può sfuggire di mano. E' vero che il calendario è favorevole ai romanisti, ma all'Olimpico ci sarà, a tre giornate dalla fine, un Roma-Milan che per i rossoneri vorrà dire scudetto oppure no, e perciò faranno di tutto per incassare quei tre punti.
Insomma, la Lazio ha il bandolo della matassa tra le mani, e dovrà fare in modo di non lasciarselo sfuggire. La Roma ha vinto le due battaglie del derby, ma la Lazio può vincere la guerra della Champions League. Pensate che se dai derby fosse venuto anche soltanto un pareggio, e lo avremmmo strameritato, i punti di vantaggio sulla Roma  adesso sarebbero stati ben sette!
E pensare che la Roma, contro di noi - così come il Napoli...- ha vinto di rigore! Mai che un arbitro fosse stato una volta favorevole a noi, negli incontri decisivi! Qualcuno vuole veramente cercare di decidere in un certo senso, ma noi, con la nostra cocciutaggine e la nostra grandissima forza d'animo, glielo vogliamo impedire.
E' così che si vincono le guerre, e non soltanto le battaglie. Perciò oggi, contro il Parma, vogliamo sessantamila grandi tifosi laziali sugli spalti e una grande Lazio in campo.
Per fortuna abbiamo con noi la straordinaria aquila Olimpia, un vero grande meraviglioso portafortuna, con il suo volo augurale che risale nella storia ai tempi di Romolo e Remo. E siamo noi la prima squadra di Roma!

sabato 9 aprile 2011

Vita di collegio: 23. L'accademia

In occasione dell'arrivo del vescovo Giovanni Battista Piasentini, il seminario si mobilitò per un'accoglienza memorabile.
Già tutta la città e la diocesi avevano organizzato feste e manifestazioni di grande risalto. " Anagnia papalis et novus pastor" era il tema delle celebrazioni: Anagni, la città dei papi, salutava il suo nuovo vescovo con un auspicio segreto che era facile da cogliere. Questo giovane vescovo, rampante di carattere, avrebbe fatto una grande carriera: e chissà...In realtà, eletto vescovo di Chioggia nel 1952, rimase lì fino al 1976, quando si ritirò per raggiunti limiti di età.
Il vescovo Piasentini aveva comunque una bella figura, alta e dinamica, parola elegante e piena di energia. Queste feste gli piacquero, ma più ancora gli piacque l'accademia che organizzammo per lui in seminario noi giovani studenti.
Per "accademia" s'intendeva una serata culturale, imperniata su brevi recite teatrali, piccoli cori religiosi ed anche semplicemente festosi, arie di opere famose come "Va pensiero", scene di carattere biblico , e poi una cascata di nostri interventi celebrativi. Io, che facevo ancora la seconda media, d'accordo con don Lorenzo Fabrizi preparai una poesia in francese, lingua nella quale il verso sembra più sonoro e scorrevole. Ricordo che don Lorenzo, molto paziente, si era impuntato su un passaggio che diceva "après défaite la chair", che letteralmente significava "dopo disfatta la carne"cioè dopo la nostra fine terrena, ma grammaticalmente era errato, e non ci fu verso sapere da me che cosa volessi dire, tanto grande era la mia timidezza. Don Lorenzo aggiustò tutto, e poi mi disse: "Bravo! Hai fatto solo un errore...". era un modo per farmi capire che meglio di così non si poteva, dato che lui era un grande perfezionista.
 Anche monsignor Piasentini approvò il mio breve intervento, e poi seguì i miei studi con un certo interesse, e rimase molto male quando io lasciai il seminario, al punto da intervenire per cercare di
recuperarmi. Ma io ormai avevo preso la mia decisione irrevocabile.
L'accademia, cioè questo tipo di pomeriggi culturali, era un appuntamento annuale che si teneva di solito in una festività di carattere religioso verso la fine dell'anno scolastico, come la Pentecoste. Era un momento in cui tutti facevano del loro meglio, talora anche in francese, lingua internazionale della Chiesa.  Preparavamo con accuratezza canti e recite di scenette. Ci preparava il bravissimo don Lorenzo Fabrizi, piccolo e assai preparato, insegnante di francese nelle scuole statali, e suonatore fantastico di harmonium.
In queste recite si distingueva il mio amico Santino Pompili, di Acuto, dotato di una naturale "vis comica" che esibiva in tutti i suoi movimenti, anche nel modo di camminare davanti agli occhi di tutti, come quando eravamo intenti nello studio, e in quel silenzio lui si divertiva a strappare qualche risatina che era fondamentale per creare un po' di allegria.
Lo stesso Santino, in camerata, quando era possibile nei momenti di ricreazione, organizzava piccoli incontri di lotta libera. Dotato di un fisico robusto, cresciuto all'aria libera e alimentato con gli ottimi prodotti della campagna paterna, tra cui un vinello bianco eccezionale, sfidava tutti i compagni, anche in due o tre, e poi giudicava la loro forza: apprezzava in particolare la resistenza di Luigino Canali, magrissimo e non proprio un fenomeno di salute, ma dotato di un sistema nervoso a prova di bomba.
Quando io lasciai il seminario, Santino ci rimase male. Dopo qualche mese si ammalò di una malattia abbastanza grave, per cui dovette tornare a casa anche lui, dove rimase allettato per un lungo periodo, tenendo in grande ansia i suoi genitori.

venerdì 8 aprile 2011

Sono l'aquila Olimpia: domenica venite ad assistere al mio volo!

Amici laziali, sono l'aquila Olimpia. Ancora mi fanno male un po' le ali, per le troppe ingiurie sofferte in tempi recenti, nel derby e contro il Napoli. Ma sto guarendo, sono guarita, sono pronta a spiccare il gran volo che ci porterà fin lassù alla Champions League.
Il nostro presidente Lotito vuole tante donne e bambini allo stadio, domenica, a fare un gran tifo contro il Parma. Ed è giusto, perchè se prendiamo quei tre punti lì, tutto diventa più facile e realizzabile.
Romolo e Remo guardarono il volo degli uccelli, prima di fondare Roma: altrettanto dovete fare voi, seguire il mio volo, e capire che andremo lontano, perchè forte è la nostra volontà, più forte di ogni sfortuna.
Venite in sessantamila,  venite e urlate la vostra gioia e il vostro entusiasmo. Io sarò lì, davanti ai vostri occhi, a guidare il vostro entusiasmo. Forza Lazio! L'Europa ci aspetta!


MUSLERA

LICHTSTEINER  DIAS  STENDARDO GARRIDO

BROCCHI  LEDESMA

GONZALEZ  HERNANES

FLOCCARI ZARATE








































Al Circolo Canottieri Lazio, domani, presentato il libro di Celli "La generazione tradita"

Domani, sabato 9 aprile, alle ore 18.30, presso il Circolo Canottieri Lazio verrà presentato il libro "La generazione tradita" di Pier Luigi Celli. L'illustre autore conduce con uno spirito critico e impietoso un'indagine che scandaglia i sistemi educativi e gli intrighi della politica.

Hernanes-Floccari il dubbio di Reja

Sarà comunque una bella Lazio, contro il Parma, una Lazio d'attacco anche se ben protetta a centrocampo.
Rientra Ledesma, e questo è un bel respiro di sollievo. Farà coppia con Brocchi, brillante davvero in quel di Napoli, con tanto di gol spaccatraversa non visto solo da quel brigante di Banti, anima persa dietro chissà quale disegno ostile alla Lazio.
In difesa siamo a posto, non c'è Biava ma c'è Stendardo, che accanto a Dias si sente tranquillo. Garrido, ormai rinfrancato, mantiene il suo posto di terzino in coppia con Lichtsteiner.
Zarate sarà la punta, forse non unica: infatti Reja intende fiancheggiarlo per potenziarne l'azione, tornata finalmente dinamica. Il dubbio è questo: sarà un Hernanes un po' rimesso in  piedi dalla pausa concessagli, oppure sarà quel Floccari che è tornato a farsi sentire, e che sarebbe la seconda punta un po' arretrata?
Davanti al duo Ledesma-Brocchi un altro duo,  di protezione e di rilancio: il dinamicissimo Gonzalez, e il prezioso Sculli, la cui posizione in campo diventa spesso la chiave di volta del gioco laziale, di volta in volta offensivo e difensivo.
Di fronte c'è il Parma del nuovo tecnico Colomba. Una squadra che ha bei nomi, come Giovinco e Crespo, e non può essere presa sottogamba.
Ma per noi questi tre punti sono essenziali: bisogna strappare qualcosa all'Udinese, e i cugini giallorossi, una volta tanto, potrebbero darci una mano.Basterebbe anche un pareggio. Anzi, meglio il pareggio, senò, quelli alzano di nuovo la cresta e si rimettono sulla nostra strada.
Arbitrerà Mazzoleni. Speriamo non abbia nessun rancore verso di noi e che faccia semplicemente il suo dovere. Noi della Lazio non chiediamo favori a nessun arbitro, come fa qualcun altro: solo che facciano il loro dovere.

giovedì 7 aprile 2011

La Lazio punta su Gilardino

Tramite Beppe Bozzo, nuovo procuratore di Zarate, la Lazio sta tentando la soluzione del suo problema del cannoniere da 20 gol a campionato. Busserà alla porta della Fiorentina per Alberto Gilardino, anni 28, in scadenza di contratto coi viola nel 2013, offrendo una cifra molto interessante, sui 10 milioni di euro, alla quale i dirigenti viola forse non diranno di no. In parziale contropartita tecnica, verrebbe offerto ai viola Tommaso Rocchi, un giocatore che è sempre piaciuto alla Fiorentina, dove sarebbe un eccellente rincalzo, mentre alla Lazio risulta indubbiamente sacrificato dal tipo di gioco applicato da quasi due anni nella squadra biancoceleste, abituata a giocare a un'unica punta pur avendone a disposizione tre o quattro (Zarate, Floccari, Kozak e Rocchi).
Gilardino, che in questo campionato ha segnato già 11 gol, in passato è stato autore di grandi prodezze  balistiche, vincendo il titolo di capocannoniere della serie A per ben  due volte di seguito, sempre con 25 gol: 50 gol in soli due anni!
 Alberto Gilardino ha alle spalle dodici anni di carriera, con 435 partite disputate e 166 gol segnati, con in media 37 partite a stagione e 14 reti segnate, alle quali vanno aggiunte 46 partite in nazionale (di cui sarà capitano) e 17 reti segnate.
Se il sogno si realizzerà, finalmente la Lazio potrà disporre del famoso attaccante da 20 reti a campionato, assolutamente indispensabile sia per la Champions League che per l'Europa League.

Vita di collegio: 22. La cattedrale

Proprio accanto al seminario, ad angolo su una vasta piazza al centro della quale era il maestoso campanile romanico, c'è la cattedrale di Anagni, il cui pavimento è costituito interamente da un armonioso mosaico risalente al 1100. Una vera perla dell'arte, con archi maestosi e una cripta interamente affrescata, di epoca anche più antica. 
I nostri rapporti con la cattedrale erano frequenti. I nostri dirigenti facevano parte del gruppo di canonici, circa una dozzina, addetti al culto e alle cerimonie del grande tempio. Questi avevano tutti cominciato il loro percorso nel nostro seminario, e con esso avevano rapporti stretti a affettuosi.
Del resto, anche il Vescovo di Anagni aveva un punto fermo nel nostro seminario. Nei quattro anni in cui io ci sono vissuto, due furono i vescovi della diocesi anagnina, monsignor Adinolfi di Albano e monsignor Piasentini di Venezia. Due caratteri opposti: umile e mite il primo, energico e sicuro di sé il presule veneto.
Noi ragazzi riuscivamo a percepire chiaramente questa differenza. Il vecchio monsignor Attilio Adinolfi era stato sempre discreto e riservato, la sua presenza non era stata mai invasiva.
Il vescovo veneziano, giovane e dinamico, era già stato preceduto da una fama di uomo desideroso di conquistare un ruolo importante nella gerarchia. Aveva portato con sé, dal Veneto, anche dei giovani sacerdoti di sua fiducia, e uno di essi, di nome Albino Bilibìo, venne a fare il prefetto da noi, e il suo carattere puntiglioso lo pose presto in contrasto e in antagonismo con noi.
Grazie al caratteraccio di don Albino Bilibìo cominciò una serie di piccoli contrasti che tolse un po' della serenità ed armonia che regnava tra noi.
Comunque il vescovo Giovanni Battista Piasentini, che arrivò ad Anagni nel 1947, fu accolto nella nostra diocesi con solennità e grandissime feste. Lui amava le grandi adunate, alle quali invece il vescovo Adinolfi era stato quasi estraneo.
Un titolo di origine medioevale legava Acuto al vescovo di Anagni, che era presentato come "Acuti dominus", "Signore di Acuto", una vera e propria signoria feudale ancora esistente sulla carta. La Chiesa di Santa Maria Assunta di Acuto aveva per questo il ruolo di cattedrale.
Monsignor Piasentini volle subito sottolineare il significato di questo titolo, e fra i suoi primi atti vi fu l'organizzazione di una manifestazione oceanica. Il vescovo, con almeno duemila persone che affollavano il borgo in tutta la sua lunghezza di trecento metri, fino all'edificio scolastico sullo sfondo, chiese di poter disporre della grande balconata del Castello, di proprietà dei conti Giannuzzi Savelli, per una grande omelia, nel corso della quale se ne uscì quasi con un grido di richiamo: "Acutini! Ricordatevi dei vostri obblighi morali!" Quel grido mi sorprese profondamente. Intanto perchè in dialetto ci chiamavamo "autìsi", mentre la versione italiana era del tutto ignorata. Poi quel grido aveva come l'eco di un'idea di possesso in contrasto con le idee di libertà che in quegli anni tutti consideravamo evidentemente come nostre, dopo tanti anni di oppressione.
C'era una certa linea di separazione, tra noi e il nostro autoritario vescovo veneziano. Sembrava di avere tra noi un piccolo doge. E la presenza di quell'Albino Bilibìo era avvertita da noi quasi come la presenza di un estraneo che avesse il compito di controllarci all'interno del seminario.



mercoledì 6 aprile 2011

Col Parma, Stendardo per Biava, Hernanes per Mauri

Da Napoli, per colpa di b(rig)anti, la Lazio è uscita con le ossa rotte, ma non si ferma nemmeno un attimo a piangere e si ributta nella mischia.
C'è un'occasione troppo grossa da sfruttare. Da Udinese-Roma, se venisse fuori un pareggio facilmente pronosticabile, potrebbe venire subito fuori la grossa novità del raggiungimento del quarto posto agganciando i friulani. Questo, ovviamente, se la Lazio riuscirà a battere il Parma del nuovo tecnico Colomba, alla disperata ricerca di punti e dunque pericoloso.
Le ossa rotte della Lazio non si riferiscono a guai particolarmente gravi per la formazione: è vero, sono stati squalificati sia Biava che Mauri, ultimo sputo velenoso di un signore (?) in vena di malefici, ma la Lazio ha pronti due sostituti validi: Stendardo per Biava ed Hernanes per Mauri, un Hernanes che si è anche un po' riposato, e , non sovraccaricato di responsabilità, pronto a far valere il suo estro come suggeritore di Zarate.
Quest'ultimo, anche a Napoli, ha confermato che il ruolo di unica punta e principale sfondatore gli si addice a meraviglia, dimostrandosi capace di prodezze tali da mettere in soggezione anche una difesa valida come quella dei partenopei. Si attende replica contro i difensori del Parma.
Lotito, per domenica, ha fissato prezzi popolari e quasi gratuiti per donne e ragazzi under 16. Vuole il gran pienone, il pubblico entusiasta che ci vuole per puntare alla Champions League, che alla Lazio frutterebbe la cifra non indifferente di 25 milioni.
Intanto, cominciano le prime trattative di acquisto, specialmente di un forte centrocampista giovane e dotato di classe, ma anche della solita punta da 20 gol a campionato. Speriamo che quest'anno Lotito e Tare abbiano un po' di fortuna, in modo da poter dimenticare i b(rig)anti.

martedì 5 aprile 2011

Per la Champions la Lazio c'è !

Come prima, più di prima: per la Champions, la Lazio c'è.
Dicevamo: la Lazio deve regolare il suo passo non sul Napoli, che ormai è andato, ma sull'Udinese, che ancora non arriva e forse non arriverà.
L'Udinese non arriverà perchè deve ancora incontrare ben cinque avversarie dirette su sei: Roma, Napoli, Fiorentina, Lazio e Milan, scusate se è poco!
E poi si sa: l'Udinese vive sulla sua campagna vendite a giugno. Se va in Champions, non vende nè Sanchez, nè Inler, nè Isla, per non parlare di Di Natale, rinunciando a 70/80 milioni e rischiando di non passare nemmeno i preliminari che ti rovinano tutta la stagione successiva.
Per cui la Lazio deve guardare oltre l'Udinese per trovare il suo vero pericolo: cioè la Roma. Ma anche la Roma deve incontrare tre brutte squadre: Udinese, Palermo (Delio Rossi...) e Milan, e ricordiamo che neanche i giallorossi stanno poi messi tanto bene. I nostri quattro punti di vantaggio potrebbero dunque bastare: dipende solo da noi.
Intanto provvediamo a metterne altri tre nella scarsella, domenica contro il Parma all'Olimpico, col beneaugurante volo di Olimpia, nostro vero e grande portafortuna contro i gufi alla Banti. La Roma a Udine difficilmente potrà fare altrettanto, in questa gara-spareggio dalla quale la Lazio ha tutto da guadagnare.

Vita di collegio: 21. Le lezioni di musica

Tra le ore di lezione scolastica, uno spazio importante aveva anche l'ora di musica. Ovviamente, l'avvio al sacerdozio comprende anche l'educazione al canto religioso: la messa in latino, il canto gregoriano, gli inni religiosi, le canzoni sacre in italiano che concludono le funzioni serali. La musica ha veramente una grande importanza nella formazione di un sacerdote. 
Così, una volta la settimana, veniva nelle nostre classi un maestro laico, da noi molto amato: Paolo D'Avolio. Era lo stesso che dirigeva il grande coro della Cattedrale, una "schola cantorum" di notevoli dimensioni, una quarantina di elementi di elevatissima qualità.
Per noi ragazzini, perciò, era un vero onore il fatto di avere lezioni da un maestro così bravo. Aveva i capelli interamente bianchi, anche se la sua età non era poi tanto avanzata: sì e no raggiungeva i cinquant'anni. La nostra ambizione era quella di poter far parte, chissà, della sua magnifica corale: qualche volta succedeva.
Il maestro D'Avolio aveva una grandissima pazienza. C'insegnava il solfeggio, intonava la voce di ogni singolo, la correggeva, ci seguiva anche sul piano collettivo, e dopo una decina di lezioni ogni classe era capace di dar vita a un piccolo coro di una dozzina di persone, con risultati apprezzabili.
Il maestro voleva conoscere le capacità e le possibilità di ogni singolo. L'esercizio personale consisteva in un paio di minuti di solfeggio sul pentagramma o sul canto gregoriano, e nell'esecuzione di una canzone quasi sempre in lingua latina. Ogni ragazzo cantava, e gli altri ascoltavano con attenzione, pronti a rilevare gli eventuali errori. Ricordo che una volta il maestro D'Avolio mi chiamò, si pose vicino al mio banco col suo libro di musica, e mi fece eseguire, dopo il solfeggio, il bellissimo canto latino "O esca viatorum, o panis angelorum". Il maestro apprezzò molto non tanto il mio filo di voce, quanto l'intonazione molto delicata e armoniosa, e mi disse: - Ma tu hai già studiato canto! -  Io risposi che non lo avevo mai fatto. E ricordo anche che durante l'esecuzione i miei compagni si erano commossi, e uno di essi, Lanzi di Porciano, aveva le lacrime agli occhi, anche se era un bestione grande così.
Il maestro D'Avolio era l'erede di Luigi Colacicchi, un grande maestro di musica anagnino la cui corale era famosa in tutta Italia, ed era un ricercatore di musica folk; fu lui che scoprì la bellissima canzone ciociara "Aridamme lu fazzolettino" resa famosa da Yves Montand, l'oriundo lucchese Ivo Livi.
All'interno del collegio curava invece la nostra voce il vicedirettore don Lorenzo Fabrizi, di Sgurgola, bravissimo all'harmonium: ci selezionava con cura, formava piccoli cori, ci esercitava in brevi composizioni liriche. Una di queste: "Margheritine, anemoni, nontiscordardimé" richiese tutta la sua pazienza, era a due voci di giovanissimi, di cui la seconda, di "contralto", richiedeva un po' di fiato in più, e lui non riusciva ad averlo da me e dall'amico Riccardo Filippi, e s'inquietava moltissimo.
  Le canzoni religiose avevano una parte importante nelle nostre funzioni religiose, specialmente quelle della sera, del "vespro", verso le ore diciotto, tutte dedicate alla Vergine. Ce n'erano di così delicate e commoventi da riempire la nostra anima di sentimenti alti. "Quando ripenso a te, Madonna bella / intorno intorno il mondo si scolora. / Tace un istante il vento e la procella, / scordo un istante questa morta gora. / E mi ti affacci qual tremula stella..."
E un'altra: " Stella del mare, che il tuo mite raggio / volgi sopra l'orror della bufera..."
Questi erano forse i momenti in cui la nostra anima più si elevava, e il bellissimo quadro dell'Immacolata che avevamo in cappella ispirava in noi alti e nobili sentimenti d'amore, esaltando la Vergine come
la donna più pura e grande della storia umana.



lunedì 4 aprile 2011

Vita di collegio: 20. Il giornalino

Che strana combinazione! Proprio nell'anno in cui, nel corso di una gita a piedi, io sentii da lontano le campane di Acuto, e mi misi a gridare il mio entusiasmo suscitando anche dei commenti sgradevoli da parte di alcuni miei compagni, nel mio paese, ad iniziativa di mio fratello Vito, fu pubblicato per alcuni mesi un giornaletto intitolato appunto "Le campane di Acuto".
Quel giornaletto voleva celebrare il 1500° anniversario della discesa dei Visigoti di Alarico in Italia, quando Anagni venne saccheggiata e gli anagnini si rifugiarono sulla montagna di Acuto fondandovi questo paese.
Era un motivo per risvegliare le idee di un paese travolto anche stavolta da una orrenda guerra, e che aveva bisogno di slancio e di ritrovare unione e forza d'animo.
Io mi feci portare, orgogliosamente, questo giornaletto in seminario, e lo mostravo con orgoglio, quasi per rifarmi delle sghignazzate di disprezzo con cui era stato accolto il mio grido: "Le campane di Acuto!", specialmente da parte di un certo Cefaloni di Gorga, col quale evidentemente non correva buon sangue.
In quel giornaletto, mio fratello Vito la faceva da protagonista, firmando almeno un paio di articoli, di cui uno in dialetto, nel quale figurava, se ben ricordo, più di qualche parolaccia tipo "fregnacce". Fatto sta che quel giornaletto scomparve misteriosamente dalla mia scrivania nello studio, e io, sospettando che mi fosse stato sequestrato da qualcuno dei superiori, non osai fiatare per reclamarlo.
Sospettavo specialmente il giovane prefetto don Giuseppe Gessi, che aveva la stessa età di Vito e doveva essere stato suo compagno di seminario: anzi, me lo aveva confidato. Classe 1922: ora don Giuseppe dovrebbe avere la bella età di quasi novant'anni, e se è ancora vivo gli rivolgo i miei più sentiti auguri e il mio affettuoso pensiero.
Quel giornaletto è rimasto sempre presente nel mio ricordo, e credo che in parte debba ad esso il mio nascente desiderio di fare il giornalista, in particolare il giornalista sportivo.
Infatti, in quel periodo scrivevo a mano un giornaletto, su una carta pergamena istoriata con disegni verdi di automobili e architetture futuriste, trovata nella camera del fascio di Acuto in occasione della caduta di Mussolini il 25 luglio 1943, quando ci fu da parte di noi bambini una specie di assalto a quella struttura e ognuno portò via qualcosa per ricordo.
In questo giornaletto, intitolato "Sport seminaristico", facevo la cronaca un po' ridanciana delle nostre partite di ping pong o dei nostri interminabili incontri amichevoli di calcio o dei nostri tornei per classi svolti nel grande piazzale  all'ombra del campanile romanico di Anagni, vecchio di almeno ottocento anni.

Colpaccio del Napoli e dell'arbitro Banti ai danni della Lazio

Delle otto squadre prime in classifica
5 hanno perso (Inter, Udinese, Lazio, Roma, Palermo). Da notare che in quattro hanno perso a zero gol, subendo due, tre e quattro gol; solo la Lazio ha segnato tre gol, ma ha subìto quattro grosse ingiustizie: gol di Brocchi non visto, "caduta" di Cavani e rigore contro la Lazio, conseguente espulsione di Biava, espulsione di Reja, mentre Mazzarri ha continuato impunemente a strillare e imperversare ai limiti del campo e qualche volta anche dentro: a quale "impulso malefico" ha obbedito il livornese Banti? forse era comunista e la Lazio era fascista?
 3 hanno vinto (Milan, Napoli d'imperio, Juventus).
 Conseguenze: Milan e Napoli hanno staccato tutti di ulteriori 3 punti, col Napoli che ha scavalcato l'Inter al secondo posto.
Probabilità scudetto: Milan 60, Napoli 35 artatamente, Inter 5.
Probabilità Champions League: Inter 80, Udinese 50, Lazio 40, Roma 20, Juventus 10.
Probabilità Europa League: Lazio 100, Roma 70, Juventus 50.
Probabilità retrocessione: Bari 99, Brescia 70, Cesena 60, Lecce 50, Sampdoria 40, Parma 40.





















domenica 3 aprile 2011

Lazio truffata a Napoli: gol annullato a Brocchi , rigore fasullo di Cavani

Guardatela bene, guardatela tutta, questa ingiustizia commessa dall'arbitro Banti al San Paolo contro la Lazio.
La Lazio domina, passa con un gran gol di Mauri, a inizio ripresa raddoppia con Dias. Poi cinque minuti di smarrimento, e arriva il 2-2 napoletano, prima con Dossena, poi con Cavani.
Ma qui sopraggiunge la svolta ingiusta della partita: Brocchi colpisce la traversa con un gran tiro, e la palla entra di mezzo metro. L'arbitro non vede. Quasi per compenso, arriva l'autorete di Aronica che riporta la Lazio in vantaggio.
Però Banti sta covando il gran colpo: per un fallo-non fallo di Biava su Cavani, decreta il calcio di rigore ed espelle Biava: pareggio del Napoli e la Lazio ridotta in dieci nei dieci munuti finali. Fatalmente, arriva l'altro gol di Cavani, ed il più ingiusto dei 4-3 colpisce la Lazio come una mazzata.
Nel finale arriva anche l'espulsione del buon Reja, mentre Mazzarri, strillando e impazzando ai margini del campo, è autorizzato a fare tutto.
E' la sconfitta della squadra che ha dominato il campo per tre quarti dell'incontro,  vittoria del presidente e dell'allenatore che impongono sempre i loro strilli, e sconfitta di quella Lazio, di quell'allenatore e di quel presidente che non protestano mai. La Lazio viene schiacciata spesso e volentieri, con rigori inesistenti e con annullamenti di gol validi.  
Chi ci può salvare da questa serie d'ingiustizie? Nessuno: dobbiamo continuare a scontare.
La Lazio ha giocato una buonissima partita, dominando il campo quando si è giocato in condizioni normali. Bresciano ha sostituito egregiamente un Hernanes che aveva bisogno di riposo. Sculli e Gonzalez sono stati due spine nel fianco della difesa del Napoli, e Zarate ha creato una serie di azioni che hanno fatto perdere la testa agli uomini di Mazzarri. Mauri ha creato anche lui grandi occasioni da gol.
Domenica contro il Parma rientrano Ledesma e Radu. Vuol dire che ci rifaremo.
Intanto, vergogna a Biscardi. 

La Lazio a mezzogiorno è davvero implacabile: tre vittorie su tre

Pare che le tanto odiate partite di mezzogiorno alla Lazio facciano proprio bene: quest'anno ne ha già sostenute tre, e tutte e tre le ha vinte!
Si tratta anche di vittime abbastanza illustri: Napoli, Palermo (quando andava forte) e Udinese!
Tutti e tre gli incontri sono stati giocati all'Olimpico, e i risultati sono stati: Lazio-Napoli 2-0, Lazio-Palermo 2-0, Lazio-Udinese 3-2, in totale 7 gol segnati e due soli subìti da un'Udinese che quel giorno conobbe la sua ultima sconfitta e ora è imbattuta da 13 turni.
Sarà stato anche il concorso del volo dell'aquila Olimpia, non lo neghiamo, ma queste tre belle affermazioni laziali a mezzogiorno sono probabilmente anche frutto di bioritmi: i giocatori laziali, piuttosto leggerini fisicamente, a quell'ora vanno a mille, e il Napoli deve stare molto attento.
 Chi sono i sette marcatori dei gol laziali a mezzogiorno? Zarate e Floccari col Napoli, Hernanes, Biava e Kozak con l'Udinese, doppietta di Sculli con il Palermo. Se togliete Kozak, è tutta gente che ci va leggera. Abbondano i pesi piuma come Zarate ed Hernanes. Sono partite adatte per gente così, quelle di mezzogiorno.
Ma non è solo questa l'arma segreta della Lazio, bensì uno schieramento inedito che vede Brocchi a baluardo della difesa, e un centrocampo assai compatto formato da Gonzalez, Mauri, Hernanes e Sculli, con Zarate unica punta, ma estremamente pericolosa perchè sostenuta alle spalle da ben quattro compagni quando sarà il momento buono.
 Attento, Mazzarri, che a questo punto non puoi più permetterti distrazioni. Due soli punti che perdi e per il Milan è fatta. Chi l'avrebbe mai pensato quel Pato-Pato-Cassano a un'Inter in gran rimonta!
Comunque la Lazio non s'illuda: il Napoli resta una gran bestia da abbattere, con i suoi Cavani, Lavezzi ed Hamsik, tanto per citare gli uomini più pericolosi in attacco. Potrebbe venirne fuori una partita spettacolare e ad alto livello, come si addice alle due più forti squadre del rinascente centrosud.































sabato 2 aprile 2011

Vita di collegio: 19: Le campane di Acuto

Due o tre volte all'anno, ogni camerata organizzava una lunga gita a piedi che durava tutta una giornata: partenza al mattino alle 8, pranzo al sacco nella località prescelta come meta, ritorno prima delle sette della sera. Si andava a visitare una paese vicino, nel raggio dei venti chilometri, oppure una località particolare, come una fonte termale o un' abazia. Le gite erano previste nei mesi primaverili e del primo autunno, quando le temperature erano miti e le giornate abbastanza lunghe.
Una volta, perciò, fu deciso di scegliere come meta della gita proprio Acuto, cioè il mio paese. Grande fu la mia gioia. I sedici chilometri che separano Anagni da Acuto costeggiano la grande montagna di Porciano rivestita interamente di boschi di castagni e di lecci, con la vallata sottostante che è davvero pittoresca, specialmente nei punti in cui è più selvaggia e solitaria, stretta e impenetrabile assai più di un canyon: somiglia a un fiordo norvegese senza il fondo marino, sostituito dai residui di un antico ruscello inaridito, salvo il periodo delle grandi piogge.
In linea d'aria i sedici chilometri si riducono a quattro o cinque, però impercorribili direttamente data la ripidità della montagna. Invece la strada costruita appositamente nell'Ottocento è abbastanza ampia e  pittoresca, assai piacevole da percorrere a piedi.
Arrivati lassù, un lieto scampanio ci
Quando fu mezzogiorno, arrivammo finalmente sulla vetta del Colle Borano, dove in quei tempi era situata una piccola stazioncina sulla ferrovia Roma-Fiuggi che doveva servire come scalo verso Anagni. Il nome deriva quasi sicuramente dalla pietra ricca di boro, dal quale si ricava l'acido borico o il talco borato.
accolse. Io mi misi a gridare con una gioia infantile: -Le campane di Acuto! Le campane di Acuto! -
Sì, erano proprio loro, le inconfondibili amiche della mia infanzia: quelle festose e profonde di Santa Maria, quelle più leggere e allegre di San Pietro. Il panorama di Acuto dominava la scena sulla cima
del suo grande colle, disteso, come dice la canzone dei Ricchi e Poveri, come un vecchio addormentato, il vecchio, millenario paese di Acuto.
Per me era davvero una gioia immensa e fanciullesca, e perciò rimasi amareggiato nel sentire che un mio compagno, Piero Cefaloni di Gorga, mi canzonava apertamente ripetendo le mie parole. Ne rimasi umiliato e confuso, ma fu soltanto un momento: poi la mia gioia prevalse.
Sui verdi prati di Colle Borano, oggi proprietà del caro collega Patrizio Pilozzi,  consumammo un bel pranzo al sacco, allietato anche da un bicchiere di vino fresco e leggero. Poi visitammo il paese, che piacque molto a tutti i miei compagni di Morolo, di Anagni, di Gorga, di Sgurgola e di tutti gli altri paesi della diocesi.
Quella fu davvero una bella giornata, per me. La stanchezza di oltre trenta chilometri a piedi non fu avvertita da nessuno: soltanto il calzolaio vicino al seminario dovette fare gli straordinari, quella settimana, sulle nostre scarpe. Ne avevamo due paia ciascuno, proprio lo stretto necessario per cambiarle e ripararle, lasciando le migliori per i giorni festivi.
A lustrare le nostre scarpe dovevamo pensare assiduamente tutti i giorni: rovesciavamo la nostra seggiola in dotazione in camerata, e ognuno di noi doveva lavorare abbastanza in profondità con spazzola e lucido per ridare brillantezza alle nostre calzature. I prefetti controllavano con una certa attenzione che il nostro lavoro venisse effettuato con la necessaria cura: altrimenti ci scappava un rimprovero e talora anche una piccola punizione, come restare senza frutta a cena.

venerdì 1 aprile 2011

Brocchi-Mauri, soluzione italiana per il centrocampo

L'importanza di Stefano Mauri nella scacchiera del gioco laziale ha avuto ancora una volta il suo peso fondamentale per convincere Reja: senza il duo Ledesma-Matuzalem, ha preferito lasciare Hernanes nel ruolo di trequartista, e puntare sulla grande personalità e sul gran mestiere di Mauri per risolvere il gravoso problema del centrale di centrocampo.
In effetti Mauri è l'uomo che dà maggiore affidamento per impostare un buon gioco di controllo davanti alla difesa: affiancato da Brocchi, potrà lavorare con il necessario discernimento e assumere il doppio ruolo di capitano-regista difensivo a protezione di quella gran barriera difensiva che oggi la Lazio può contare ( se togliamo i sei rigori subiti dalla Lazio contro i due subiti dal Milan, dal 22-25 in fatto di reti al passivo si passa al 19-20 a favore della Lazio, difesa meno perforata dell'intera serie A).
Garrido sta riguadagnando una forma accettabile e già si è fatto valere come sostituto di Radu. Nessuna avventura, dunque,  anche perchè rientra il prezioso Lichtsteiner. Se il trio Cavani-Lavezzi-Hamsik vorrà passare, dovrà dannarsi l'anima, di fronte a questa gran difesa, ben protetta da Mauri-Brocchi. E non chiamiamo difensivista la tattica della Lazio, che ha vinto le sue belle sedici partite su trenta, due soltanto meno del Napoli offensivista: una squadra che si chiude a riccio punterà a fare il massimo di pareggi, mentre la Lazio ne ha pochissimi. Vuol dire che Reja riesce a giocarsi le sue carte per la vittoria quasi con la stessa intensità di un Napoli molto più offensivista e impostato sulle tre punte.
Di punte noi abbiamo solo Zarate, ma il trio Gonzalez-Sculli-Hernanes alle sue spalle è ricco di suggerimenti e anche d'inserimenti, se è vero che Hernanes è il cannoniere della Lazio con 7 reti, e Sculli pure si fa valere in fatto di gol.
Un Napoli-Lazio tutto da vedere, insomma. E non credete a una Lazio che ha rinunciato al posto in Champions League. Ci spera ancora, e come!