giovedì 31 marzo 2011

Vita di collegio: 18. Il grande Torino

Quanti ammiratori aveva, nel nostro seminario, il grande Torino, vincitore di quattro scudetti consecutivi tra il 1945 e il 1948! Il calcio veniva seguito con grande interesse, era uno dei legami più forti che avevamo con l'esterno: Bacigalupo; Ballarin, Maroso; Grezar, Rigamonti, Castigliano; Menti, Loik, Gabetto, Mazzola, Ossola. Chi non conosceva a memoria quella magnifica formazione?
C'era qualche tifoso anche della Roma, qualcuno anche della Juventus, del Milan e dell'Inter; e poi c'ero io, che non accettavo asssolutamente il facile trionfo della grande classe, e mi accanivo a tifare Lazio, che allora veleggiava nelle ultime posizioni della graduatoria. Io dicevo: sono nato nel Lazio, dunque sono per natura laziale, e non accettavo i troppo facili trionfi dei meravigliosi granata. - Accetto tutto - dicevo - ma non le troppo facili vittorie del primo della classe -
E giù discussioni, specialmente nelle nostre passeggiate pomeridiane. Finché un brutto giorno il nostro caro prefetto don Giuseppe Gessi di Sgurgola, piccolo piccolo, umile umile, ma con un cuore grande così e da noi tutti tanto amato, si accosta a noi, e rivolto a me in particolare fa: -Sei contento, adesso? Il grande Torino non esiste più - E con voce commossa ci raccontò i particolari di quella grande sventura: era il 4 maggio 1948, e di ritorno da una amichevole a Lisbona con il Benfica, l'aereo del Torino, con giocatori, dirigenti e giornalisti a bordo, 31 persone in tutto, si schiantò nella fitta nebbia sulla collina di Superga, alle 5 della sera, quando era ormai a un passo da casa.
Chi non volle piangere non pianse, a quella notizia così tragica. Io piansi, ribelle alla supremazia granata, ma anche alla sua fine, così inaccettabile. Da allora, nel mio cuore, c'è stato spazio anche per quel colore che mi ricorda la sventura.
Noi seminaristi amavamo profondamente lo sport. Si può dire che fosse la nostra passione più cocente. Qualche seminarista coltivava nel suo intimo anche una passione amorosa, finché non esplodeva in modo clamoroso e portava fatalmente alla fine di una vocazione, forse, ma sicuramente alla cacciata dal seminario. Ma, tra le passioni consentite, quella del calcio era veramente la più forte e veniva accettata anche dai nostri superiori. Non dai più anziani come il rettore Salina, ma sicuramente dai più giovani come don Giuseppe Gessi, che nello sport trovava un validissimo aiuto per la nostra educazione e formazione.
Di questo umile e giovane prete mi ero dimenticato perfino il nome, ma nel vergare queste memorie esso è riaffiorato in modo prepotente, portandosi dietro una stima infinita da parte mia, per la delicatezza con cui seguì la mia crisi e la mia decisione di lasciare il seminario.
La passione per lo sport, comunque, era diventata tale che approfittavamo di ogni minima occasione e circostanza per recarci in piazza, nel centro di Anagni, ad acquistare il Corriere dello sport, dove campeggiavano le firme di Bruno Roghi e di Giuseppe Melillo; e ancora di più il Calcio Illustrato e lo Sport Illustrato, per trovarvi le foto delle nostre squadre e le classifiche dei migliori giocatori per ruolo.
Così, oltre a quella del grande Torino, imparai a memoria anche la formazione della mia piccola Lazio, che però da quell'anno cominciò a diventare grandicella e conquistò un bel quarto posto : Sentimenti IV; Antonazzi, Furiassi; Alzani, Remondini, Sentimenti III; Puccinelli, Magrini, Hofling, Cecconi, Nyers II.
Ora non  ricordo più quanto venissero a costarci il quotidiano e il settimanale sportivo, probabilmente mezza lira o una lira, comunque gran parte dei nostri piccoli risparmi personali, che venivano utilizzati tutti nelle spese di cartoline, francobolli, quaderni, penne, matite e album da disegno.
Non ci passava neanche in mente di fare altro tipo di spese, se non talvolta un grappolo d'uva o una pesca.



mercoledì 30 marzo 2011

Ricordo di Bob Lovati

Si è spento oggi, a quasi 84 anni, Bob Lovati, indimenticabile portiere della Lazio 1955-61, che nel 1958 conquistò con la Lazio di Fulvio Bernardini il primo importante trofeo della società biancoceleste, la Coppa Italia, in finale contro la Fiorentina.
Bob non si è più allontanato dalla Lazio, almeno nel cuore, rimanendo accanto a quegli amati colori per lunghissimi anni come istruttore dei portieri e come allenatore, al quale la Lazio si è rivolta in parecchi momenti difficili. Lovati fu nostro amico personale, col quale fummo a lungo in contatto negli allenamenti a Tor di Quinto.
La Lazio dovrebbe dedicare qualcosa d'importante a questo giocatore sempre signorile, serio e riflessivo, vero gentiluomo, come ricorda chiunque l'abbia conosciuto. Un uomo che non si arrabbiò mai, neanche quando ne avrebbe avuto motivo.

A Napoli, la tradizione dice Lazio

Di certe tradizioni, bisogna tener conto. Ora pare che la Lazio, sul campo del Napoli, abbia sempre fatto delle gran belle figure: 0-0 l'anno scorso, 2-0 due anni fa, 2-2 tre anni fa, e così via dicendo: bisogna risalire al secolo scorso, cioè al 1996, per ritrovare una vittoria del Napoli di fronte al suo pubblico.
Queste tradizioni sono dure da sfatare, e dunque la squadra di Reja parte con questo non piccolo vantaggio. Sulla carta, la solita doppietta finale di Cavani dovrebbe consentire al Napoli di guadagnare tre punti preziosissimi nella lotta per lo scudetto, ma il minimo inciampo sarebbe fatale per gli uomini di  Mazzarri, in concomitanza con il derby  milanese. La  Lazio va  dunque a   Napoli per fare la sua partita.  Malgrado la defezione del duo dei centrali di centrocampo Ledesma e Matuzalem, la Lazio appare sempre in grado di schierare una buona formazione, con il rientro di Lichtsteiner in difesa e con Hernanes schierato come regista difensivo al centro del dinamicissimo duo Brocchi-Gonzalez che gli garantirebbero il miglior appoggio possibile. Poi c'è anche un'insidiosa Lazio offensiva, con Zarate in gran forma sostenuto sia da Mauri che da Sculli che lavorerebbero a tempo pieno per lui.
Grazie anche alla tradizione, Lazio dunque sempre temibile a Napoli, anche perché le ultimissime prestazioni dei partenopei non sono apparse folgoranti, e oltretutto il lungo riposo potrebbe avere anche annebbiato le idee a chi sta davanti  e ricaricato le batterie
a chi insegue.
Prepariamoci perciò a gustare un succoso antipasto alla giornata calcistica di domenica.
Con un pareggio a Napoli, la Lazio non risolverebbe moltissimo. Ad ogni modo la Lazio fa la sua corsa non sul Napoli, bensì sull'Udinese, che finora è stata fortissima, ma avrà un finale di campionato molto duro, con quasi tutte le grandi da incontrare
(Milan, Roma, Napoli, Fiorentina, Lazio ecc.): e i conti vanno fatti punticino su punticino.

martedì 29 marzo 2011

Vita di collegio: 17. Asia gialla

Il più bel libro di testo che avevamo era dedicato alla Bibbia. Era veramente un bel testo, illustrato magnificamente da un disegnatore famoso: Mario Barberis. Ogni capitolo era accompagnato da un quadro che illuminava l'intera scena. Anche il testo era scritto in modo chiaro e moderno. Tutti i personaggi avevano una precipua identità: Adamo, Eva, Caino, Abele, Noè, Abramo, Isacco, Giacobbe, Giuseppe, Beniamino, Mosè in Egitto, il passaggio del Mar Rosso, la Terra Promessa, tutto appariva affascinante agli occhi di un  bambino di undici anni.
Poi l'innesto del Nuovo sull'Antico Testamento: era presentato in modo così naturale da sembrare la necessaria prosecuzione. La vita di Gesù, la sua predicazione, la Passione e Morte, la Resurrezione, la Pentecoste, la predicazione degli Apostoli, la spettacolare conversione di Saul, cioè di San Paolo. Non vi era traccia di odio verso gli ebrei, come sembra fosse una tradizione della Chiesa medioevale. Grazie a quella versione della Bibbia così luminosa e serena, io ho sempre amato gli ebrei e visto Cristo e i cristiani come la prosecuzione naturale della loro storia.
Per questo ho sempre reputato Hitler e il suo odio verso gli ebrei come una vicenda innaturale e disumana, e non ho mai pensato che la Chiesa potesse lontanamente avere un atteggiamento dissimile dalla prosecuzione naturale di un' unica vicenda morale e storica. Mi sono reso conto che papi come Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II hanno dovuto lottare molto per ristabilire questo principio.
Le nostre letture erano strettamente controllate. Anzi, non era permessa alcuna lettura che non fosse quella di testi autorizzati.
Ricordo che, da una vacanza estiva, avevo portato da casa un libro di Mario Appelius, uno scrittore del periodo fascista, famoso per aver inventato la frase: "Dio stramaledica gli inglesi!"
Il libro si chiamava "Asia gialla", e parlava dei suoi viaggi turistici e diplomatici in Asia, forse con qualche libertà espressiva di troppo. Ebbene, questo libro sparì dal cassetto della mia scrivania e non vi fece più ritorno. Io, consapevole di aver contravvenuto a un ordine preciso, non ebbi il coraggio di chiedere che fine avesse fatto. Mi fu consentita invece la lettura dei "Fioretti di San Francesco", che avevano la stessa provenienza di "Asia gialla", cioè la casa del fascio di Acuto smantellata da noi bambini in occasione della caduta di Mussolini il 25 luglio del 1943. Ma questo i miei buoni superiori di Anagni non lo sapevano: altrimenti non so come avrebbero reagito.
Sempre di quella provenienza era anche un bel diario istoriato con immagini colorate in stile mussoliniano, cioè futurista, ma senza neanche una parola di testo. Io utilizzai quelle belle pagine per scrivervi la cronache di un nostro giornalino interno che parlava esclusivamente di sport: i tornei di ping pong, gli incontri di calcio fra le nostre camerate, vero e proprio campionato interno. Istintivamente, mi stavo già proiettando verso quel giornalismo sportivo che fu poi la mia grande passione negli anni della prima gioventù, gli anni fra il Cinquanta e il Sessanta. 







lunedì 28 marzo 2011

Che bella Lazio, tutta straniera!

Muslera
Lichtsteiner Diakité Dias Radu
Ledesma Matuzalem
Gonzalez Hernanes
Kozak Zarate
Che ne direste se la Lazio venisse schierata così? Una Lazio tutta straniera, con giocatori quasi tutti giovani (tranne un po' Matuzalem e Dias), sul modulo di un 4-4-2 appena un po' più coraggioso di quello che normalmente schiera Reja e volendo in pratica uguale, basterebbe schierare Zarate un po' in copertura in certe partite più impegnative.
Sono quasi tutti nazionali nei loro paesi: chi non lo é?  Solo Diakité, oltre Dias e Matuzalem, appunto: ma se ne trovi due più giovani puoi anche individuarli nelle rappresentative di queste nazioni. Che so: Lamela e Lugano, Argentina e Uruguay.E in difesa Radu centrale e Ziegler a sinistra.
Ma per ora non cambiamo le carte in tavola. Potremmo anche accontentarci di una Lazio così.
In difesa basta dare fiducia a un Diakité molto forte fisicamente : con Dias accanto sarebbe destinato a una crescita esponenziale in fatto di continuità e sicurezza in se stesso.
E che centrocampo, con la classe di Ledesma Matuzalem Hernanes e la grande forza fisica di un Gonzalez che giocando con continuità acquisirebbe più disciplina tattica e più tecnica.
Veniamo all'attacco: il brio fantasioso di Zarate al servizio della forza perentoria di Kozak, due ragazzi destinati a crescere nel firmamento del calcio italiano e capaci di segnare rispettivamente 10 e 15 reti a campionato, se non di più.
Ma come c'è venuta questa idea?
Così per gioco. E per gioco, ne è spuntata la conclusione che, con questo schieramento tattico, la Lazio non sarebbe meno forte di quello che è in difesa e a centrocampo, mentre crescerebbe di potenza in attacco.
Ma ci vorrebbe che Reja, un bel mattino, si svegliasse anche lui in vena di scherzi. 
Già che ci siamo, scriviamo pure sulla lavagna la Lazio di riserva, tutta italiana:
Berni
Crescenzi Biava Stendardo Del Nero
Brocchi Ceccarelli
Sculli Mauri
Rocchi Floccari
Credete a me: con l'innesto dei due giovanissimi e promettentissimi Crescenzi e Ceccarelli, sarebbe una Lazio italiana per niente male.



domenica 27 marzo 2011

Frosinone: miracolo sfumato a Trieste

Il Frosinone ce la stava facendo, a Trieste: 1-0 al 38' con Masucci, 2-0 al 65' con Sansone! Ancora un momento di fortuna al 75', quando il triestino Testini sbaglia un calcio di rigore.
Poi la buona sorte ha girato le spalle ai ragazzi di Campilongo. A otto minuti dalla fine Filkor ha ridotto le distanze, e al 93', in zona recupero forse troppo avanzata, Taddei è pervenuto al fatale 2-2.
Come dire: il Frosinone il suo dovere l'ha fatto, ma la signora Fortuna ha detto no.
Vincere a Trieste significava restare attaccati alle altre squadre che precedono in classifica, rimanendo in piena zona salvezza.
Ora, invece, bisogna continuare a fare miracoli doppi fin da lunedì 4 aprile al Matusa contro il fortissimo Siena. Comunque speranze ce ne sono ancora, perchè ben cinque squadre restano a quota 36 e 37, in fondo ancora alla portata di una squadra che non ha nessuna paura di lottare.

Vita di collegio: 16 - Le mele anurche

Ogni tanto scrivevamo anche delle lettere ai nostri familiari. Questa corrispondenza non veniva vista molto di buon occhio dai nostri superiori, in quanto il loro intento era quello di favorire il più possibile il nostro graduale distacco dalle famiglie.
I superiori sapevano benissimo che il mese che ci veniva concesso, a luglio, di tornare in seno ai nostri familiari, finiva per distruggere gran parte di questa delicata attenzione al nostro progressivo diradarsi degli affetti e dei legami. Un vero sacerdote deve trovare la propria famiglia nel prossimo, soprattutto nei poveri da aiutare, e deve prepararsi con molta cura a questo difficile programma.
Però le ferie erano necessarie per mille ragioni, anche per gli stessi superiori che certamente avevano bisogno di ricaricare le proprie energie con una lunga vacanza.
Per il resto, grande era l'attenzione ai contatti dei giovani con i propri cari. Era concesso solo un incontro settimanale di un'ora o due la domenica fra le 9 e le 11, anche per un po' di rifornimenti alimentari che alleggerivano il compito del padre economo nei confronti del nostro eterno appetito.
Le nostre richieste alle famiglie erano consentite solo tramite lettere. L'uso del telefono non era neanche lontanamente concepito. Non c'era telefono, in seminario: anche il padre rettore doveva servirsi del telefono pubblico per qualsiasi evenienza.
Per questo le nostre lettere assumevano una certa importanza. La corrispondenza era controllata strettamente, e penso censurata. Le lettere in arrivo ci venivano consegnate aperte. E anche noi, da parte nostra, dovevamo consegnare aperte le buste delle lettere in partenza. Forse anche per questo la corripondenza era rarefatta, ridotta veramente al minimo. 
Io scrivevo qualche volta al mio fratello maggiore, Vito, che aveva ventiquattro anni e faceva le veci di mio padre, morto uno o due anni prima. Amavo molto leggere, e avevo chiesto a mio fratello che mi comprasse il libro geografico "Il bel paese" dell'abate Stoppani. Ricordo che questa mia richiesta era insistente, e lui invece finì per comprarmi tre enormi volumi di Teodoro Mommsen sulla storia di Roma antica, in una edizione ancora di epoca fascista, che sicuramente aveva trovato alla Fiera del Libro in via delle Terme di Diocleziano a Termini.
Me li fece trovare durante le vacanze estive credo nel 1948, come premio alla mia brillante licenza media.
I miei potevano venire molto raramente a trovarmi. Ricordo che un paio di volte venne la mia sorella maggiore Isola, accompagnata dal suo fidanzato. Erano ancora tempi di estrema povertà, e mi portava delle mele anurche rosso acceso, che mi piacevano molto e per cui le ero molto grato.
Mia madre, rimasta vedova con ben sette figli tutti giovanissimi, era assai impegnata: doveva curare anche il negozio di tessuti che ci rimaneva in Acuto, sempre più decadente, anche perché ormai la famiglia era decisa a trasferirsi a Roma, dove almeno un altro figlio, oltre al primogenito, avrebbe trovato lavoro e avrebbe consentito a tutti di vivere un po' più agevolmente nella capitale.
Da questo calcolo io ovviamente ero escluso, in quanto tutti erano convinti che io sarei rimasto in seminario. Ma, come vedremo, le cose presero poi una piega diversa.

sabato 26 marzo 2011

La Lazio crede alla Champions: l'Udinese ha un brutto calendario

La Lazio non deve demordere dalla lotta per la Champions: le otto giornate che mancano alla fine del campionato potrebbero spianarci la via verso quello che per ora è soltanto un sogno.
Milan, Inter e Napoli hanno troppi punti più di noi, difficile credere che una delle tre mollerà fino al punto di farci rientrare in gioco per uno dei primi tre posti. Resta il quarto, e dobbiamo vedercela con quell'Udinese che sembra la più in forma di tutte, ma non è detto che nel finale, come spesso le accade, non si rimangi buona parte del capitale.
Il calendario dei friulani, infatti, è tale da farci pensare che quei due punticini di vantaggio potrebbero essere erosi con buone probabilità. A partire da domenica prossima, la squadra di Guidolin deve andare a Lecce, sul terreno di una squadra in forma e in serrata lotta per la salvezza; poi giocherà in casa con la Roma, e i cugini giallorossi potrebbero farci un regalino almeno parziale. Nel turno successivo i friulani giocheranno a Napoli nella tana della grande rivale partenopea, partita durissima; la domenica seguente avranno invece una buona occasione contro il Parma tra le mura amiche. Ultime quattro giornate: trappola sul terreno della Fiorentina, con Mihajlovic che sta risalendo posizioni su posizioni; poi sarà la volta di Udinese-Lazio, partita in cui ci giocheremo tutto e in cui abbiamo una tradizione incredibilmente favorevole; ultima trasferta per Guidolin a Chievo, un cliente da prendere con le molle, e infine chiusura con Udinese-Milan, dove i rossoneri avranno probabilmente da giocarsi lo scudetto. 
Il calendario della Lazio non è facile facile, ma non abbiamo tutta questa serie di scontri diretti, e  giocando con serenità potremmo ottenere grosse soddisfazioni. Perciò sarebbe da polli non mettercela tutta per conquistare un posto tra le grandi d'Europa.
 Si aggiunga che mentre l'Udinese sta spremendo al cento per cento i suoi Di Natale, Sanchez, Inler e compagnia bella, la Lazio ha in riserva tutta una serie di giocatori freschi da gettare in campo, come Kozak, Rocchi, Floccari, e i rientranti Radu, Ledesma, Matuzalem e Lichtsteiner, che potrebbero darle ancora nuovo slancio.
Due punticini da rimontare non sono poi questo grande ostacolo.

Intanto, Reja ha concesso alla squadra tre giorni di permesso, che ai giocatori serviranno senz'altro per distendere un po' il sistema nervoso e staccare la spina per qualche pomeriggio diverso dai soliti allenamenti. Questo potrebbe servire molto ad Hernanes,  per esempio, per ritrovare un po' di freschezza in vista della trasferta di Napoli, dove assumerà un ruolo particolarmente importante come regista difensivo al posto del duo Ledesma-Matuzalem, facendo coppia con Brocchi od anche al centro della coppia Brocchi-Gonzalez. In questo caso, il binomio Sculli-Mauri potrebbe fare da trampolino di lancio per Zarate unica punta.




venerdì 25 marzo 2011

Vita di collegio: 15. Il paese più bello

Tra noi adolescenti delle prime classi si accendevano aspre discussioni sui nostri paesi di origine. Qual era il più bello?
Nella nostra classe il vero derby era quello fra Acuto e Morolo: infatti, nella nostra camerata, cinque ragazzi erano di Morolo, Canali, Fiaschetti, Ettore Silvestri, e i due fratelli Giovanni e Italo Quattrini, e due eravamo di Acuto, io e Santino Pompili. Essendo in minoranza, difendevamo con particolare calore il nostro   paese. Quelli di Morolo si facevano forti della figura dello scultore Ernesto Biondi, autore di bellissime statue per lo più utilizzate come ornamento di fontane pubbliche; noi di Acuto rispondevamo con la Beata (ora Santa) Maria De Mattias, fondatrice delle Suore del Sangue di Cristo, sparse in tutto il mondo dalla Casa Madre del 1834 in Acuto. Poi le bellezze estetiche: e qui il campo diventava veramente opinabile.
Ricordo che una volta, in una delle nostre lunghe gite completamente a piedi, approdammo proprio ad Acuto (sedici chilometri di distanza), ed entrammo nel Borgo, un lungo rettilineo di duecento metri chiuso dall'Arco della Porta. Di fronte a tanto evidente bellezza io chiamai come testimone quel Curti del quinto anno che era una specie di autorità per le sue vantate relazioni vaticane, e Curti convenne che sì, Acuto era veramente un bellissimo paese. Però a Morolo non c'eravamo ancora stati, e la questione rimase in sospeso. In camerata con noi c'erano anche alcuni ragazzi di Carpineto Romano, Filippi, Centra e Salina, ma questi erano talmente convinti della superiorità della loro cittadina, patria di Leone XIII, che il confronto con Acuto e Morolo non si poneva neppure.
Quando avevamo lasciato per la prima volta i nostri paesi, all'età di appena undici anni, nella nostra mente era rimasto il ricordo di dimensioni quasi enormi delle vie, delle chiese, dei palazzi e dei giardini dei rispettivi luoghi di origine. Quando, un anno dopo, tornammo in vacanza per il mese di luglio (1946) nelle nostre famiglie, quale non fu la nostra amara disillusione nel vedere che tutto in effetti era molto più piccolo di quanto ricordavamo. In particolare, ricordo che l'Arco della Porta, che nella mia mente era gigantesco, mi appariva veramente ridicolo di fronte alla maestosa Porta Cerere di Anagni. E così tutto il resto: chiese, strade, scuole, stazione, cimitero...
A parte Roma, di cui tutti conoscevamo la grandezza, Anagni in realtà, rispetto ai nostri paesi, costituiva un metro di paragone assolutamente fuori portata. La Fiuggi termale aveva i suoi ampi viali e i suoi grandi alberghi, questo lo sapevamo: ma un centro abitato normale, come era Anagni, aveva strutture di notevole dimensione, sia moderne: grandi scuole, grandi collegi, grandi viali; sia medioevali: la Cattedrale, il Palazzo di Bonifacio VIII, il grande Arco ogivale del Municipio; sia antiche: le mura ciclopiche, le grandi porte di accesso, l'Acropoli, il grande colle su cui ora sorge la Cattedrale.
Dopo aver conosciuto Anagni, questa bella cittadina ricca sia di storia che d'arte, i nostri piccoli paesi diventavano di colpo molto più piccoli, con nostra grande delusione. Il fatto era dovuto anche al nostro sviluppo, con almeno venti centimetri di altezza in più e una quindicina di chilogrammi di sviluppo corporeo. Questo solo fatto aveva influito sul nostro metro di giudizio di circa il 15 per cento.
Per fortuna, il giudizio estetico dipende poco dalle dimensioni, quanto invece dalle proporzioni, per cui la bellezza dei nostri piccoli "natii borghi selvaggi" rimaneva assolutamente intatta, e ben facevamo a discutere con tanto orgoglio e con tanto spirito campanilistico.

giovedì 24 marzo 2011

Mauri: il leader (trequartista nella Lazio e nella Nazionale)

Stefano Mauri è nato per fare il leader. Quest'anno è stato spesso protagonista, nella Lazio, con cifre di prestigio: quattro gol - molti per un centrocampista - e almeno otto assist, cioè passaggi che hanno prodotto gol. Mauri, perciò, è stato dodici volte decisivo per la Lazio, e in questo risulta tra gli uomini più determinanti, se non il più determinante.
Mauri ha trovato nel commissario tecnico della nazionale, Cesare Prandelli, un grande estimatore. Fin dalla sua prima chiamata lo ha designato come trequartista, cioè come ultimo uomo di lancio delle punte, trasformandosi in punta lui stesso quando l'azione lo consente. Mauri ha sempre risposto in pieno a quanto Prandelli gli chiedeva, e da qui la sua giusta conferma.
Eppure, fra i tifosi della Lazio, non tutti amano Stefano Mauri: spesso lo sentiamo criticare, e non perchè sono delusi del suo rendimento, bensì perché non lo hanno mai stimato troppo. Come se neanche i più grandi campioni  fossero esenti da errori e da periodi di crisi.
Mauri, purtroppo, sente questa scarsa affezione dei tifosi nei suoi confronti, e in questi giorni, dal ritiro della Nazionale, si è lasciato sfuggire un ragionamento che non ci ha fatto piacere, anche se giusto nella sostanza: - I tifosi della Lazio ci trasmettono negatività, non sono mai contenti, e di una Lazio in lotta per la Champions parlano come se fosse una squadra da quattro soldi. I tifosi laziali sono nati così, sono supercritici per natura, e con questo atteggiamento non ci aiutano affatto -
Mauri ha ragione: dobbiamo smettere di pretendere troppo da questa Lazio: quello che poteva fare lo sta facendo abbondantemente. Se vogliamo che vada meglio di così, dobbiamo darle sostegno e non scavarle il terreno sotto i piedi.
Lo ha detto anche Reja, che sta pensando seriamente di andarsene, amareggiato dai fischi e dalle critiche. Eppure è quel Reja che, in un solo anno, ci ha portato dalla retrocessione alle porte della grande Europa. 







mercoledì 23 marzo 2011

Vita di collegio: 14. Il Leoniano

Un collegio veramente stupendo, quello del Leoniano, di Anagni, nato per la formazione dei sacerdoti a livello regionale. Fu istituito agli inizi del Novecento da papa Leone XIII, quello dell'enciclica "Rerum Novarum", gloria di Carpineto Romano e della diocesi di Anagni, il primo papa che ebbe una visione sociale della Chiesa e affrontò la questione del mondo operaio e della lotta di classe.
Il Leoniano, una magnifico palazzo di tre piani, di enormi dimensioni, struttura a ferro di cavallo con un corpo centrale e due ali  laterali più brevi, sorge su una collina verdissima fuori dell'abitato dell'antica città ernica. Si distingue nettamente nel panorama urbano, con la sua posizione rivolta a nordest, verso Paliano e Acuto. In questo palazzo si radunavano tutti gli allievi dei seminari minori diocesani, per completare gli studi superiori: tre anni di filosofia, corrispondenti agli anni del liceo classico, e quattro anni di teologia, corrispondenti a un regolare corso di laurea di tipo umanistico e filosofico. Un seminarista entrava al Leoniano a sedici anni, e ne usciva sacerdote a 23 anni. Accedere al Leoniano era considerato un altissimo privilegio, riservato a poche decine di giovani aspiranti al sacerdozio provenienti da tutto il Lazio, e talora anche dall'estero, come dalla Germania (Baviera) o dalla Polonia.
Noi giovanissimi del seminario minore diocesano andavamo talvolta in passeggiata fino a quel magnifico collegio, circondato da un ampio giardino ricco di palme e di cedri del Libano. A fine anno scolastico, gli alunni del Leoniano organizzavano una recita teatrale di grandissimo effetto, alla quale venivamo invitati anche noi, con nostra somma gioia. La recita era in costume, e durava non meno di due ore.
Per noi, era come assistere a una "prima" in un grande teatro cittadino. Ovviamente cercavamo sul palcoscenico la presenza di "attori" provenienti dal nostro piccolo collegio, e facevamo un tifo del diavolo per loro, a prescindere dalla loro bravura.
Per due o tre anni partecipò alla recita il futuro don Angelo Pilozzi, di Acuto, nostra "piccola gloria", bravissimo nelle vesti di attore come poi è stato (ed è tuttora) bravissimo sacerdote per oltre cinquant'anni, in parrocchie poverissime come quella di Porciano, dove i fedeli, anziché in denaro, pagavano le messe, i battesimi, i matrimoni e i funerali con caciotte, ricotte, bottiglie d'olio o di vino, in pieno spirito evangelico e con autentico affetto.
Dopo il "nostro" don Angelo, in oltre sessant'anni, i sacerdoti venuti fuori dai paesi della diocesi di Anagni sono stati pochissimi, da potersi contare quasi sulle dita di poche mani, in media uno ogni tre o quattro anni. Crisi delle vocazioni religiose, e non solo.
La crisi delle vocazioni, dovuta all'incremento del benessere e all'ampliamento dell'istruzione pubblica, altro non è che il risultato di un imbarbarimento dei costumi e di una progressiva scristianizzazione dei sentimenti, al di là delle apparenze. L'Europa di oggi è un'Europa molto più ricca e progredita di quella di cinquant'anni fa, ma intimamente meno cristiana e meno disposta alla severità dei costumi.

martedì 22 marzo 2011

Dieci giorni perché Hernanes diventi il centrale più forte del mondo

Matuzalem 4, Radu 3, Ledesma 2, Lichtsteiner 1: il Giudice Sportivo trasforma d'un colpo la difesa più forte d'Italia (tolti i calci di rigore che ci appioppano così volentieri) in una banda di teppisti senza cervello.
Calma, ragazzi, calma: ci aspettano al varco per toglierci di mezzo, se non la smettiamo di fare i capricci. Quello di Matuzalem è stato proprio gratuito. Ma anche Ledesma non ha mostrato nervi d'acciaio, da vero campione. E Radu? Annulla in un secondo, per un gestaccio istintivo non ancora fatto e già ripensato, tutto ciò che di bello e di grande sta facendo. Lucescu junior lo perdonerà ancora una volta se non potrà giocare nella nazionale rumena? Perché mettere a rischio per colpa dei nervi una carriera da grande campione?
Poi c'è Lichtsteiner, che a Napoli rientra, ma non può permettersi nessuna scorrettezza. Stia calmo. Il prossimo anno avrà il "gemello" Ziegler al suo fianco, e non potrà dargli motivi di nervosismo, bensì di assoluta tranquillità.
La Lazio, con tutte le sue carenze offensive, è però una squadra così bene organizzata che anche a Napoli, con tutto quel po' po' di assenze, farà vedere come si mette in piedi una difesa partendo quasi da zero.Edy Reja avrà dieci giorni di tempo per addestrarla.
Mancano entrambi i centrocampisti centrali e non ne abbiamo nessuno di riserva? Via Ledesma e Matuzalem, come la mettiamo?
Poi ci siamo ricordati che Anderson Hernanes, il nostro Profeta, una volta era uno splendido centrale. La sua posizione naturale, forse, dove non è costretto a fare sfoggio di un dinamismo che non ha, ma sfoggio di senso della posizione, di controllo assoluto della sfera in spazi brevi, d'intuizioni rapide e secche. Affiancato da un Brocchi che lavorerà fisicamente per lui, e se non basta anche da uno scattante Gonzalez, Hernanes a Napoli sarà il miglior centrale del mondo.
Un po' più avanti, ancora in copertura Sculli, mentre il nazionale Mauri assumerà il ruolo di trequartista per lanciare Zarate unica nostra punta, con Kozak pronto a dare una mano dalla panchina in qualunque momento.
La difesa è quella che conosciamo: Muslera Lichtsteiner Biava Dias Garrido (o Scaloni). Se il Napoli vorrà passare, dovrà metterci dentro tutto quello che ha: ma attenzione alle ripartenze della Lazio!
Insomma, ce la giocheremo. Non abbiamo paura. E basta con questi nervi che saltano con tanta facilità.








lunedì 21 marzo 2011

Il ruvido Campilongo sta salvando il Frosinone

Non gli davamo più un soldo di fiducia, ma zitto zitto il ruvido Campilongo sta forse facendo il miracolo di salvare il Frosinone dalla serie C. I suoi ragazzi, in un paio di giornate, hanno rovesciato il proprio ruolino di marcia e inanellato un paio di importantissimi successi, ultimo quello di sabato scorso contro il Torino,la gloriosa squadra granata caduta a Frosinone con un gol di Biasi al 9' del secondo tempo.
Il Frosinone ha trovato l'unica arma giusta per salvarsi: un cuore grande così. I ragazzi ora lottano tutti im modo compatto. Se dovessero farcela anche domenica 27 a Trieste contro gli alabardati che ormai appaiono spacciati in fondo alla classifica, la strada della salvezza si spianerebbe, anche perchè dista ormai soltanto un punto o due, e di squadre da rimontare ce ne sono parecchie: Portogruaro, Crotone, Cittadella, Albinoleffe e Sassuolo, distanziate tutte di un punto l'una dall'altra.
E allora forza, ragazzi: a Trieste per salvarci!

Vita di collegio: 13. Gli eletti

  Agli occhi di noi giovanissimi di undici dodici anni, i seminaristi più grandi, quelli della quarta e quinta camerata, cioè del quarto e quinto ginnasio, apparivano come un mondo a sé.
Intanto, a quel punto, l'abito talare, cioè la lunga veste nera con tanti bottoncini, era di rigore: questo significava che era stato fatto un passo in avanti molto importante sulla via della vocazione. Indossare la veste talare costituiva dunque una sorta d'impegno supplementare, maturato in due o tre anni di collegio in più.
La selezione naturale, di anno in anno, era notevole: si partiva da dodici in prima media, si arrivava in nove in seconda, in sette in terza; al momento d'indossare quella veste così impegnativa, si arrivava al massimo in cinque, e poi, al tirar delle somme del quinquennio di seminario diocesano, si accedeva al seminario regionale, il Leoniano, sempre di Anagni, con una media di tre alunni su dieci.
Altri quattro anni di aspra selezione, ed ecco veramente quel solo sacerdore su dieci aspiranti iniziali. Chi arrivava all'altare del Signore, doveva essere veramente convinto di quello che faceva.
A noi giovanissimi, dunque, i ragazzi di diciotto anni con tanto di veste talare facevano una profonda impressione.
Ne ricordo bene solo qualcuno: un Galeassi di Albano, il "grifagno", come lo definiva un dirigente; un Curti di Roma. Costoro avevano intorno a sé come un'aura di rispetto. Si diceva che fossero dei privilegiati, dei predestinati. Specialmente Curti, di buonissima famiglia, di educazione raffinata, era considerato uno dal sicuro avvenire, che si sarebbe fatto largo in Vaticano. Li accostavamo con un certo rispetto, e la richiesta dei loro pareri era considerata quasi un privilegio.
Erano talmente pochi, d'altra parte, che facevano quasi vita a sé, andavano a passeggio per conto loro, aveano perfino delle camerette riservate per i loro studi, che cominciavano ad essere veramente impegnativi. Erano insieme a noi soltanto in cappella per la messa, in refettorio per i pasti e in qualche occasione speciale, come le gite o le lunghe passeggiate a piedi che potevano durare un'intera giornata.
Noi più giovani, dunque, venivamo considerati quasi dei collegiali, degli aspiranti, più che dei veri seminaristi. Venivamo seguiti moltissimo e con grande cura nella nostra educazione, ma senza forzature, sicché la vocazione, se c'era, potesse svilupparsi in modo armonioso e graduale.  I seminari furono istituiti alle soglie del Seicento, in clima di Controriforma, da San Carlo Borromeo, con una visione sicuramente molto più umanistica e ragionevole di quanto non si pensi. Nulla di severo e di gesuitico, molto di formativo, con possibilità di ripensamento che non fosse traumatico. Almeno, da noi era così, e le figure dei nostri dirigenti, rettore, vicerettore, padri confessori e padri spirituali, e i giovani sacerdoti che avevano la funzione di prefetti, avevano un atteggiamento e un aspetto molto umano, che a distanza di tantissimi anni io posso giudicare in modo positivo. Quei mei anni mi tornano in mente senza dispiacere, spesso anzi con un po' di rimpianto. E non sono divenuto anticlericale, come capita a moltissimi che hanno trascorso la loro adolescenza in un collegio tenuto dai preti.

Inter, Napoli, Udinese e Lazio rincorsa al Milan


Delle 8 squadre prime in classifica
6 hanno vinto - Inter, Napoli, Udinese, Lazio, Juventus e Palermo
1 ha pareggiato - la Roma
1 ha perso - il Milan
- Inter, Napoli, Udinese e Lazio hanno rimontato tre punti al Milan
- la Roma ha perso due punti dalle squadre che la precedono
Possibilità di scudetto: Milan 30, Inter 40, Napoli 13, Udinese 13, Lazio 4
Possibilità di Champions: oltre a Milan e Inter, abbiamo Napoli a 70, Udinese a 70, Lazio 40, Roma 20
Possibilità di Europa League: Lazio 90, Roma 70, Juventus 50, Palermo 20, Fiorentina 10, Bologna 10
Probabilità di retrocessione: Bari 100, Brescia 80, Lecce 70, Cesena 60, Sampdoria 60, Parma 50, Catania 50.

domenica 20 marzo 2011

Così nel girone di ritorno: Inter spaccatutto (undici giornate)

1. Inter  31 punti
2. Udinese 29 punti
3. Napoli 23 punti

4. Milan 22 punti
5. Lazio 20 punti
6. Bologna 16+3 punti
7. Roma 18 punti
7. Fiorentina 18 punti
9. Cagliari 16 punti
9. Genoa 16 punti
11. Juventus 14 punti
12. Chievo 13 punti
13. Palermo 12 punti
14. Catania 11 punti
14. Brescia 11 punti
16. Parma 10 punti
16. Cesena 10 punti
16. Lecce 10 punti

19. Sampdoria 5 punti
20. Bari 3 punti



















Zarate-Totti? Ancora si può fare!

Zarate ha avuto il coraggio di sfidare Totti e di affermare che a fine carriera anche le sue cifre somiglieranno a quelle del campionissimo della Roma.
E' davvero possibile? Totti ha 35 anni, ha giocato quasi 500 partite fra campionato, coppe e nazionale, ha segnato 200 più 54 gol in totale: media partite all'anno 25, media gol all'anno 12.
E Zarate come sta? Se ci limitiamo alla sua carriera italiana, dopo tre anni nel nostro campionato avrà 75 presenze e avrà messo a segno 35 gol, con medie di 24 partite e di 11 gol. Se in futuro continuerà a comportarsi così, anche lui a 35 anni avrebbe raggranellato 430 presenze e 170 gol, cifre non lontanissime da quelle di Totti e sicuramente migliorabili se anche Zarate, dopo una prima parte di carriera non proprio continua - come fu anche per Totti - si assesterà e migliorerà il suo rendimento.
Perché stiamo facendo questi conti? Perchè sembra proprio che Zarate stia per compiere o abbia già compiuto una svolta, scegliendo come suo procuratore Beppe Bozzo (quello di Cassano...), affiancandolo a quel fratello Sergio che finora gli ha combinato una serie di pasticci.
Che stia nascendo uno Zarate nuovo lo si è forse visto già ieri contro il Cesena: una punta vera, aggressiva e continua al punto giusto, e autore della rete decisiva.
Zarate ne ha, di tempo, per crescere. Undici anni ancora, e se fossero undici anni così, le cifre altissime di Totti non gli metterebbero paura.












sabato 19 marzo 2011

Zarate: un gol, tre punti d'oro, Lazio rilanciata

Ne avrà divorati quattro o cinque, di gol, questa Lazio che si appanna negli ultimi venti metri. Perciò è bastato il gol di Maurito Zarate al primo minuto per battere il Cesena, conquistare tre punti preziosissimi e riagganciare la zona di Champions League.
Fa rabbia, però, che in una giornata in cui Zarate, Sculli e Gonzalez hanno fatto faville, i biancocelesti si siano dovuti ridurre negli ultimi minuti ad aver paura del Cesena quando si poteva stare minimo sul 2-0. Zarate, Mauri,Sculli, Biava e Gonzalez hanno sfiorato più volte la rete, un paio di volte il bravissimo Antonioli si è contrapposto con eccellenti interventi, in uno dei quali ha deviato un colpo di testa di Sculli sulla traversa a inizio ripresa.
La Lazio era talmente malconcia che ha dovuto chiamare in campo Brocchi appena sfebbrato in sostituzione di un Hernanes veramente in condizioni pietose dal punto di vista fisico: Mauri, affaticatissimo, ma brillante in alcune occasioni come nel bell'assist sul gol di Zarate, ha stretto i denti e ha resistito fino a cinque munuti dalla fine, quando Reja si è finalmente deciso a gettare in campo Kozak che in una qualunque delle cinque o sei occasioni perdute dai laziali sicuramente l'avrebbe buttata dentro risparmiandoci le palpitazioni finali.
Purtroppo Matuzalem si è fatto ammonire, ed è stato anche protagonista di uno schiaffo a Jimenez che fortunatamente l'arbitro non ha visto: comunque a Napoli, fra due domeniche, non ci sarà, e siccome ci mancherà ancora Ledesma, la squadra per il San Paolo sarà un enigma completo.
Ma ora godiamoci questa vittoria sul Cesena che cancella le sofferenze e le amarezze del derby. In classifica tutto si è aggiustato. Domani ci godremo interamente i risultati della Roma, del Napoli e dell'Udinese, e chissà che non ne esca qualche altro motivo di consolazione.
Siamo stati bravi in difesa, con Scaloni un po' meglio di Garrido che nella ripresa ha sofferto il duello con il pericoloso Ceccarelli subentrato a uno spento Bogdani. Se togliamo i tantissimi calci di rigore che abbiamo subìto (tre soltanto contro la Roma...), Muslera e compagni forse sono anche meglio della difesa del Milan.
Se avessimo un attacco all'altezza di questi bravi ragazzi, saremmo davvero uno squadrone, anche se restiamo una squadra intelligente e piuttosto  bene organizzata.


Zarate 24 cucuzze: agente nuovo e vita nuova

Mauro Zarate ha compiuto in questi giorni, il 13 marzo, 24 cucuzze: ammàzzate quanto sei giovane, ammàzzate quanti altri gol puoi ancora fare!
Per dimostrare che le sue intenzioni sono veramente buone, Maurito ha voluto anche cambiare agente. Oltre al fratello Sergio, che ogni tanto ne combina qualcuna perché  ha la lingua troppo lunga, ha voluto sceglierne uno buono, Beppe Bozzo della FIFA, il quale organizzerà al meglio pensieri parole opere ed omissioni del suo assistito. Speriamo di vedere in campo un Maurito nuovo fin da oggi pomeriggio contro il Cesena.
Per questa partita, due le ultime novità: Brocchi ha la febbre, il suo posto sarà preso dal dinamicissimo Tata Gonzalez. Inoltre Reja, a corto di giocatori, ha convocato anche il gioiellino Tommaso Ceccarelli, uno da seguire con attenzione.
L'altra novità è Sculli: sarà lui a scendere in campo a fianco di Zarate, e non Kozak, che Reja si riserva di presentare nella ripresa a seconda di come si saranno messe le cose. C'è spazio e gloria sia per Sculli che per Kozak: basta avere buone intenzioni.
Il glorioso volo dell'aquila Olimpia ci assisterà, contro un Cesena da prendere con le molle.

Vita di collegio: 12. Latinorum...

Le prime avventure nel campo della grammatica latina furono molto divertenti. Non si contano gli strafalcioni di logica e di memoria: ci sembrava di compiere delle prodezze e ne uscivano fuori delle bestialità da farci sbellicare dalle risate, a cominciare dal severissimo monsignor Salina.
Un giorno il "rosso" Giuliani riuscì a confezionare questa perla di tre parole con due clamorosi errori: "I venti agitano il mare" diventò "Viginti agitant marem", dove venti era il  numero pescato liscio liscio nel dizionarietto, e marem conteneva tutta la gioia di avere azzeccato la m finale dell'accusativo complemento oggetto, dimenticando che "mare" è neutro ed ha l'accusativo uguale al nominativo.
Però, pian piano che si andava crescendo, si acquisiva anche, da parte dei più svegli, l'esigenza del costrutto latino che sconvolgeva la forma italiana. Per esempio, invece di tradurre pari pari "l'odore della rosa solletica le narici della bella fanciulla", ormai mi veniva naturale tradurre "pulchrae puellae nares rosae odor captat".
Al che il buon Eugenio Cardinali di Porciano - correggevamo immediatamente dai banchi la traduzione - protestò contro l'insegnante, che guarda caso era il bravissimo don Francesco Cardinali, pure di Porciano, suo cugino tra l'altro - il quale se ne uscì in risposta con una frase che produsse un certo effetto: - Eh, figlio mio, questo è latino!- - Ma, professore, io non capisco niente. Può ripetere? - e il buon don Francesco spiegò pazientemente la costruzione, intentendo dire: o fai l'orecchio a costrutti di questo tipo, oppure ti conviene lasciar perdere, perché non è mestiere per te. 
Tra un errore grossolano e l'altro, andavamo acquisendo - non tutti, per la verità - una discreta conoscenza della lingua morta, e monsignor Salina rafforzava le nostre conoscenze regalando ai più bravi i suoi famosi "tabacchini" regolarmente scritti nella lingua di Cicerone e di Orazio.
Ciascuno di noi era fornito della "Regia Parnassi", in cui erano contenute tutte le leggi della metrica e della prosodia latina, sillaba breve e sillaba lunga, verso alcaico e verso saffico, parametro ed esametro, distico elegiaco e via dicendo.
Anche don Lorenzo Fabrizi, il vicerettore, ci perseguitava con le sue incessanti esercitazioni. Andava dedicando a ciascuno di noi i suoi distici e noi dovevamo prenderli a modello. Ricordo che Luigi Fiaschetti diventava Aloysius Lagena, mentre a me dedicò un distico che mi fece arrossire perchè era davvero un bel complimento: - Ut reliquis vicis, Lodoix, dominatur Acutum... - come sugli altri paesi, Luigi, domina Acuto...- così tu eccelli su tutti gli altri compagni -
Venivo considerato una specie di fanciullo prodigio. Scrivevo poesie in italiano e in francese, traducevo perfettamente il latino. E pensare che non avevo neppure i libri di testo e mi arrampicavo facendomeli prestare ai miei compagni.
I miei superiori cominciavano a coltivare buone speranze su di me, pur cercando di non farmelo capire perché avrei potuto insuperbirmi.  Già in seminario circolava il detto: "Superbia acutina, invidia anagnina...", perché i ragazzi di Acuto, forse perché venivano dalla montagna, sembravano i più vivi e intelligenti: si sa che le difficoltà aguzzanno l'ingegno. E a chi era più ricco e più agiato, non restava che l'invidia.

venerdì 18 marzo 2011

Dias e Kozak granatieri in campo!

Domani sera alle 18, col Cesena, una Lazio nuova per la risalita.
Reja chiama in campo forze fresche, per rinnovare lo spirito e l'orgoglio: ecco il rientro a tempo pieno dei due granatieri André Dias e Libor Kozak, due nostri grandi punti di forza.
Le altre novità sono Garrido e Zarate, due ragazzi del cui valore si discute, ma che se trovano la via giusta sono destinati a dare una bella spinta a questa formazione.
Un grano alla volta: così bisogna affrontare il rosario delle nove partite che mancano alla fine. Il passo dobbiamo farlo proprio su quella Roma che quest'anno ci ha fatto li bozzi per ben tre volte,  una vera piaga d'Egitto mandataci per scontare non si sa quali vecchi peccati.
Eppure la Lazio, ogni volta, con santa e certosina pazienza, ha lasciato guarire la piaga ed è ripartita con baldanza all'attacco. I nostri dopoderby sono stati sempre vigorosi.  Se Olimpia, col suo bel volo che ormai sa di primavera, ci darà una mano, non solo manterremo quei due bei punti di vantaggio, ma ci metteremo a sperare e a gufare che la Roma, qui e là, qualcuno ne perda per strada, a cominciare da Firenze dove Mihajlovic sicuramente non gliela manderà liscia.
Zarate, in avanti, al posto di Sculli ancora un po'frastornato, potrà davvero fare da sponda a Kozak o ricevere da lui qualche buon pallone da sfruttare a sua volta. Ma colui su cui speriamo tanto è quell'Hernanes che si è un po' perduto nelle nebbioline di questo ritardato inverno.
Lazio nuova, vita nuova. Sconteremo le squalifiche e rimonteremo in sella senza fare più sciocchezze. Il nostro campionato è sempre un torneo di primissima qualità, con una ventina di punti in più rispetto all'anno scorso. Le partite che mancano alla fine non devono fare altro che dare nuovo lustro a una classifica da primi della classe.


























giovedì 17 marzo 2011

Vita di collegio: 11. Non uscire da quella Cappella

Durante la messa del mattino, dalle 7 alle 7 e tre quarti, era severamente vietato uscire da quella Cappella.
Ciononostante, non erano pochi i ragazzi che, alla spicciolata, riuscivano a superare il divieto e a recarsi al bagno per un bisogno improvviso. Non c'era modo né possibilità d'impedirlo.
Questo bisogno, io sembravo non avvertirlo. Non sono mai andato al bagno, in quei tre quarti d'ora. Però una volta successe anche a me di avvertire un impellente bisogno di fare un goccio d'acqua. Anzi, più di un goccio...
Fra il divieto assoluto di uscire e il bisogno di orinare, vinse quest'ultimo: fino all'ultimo volli obbedire ai miei superiori, e così, fatalmente, consapevolmente, finii per farmela addosso. E anche abbondantemente.
I miei pantaloncini ne rimasero quasi completamente intrisi. Io finsi di nulla, e nei pochissimi minuti di ricreazione prima di scendere in refettorio per la colazione riuscii a fare un salto in camerata, raggiungere il mio armadietto, asciugarmi e cambiarmi sia lo slip che i calzoncini.
Nessuno si accose di nulla? Secondo me è impossibile. Ma nessuno mi disse niente. Non so che cosa possa aver pensato chi se ne accorse: ma nessuno mi diede la medaglia di eroe, bensì quella di pollo.L'obbedienza va bene, ma non fino a questo punto.
Non ero incontinente. Non ho mai fatto la pipì a letto, a quel che ricordo. C'era un mio amico, Luigi Canali, che invece soffriva molto per questo piccolo/grande guaio. Aveva vissuto una prima infanzia tribolata, negli anni di guerra, sbattuto tra la Libia, la Francia e l' Italia, e gli era rimasto questo inconveniente, dal quale riuscì a guarire soltanto con l'età dello sviluppo, a quattordici anni. Dovevano cambiargli materasso e rete della branda almeno una volta all'anno, perché letteralmente li distruggeva. Si vergognava, ma noi ormai non ci facevamo più caso e anzi cercavamo di aiutarlo: era soltanto vittima di colpe altrui.
Tra i dodici ragazzi della nostra camerata si era creato un forte spirito di corpo. Agivamo come se fossimo una sola persona, e se avevamo qualche colpa cercavamo sempre di risponderne collettivamente.
Monsignor Salina conosceva meglio di noi la situazione di Luigi Canali, e cercava di proteggerlo e aiutarlo con un ammirevole spirito paterno. Ogni tanto gli regalava uno dei suoi famosi "tabacchini", cioè qualche vecchissimo libro di preghiere, o di autori latini, o di saggi antichi, rilegati in pelle ed emananti un caratteristico odore di muffa, tratto dagli scaffali della "Siberia", cioè della soffitta di palazzo.
Devo confessare che il dono di quei libri così particolari da parte di monsignor Salina al caro amico Luigi generava in me un senso insoffocabile d'invidia e di gelosia, che non riuscivo a dominare, malgrado capissi benissimo il significato generoso e nobile di quei piccoli regali.
In quel periodo, in Vaticano, c'era appunto un cardinal Canali, tra i più eminenti della Chiesa. Sapevamo che il cardinal Canali conosceva il nostro Luigi e ne seguiva la formazione con simpatia. E anche di questo noi eravamo un po' invidiosi: ma questo genere d'invidia non ha mai intaccato il grande affetto per il nostro amico Canali, anche dopo tantissimi anni (oggi sono addirittura sessanta)
che abbiamo lasciato tutti il nostro seminario.

mercoledì 16 marzo 2011

Garrido, Brocchi e Mauri per rilanciare la Lazio

Ancora tre giorni, e la Lazio torna in campo, sabato 19 alle ore 18.
E' la festa del papà, l'aquila Olimpia torna a volare, e noi sappiamo bene quanta della nostra fortuna è legata al suo volo.
Reja non si è smarrito alla triplice squalifica di Lichtsteiner, Ledesma e Radu: la Lazio ha risorse, ma soprattutto ha uno spirito di corpo così forte da non far notare le differenze. 
Scaloni prende il posto di Lichtsteiner, Garrido ha finalmente la grande occasione (al Cesena manca Giaccherini, pure squalificato)
e quanto a Ledesma sarà Brocchi a dar man forte a un Matuzalem che qualcuno ha definito "graziato" dalle immagini televisive sulla scarpata in volto a Francesco Totti. 
Con Floccari ancora fuori causa per motivi fisici, avremo Kozak in avanti a caccia di gol, e Mauri a centrocampo a fianco di Sculli e di Hernanes a suggerire e a dare una mano al gigantesco Libor, promosso titolare della nazionale cèca.
E' sempre una Lazio forte, smettiamola di piangere per una sconfitta che poteva venire ed è venuta, dobbiamo farci il callo e il carattere giusto per dare dispiaceri ai cugini. E il dispiacere più grosso sarebbe quello di sbarrare loro la strada per la Champions League prendendoci la grande rivincita.
Tutti al'Olimpico, sabato, con una fede grande nel volo maestoso dell'aquila Olimpia, quella amata dai grandi e dai bambini e che ci ha regalato questo grande campionato sempre condotto in prima fila.
 

martedì 15 marzo 2011

Vita di collegio: 10. Le docce in mutandine nere

Monsignor Salina continuava a impartirci severe norme di educazione, anche sessuale.
Dovevamo avere il massimo rispetto per il nostro corpo, tempio dello Spirito Santo.
Non dovevamo toccare assolutamente le nostre parti intime: il solo toccarle equivaleva a sporcarsi.
Arrivò al punto di proporre: quando vi fate la doccia, dovete indossare un paio di mutandine nere.
Capisco e ammiro lo spirito con cui lo diceva, ma in pratica la sua norma era irrealizzabile. Tra il dire e il fare...Comunque, e scusatemi se sto toccando un argomento che riguarda la sfera dell'intimo, le sue norme severe erano un'alta guida morale, per noi. Forse le mutandine nere si riferivano soltanto al fatto di non lasciarsi vedere dagli altri. E noi non toccavamo le nostre parti intime se non per l'indispensabile.
Le nostre guide spirituali erano di così alto valore morale che non usavano mai la parola masturbazione, e personalmente io non ho saputo cosa fosse se non all'età di sedici anni.
Si parlava invece della donna, come di una creatura che meritava il massimo rispetto proprio in quanto destinata alla funzione di madre, e la Madre di Dio, la Vergine Maria, ne era l'esempio più alto.
Debbo dire che riguardo al problema sessuale la nostra educazione era vigile, delicata e sensibile, e produceva i suoi frutti.
Almeno per i primi tre  anni, fino ai quattordici quindi, non ho mai avuto il sospetto che in questo senso qualcosa andasse nel verso sbagliato. Neanche il problema dell'omosessualità, ritenuto così ricorrente nei collegi religiosi, era da noi sospettato e affrontato.
Eravamo angeli? Fino a quattordici anni io ritengo di sì. Eravamo in realtà controllati in modo soft ma sicuramente efficace.
Qualche problema cominciò ad emergere dopo gli esami di licenza  media, quando dovemmo sostenere gli esami pubblici di stato nelle Scuole Medie di Anagni, e ci fu per noi l'impatto con le ragazze, per la prima volta al nostro fianco per giorni e giorni. Cominciarono i primi innamoramenti, insospettati e improvvisi, e da allora questo tipo di problema s'impose per tutti e non poté essere nascosto o trascurato. Il padre spirituale cominciò a lavorare anche su questo argomento: fino ad allora era stato cauto e prudente, se non per qualche caso specifico che si presentava e che era tenuto dolorosamente nascosto a chi non ne era direttamente coinvolto. 
L'età dell'innocenza, allora, poteva miracolosamente durare fino ai quattordici anni, negli ambienti più protetti come quelli dei seminari.



 

lunedì 14 marzo 2011

Se le vinciamo tutte e 9 la Roma non potrà raggiungerci

Se la Lazio vince tutte e 9 le partite finali, la Roma non potrà raggiungerla!
Lo diceva Lapalisse, ma non è poi un'ipotesi tanto assurda. Può essere benissimo il programma finale del nostro bellissimo torneo, nel quale non siamo mai andati al disotto del quinto posto.
Questo vuol dire che abbiamo la forza di poter difenderci, domenica dopo domenica. In questo caso, ogni punto che la Roma perdesse sarebbe una mano santa per noi.
Se andiamo a vedere il calendario della Roma, ci accorgiamo che presenta quasi tutte le squadre più forti: FIORENTINA Juventus UDINESE Palermo Chievo BARI Milan CATANIA Sampdoria. Proprio niente male, anche se la Roma con la squadre forti va fortissimo. Vedi contro di noi...
Il nostro calendario: Cesena NAPOLI Parma CATANIA INTER Juventus UDINESE Genoa Lecce sembra un tantino più abbordabile.
Forza, dunque, uomini di Edy Reja: nulla è perduto, e tutto il nostro onore ci impone di essere grandi.









Totti va bene, ma il laser no!

Totti ha segnato una doppietta e castigato sogni e ambizioni della Lazio.
Va bene. Ci sta. Superiorità tecnica è superiorità tecnica. Quello che invece fa male al cuore dei tifosi della Lazio è stato quel raggio verde che abbiamo visto tutti benissimo in fronte e sugli occhi di Muslera in occasione della decisiva rete su punizione di Totti.
Muslera non deve aver visto bene, ed è partito con un attimo di ritardo: quello che bastava.
Nessuno potrà fare niente, in Federazione, contro il "raggio verde della morte". E' un oggettino che si perde tra le tasche. Come la coscienza di certi tifosi poverelli e un tantinello cattivi d'animo: per loro non c'è sport che tenga. Ma una pesante multa alla società non può fare che bene. Così come il laser fa male alla rétina. E state pure attenti alla rétina di Doni, perché amor con amor si paga.
Della maximulta non vi preoccupate: tanto, so' americani!

Udinese per lo scudetto - Roma e Lazio per la Champions

Soltanto sei squadre, ormai, fanno parte della lotta per lo scudetto.
Di esse, 3 hanno vinto: Napoli, Udinese e Roma, guadagnando due punti su Milan e Inter;
2 hanno pareggiato: Milan e Inter, perdendo due punti preziosi sulle immediate inseguitrici;
1 ha perso: la Lazio, che si è staccata di tre punti.
Possibilità di scudetto: Milan 50, Inter 25, Napoli 20, Udinese 5;
Possibilità per la Champions: Milan 100, Inter 80, Napoli 70, Udinese 60, Lazio 50, Roma 60;
Possibilità per l'Europa League: Lazio 80, Roma 90, Juventus 10, Fiorentina 10, Palermo 5, Bologna 10, Cagliari 5, Genoa 5.

domenica 13 marzo 2011

Il vento del derby spazza via la Lazio:0-2!

Una Lazio troppo nervosa. Una Roma troppo fortunata contro di noi. Totti indovina un bel calcio di punizione al 24' della ripresa, e tutti i sogni di gloria sono andati perduti.
La Lazio ha finito per innervosirsi oltre ogni misura, prima ha perduto Radu per espulsione, poi è stato espulso anche Ledesma, Lazio addirittura in nove, rigore di Totti e seconda mazzata.
Si è parlato anche di un raggio laser che ha disturbato Muslera sul primo gol di Totti: ma ormai dicono che questo sia un fatto normale, tutto diventa normale in un gioco del calcio che assolutamente non è più un gioco, anche se tutto il mondo ancora si appassiona e lo segue.
Ed ora, che facciamo? Buttiamo all'aria tutto il bel campionato che abbiamo giocato finora? L'Udinese ci ha scavalcato in classifica e bisogna accettarlo, perché la squadra di Guidolin è veramente grande. Ma siamo ancora due punti avanti alla Roma che ci ha sconfitto prendendoci sei punti solo nei due derby, ma intanto siamo quasi sicuri dell'Europa League con ben 9 punti di vantaggio sulla settima, la Juventus, a sole 9 giornate dalla fine.
Squalificati Radu, Ledesma e anche Lichtsteiner, per il prossimo turno aspettiamo il Cesena, e potremo sostituire i due giocatori con Brocchi, Dias, Scaloni,Gonzalez, Mauri o anche altri giocatori: nessun problema, basta tenere a bada il Cesena che sta cercando disperatamente punti salvezza come ha dimostrato contro la Juventus.
Calma, dunque, e sangue freddo. Quella calma che è mancata contro la Roma per i giochetti perditempo di Totti negli ultimi dieci minuti: la Roma è la nostra bestia nera, rassegnamoci, perchè per il derby questo è stato per noi l'anno zero.
Ma non possiamo gettare al vento un campionato che resta senza dubbio positivo: siamo ancora a due punti dalla zona Champions, e siamo sicuri comunque di tornare in Europa.

Vita di collegio: 9. Il taglio con la lametta

Molte lezioni, specialmente di latino, ma anche d'italiano e francese, erano estremamente interessanti, arricchite da letture, recite, esercitazioni poetiche, gare...Il livello medio era certamente buono.
Un po' noiose erano invece le lezioni di storia, svolte in forma mnemonica, e geografia, specialmente quest'ultima. Non avevamo né fotografie né diapositive né filmati, appena delle cartine geografiche continentali, e passavamo le ore leggendo.
La nostra ignoranza in materia era tanta. Ricordo che una volta mi capitò di leggere un argomento riguardante la Spagna, dove si parlava di tori e di plazas de toros. Incontrai una parola mai sentita, e io lessi "còrrida", suscitando le risate e le espressioni di scherno di un solo alunno, quell'Alivernini proveniente da Roma, dei caracciolini, che evidentemente sapeva parecchie cosette più di noi. Facendo i conti, penso che dovesse essere parente di quell'Alivernini che fece parte della organizzazione del Festival della Canzone di Sanremo: aveva preciso preciso la stessa testa di cavallo con degli occhi bovini. Peccato che non ne ricordi il nome. Se era lui, si poteva capire benissimo che proveniva da una famiglia romana di una certa cultura, e che conosceva dunque nomi, usi e costumi europei. Ma forse era soltanto un suo fratello di qualche anno più anziano.
Durante l'ora di geografia c'era comunque il rischio maggiore di distrazioni e di spostamenti di attenzione verso altri argomenti.
Una volta, ricordo, mi era capitata tra le mani una lametta per barba, e io mi misi a tagliare un po' di peli sulla mia gamba destra. Infatti, avevamo i calzoncini corti. La lametta non andò per il verso giusto, e io mi feci un bel taglio. La gamba comiciò a sanguinare. Chiesi permesso e andai al bagno, dove c'erano dei rubinetti dell'acqua corrente, e con un fazzoletto bagnato riuscii a fermare il sangue in pochi minuti, e ritornai in classe. Porto ancora sulla coscia un bel segno, a perenne ricordo di quella sciocchezza.
Un'altra volta, padre Mario mi chiamò alla lavagna a scrivere la lezione che mi dettava. Si parlava del Mar Tirreno e della Sardegna, e ricordo che, per rimediare alla noia, mi divertii a scrivere grandi sciocchezze, come l'isola d'Erba e le bocche di Bonifacio VIII, senza che se ne accorgessero né padre Mario né i mei compagni. Per evitare rischi di punizioni e altro, quando la lavagna fu riempita cancellai rapidamente le mie variazioni irriverenti, e nessuno si accorse di nulla. Almeno credo.

sabato 12 marzo 2011

Tutto il mondo guarda il derby: vedrà un grande Zarate ?

Tutto il mondo guarda il derby. Un'attesa intensa, una curiosità frenetica.
La Lazio non deve perdere questa occasione di farsi ammirare in tutto il mondo. Non deve neanche accontentarsi soltanto di giocare bene e magari di perdere o pareggiare.
La Roma non è morta, come potrebbe sembrare. I pronostici la danno vincente 1/2,9 contro l'1/3,9 della Lazio. Tecnicamente un pronostico che non fa una grinza, la Roma è troppo superiore come puri valori calcistici.
Sarà ferita, come dice Reja, ma proprio questo la rende più pericolosa, più pronta a mordere e a far male.
Arbitrerà Tagliavento, quello del naso spaccato a Stendardo da parte di Toni e una serie di gravi scorrettezze giallorosse. Bene così: vedremo se avrà il coraggio spensierato della replica.
La Lazio deve giocare serenamente, ma col cuore tra le mani e un coltellaccio fra i denti, pulita e decisa. La forma fisica è dalla sua parte, due risultati su tre l'aiutano, la Roma dovrà solo vincere, se no sarà tagliata fuori per la Champions.
Che altro dalla nostra parte? Io azzarderei l'aquila Olimpia, ma di fronte al pubblico giallorosso la povera Olimpia potrebbe perdere la testa e qualche malintenzionato potrebbe anche impallinarla. Lasciamo perdere. Limitiamoci ad ammirarla in qualche fotomontaggio.
Aquile dovranno essere Sculli e Floccari, Hernanes e Zarate, in particolare i due sudamericani, un tandem delle meraviglie che da mesi sta promettendo un gol nel derby. E se dovessero riuscirci sarebbe davvero meraviglioso: Hernanes e Zarate grandi davanti agli occhi di tutto il mondo.
Poi dietro noi abbiamo una grande difesa: Muslera e Radu, Lichtsteiner, Biava e Stendardo: qui difficilmente si passa, mentre dall'altra parte non è davvero così.
Stessero perciò molto attenti i nostri difensori, perchè il segreto della partita è forse davvero in quella zona lì, la formidabile zona Lazio.

venerdì 11 marzo 2011

Vita di collegio: 8. Lo schiaffo di Anagni

Erano le otto, ormai. Si scendeva in perfette file a due dallo studio verso il refettorio, due piani più in basso, per la cena.
Il corridoio era appena rischiarato dalle deboli luci sui muri. D'improvviso, io che ero in seconda o terza fila della classe prima media, mi sento colpire da uno schiaffo di una violenza inaudita sulla mia guancia destra. Mi volto: è don Francesco Fiaschetti, uno dei giovani sacerdoti che fungono da prefetti nelle singole classi e rispettive camerate.
Uno schiaffo così violento non lo avevo ricevuto mai, e mai lo avrei ricevuto, tra i rarissimi schiaffi ricevuti in vita mia. Che cos'era successo? Cosa avevo fatto per meritarmelo? Nulla. Ma non impiegai molto tempo per capirlo.
Don Francesco Fiaschetti aveva gli occhiali, e nella penombra non ci aveva visto
bene. Ma soprattutto, don Francesco aveva un fratellino minore, Luigi come me, nella mia stessa classe e camerata, al quale lui impartiva continuamente ripetizioni d'italiano e latino.
Luigi Fiaschetti era uno dei tre Luigi della mia classe, insieme a me, Luigi Jadicicco, e a Luigi Canali. Un trio affiatatissimo, che insieme al mio amico e paesano Santino Pompili componevamo un quartetto d'inseparabili.
Luigi Fiaschetti era un po' duro e lento in italiano e latino, e il fratello maggiore se ne dispiaceva assai, e lo faceva maturare a suon di schiaffoni. Siccome avevamo la stessa altezza e ci somigliavamo come due gocce d'acqua, fu facile per don Francesco scambiarmi per il suo fratello minore e colpirmi con tanta violenza con la quale forse era abituato a colpirlo. Ma quella volta certo ancora di più: probabilmente aveva parlato con i nostri insegnanti e saputo che il ragazzo non andava bene.
Poi Luigino è maturato, e come, e si è anche laureato, e mi pare sia diventato un avvocato di un certo valore.
Quella sera, però, io pagai per lui. Don Francesco si accorse subito di aver sbagliato, e mi chiese abbondantemente scusa. Ma l'impronta della sua mano rimase stampata sulla mia guancia per alcune ore. Pensai anche, malignamente, che siccome io andavo invece molto bene nei compiti in classe e nelle lezioni, si fosse voluto sfogare un po' contro di me. Pensieraccio.
La violenza e la gratuità di quello schiaffo hanno pesato su di me per un po' di tempo. In tutta la mia vita, di schiaffi morali ne ho subiti in gran quantità, ma di schiaffi fisici pochissimi, e oltre a quello non ne ricordo molti. Non permettevo neanche a mia madre di colpirmi, e mio padre non mi colpì mai. Nei miei comportamenti ho sempre fatto in modo di evitare di fare o di subire qualunque violenza fisica. Solo le violenze morali non possono essere evitate, neanche con la migliore volontà.
Lo schiaffo di don Francesco Fiaschetti è rimasto sempre, in questo senso, uno stimolo fortissimo nella mia vita.

giovedì 10 marzo 2011

E la Lazio va: ultime sette, 14 punti!

Mentre altrove si fa clamore, in bene o in male, la Lazio, zitta zitta, ha ripreso la sua marcia, quella marcia dei due punti a partita che la porterebbe dritta dritta in Champions League.
Nelle ultime sette giornate, la Lazio ha infatti conquistato la bellezza di quattordici punti, frutto di quattro vittorie, due pareggi e una sola sconfitta, quella, stupidissima, di Cagliari.
La Lazio ha vinto con la Fiorentina, a Brescia, col Bari e col Palermo, ha pareggiato con Milan e Chievo, e ha perso in Sardegna. In sette giornate ha segnato otto gol e ne ha subiti soltanto due (Chievo, Cagliari), che è una specie di record. La Lazio segna poco, è vero, ma non subisce quasi niente e questo spiega il suo andamento sicuro.
Di quegli otto gol, tre sono di Kozak, due di Hernanes, due di Sculli e uno di Tata Gonzalez.
La marcia dei due punti a partita è esattamente quella che permise alla Lazio del finale di campionato scorso di rimontare sei posizioni di classifica, conquistando ben venti punti in dieci giornate.
Alla fine di questo torneo mancano appunto dieci giornate, e se questa Lazietta ripetesse se stessa dell'anno scorso, finirebbe con 71 punti in classifica e con la sicurezza di giocare il prossimo anno in Champions League, più in terza posizione che in quarta.
Dobbiamo cominciare bene con la Roma: è essenziale. Perché, nelle dieci partite finali dell'anno scorso, ne perdemmo soltanto due, appunto contro la Roma e quella "famigerata" contro l'Inter. Per il resto vincemmo con Cagliari, Siena, Bologna, Genoa, Livorno e Udinese, pareggiammo con Milan e Napoli, segnando 17 gol e subendone 11.
Quella era una Lazietta senza Hernanes. Segnarono 4 gol Floccari e Rocchi, 2 Lichtsteiner, 2 Dias, 1 Matuzalem, 1 Hitzlsperger, 1 Cruz , 1 Mauri. Nessun gol né Zarate né Kolarov, che erano i nostri campioni.
Abbiamo, come vedete, capacità di ripeterci. Questa è la Lazio di Reja, che non fa chiacchiere, ma fatti. Il calendario, grosso modo, è lo stesso, con Roma e Inter da affrontare, e anzi senza il Milan che abbiamo già affrontato.
Andiamo avanti così, un golletto alla volta, e con la rete di Muslera quasi inviolata.
Ma con una forza d'animo, una volontà, una coesione di gioco davvero ammirevoli.

mercoledì 9 marzo 2011

Vita di collegio: 7. La farina del mio sacco

Il mio primo insegnante d'italiano, in seminario, fu un giovane trinitario, padre Mario. Bravo e modesto, non abituato ai voli pindarici, ma piuttosto agli strafalcioni di ragazzi provenienti dalle scuole elementari di piccoli paesi ciociari.
In classe eravamo la solita dozzina. Padre Mario ci assegnò come primo compito in classe un temino facile facile: -Le mie vacanze- o qualcosa del genere.Si fece consegnare i quaderni sui quali avevamo svolto l'esercizio, e ce li riportò il giorno dopo.
Quale non fu il mio stupore nel vedere il giudizio che riguardava il mio lavoro: "Speriamo che sia farina del tuo sacco!"
Da qui le mie ire. Abituato agli elogi e al trattamento soft della mia cara maestra Concetta delle elementari di Acuto, vedermi sbattere in faccia quella sentenza mi scottò come aver ricevuto addosso una pentola d'acqua bollente.
Ma come! Io che ero stato sempre così bravo e ricco d'inventiva e di fantasia! Preso dalla rabbia, vergai un controgiudizio bruciante sul quaderno, che certamente mi sarebbe costato caro. Per fortuna trovai il modo di tagliarlo, mutilando la pagina,
e credo spiegando più mitemente che era mio motivo di onore lavorare sempre e con impegno con le mie proprie forze.
Tutto si concluse bene, perché in breve padre Mario, già al mio secondo compito, si convinse pienamente che lavoravo di mio, e da allora si fidò ciecamente di me.
Mi sono sempre portato dietro questa superbia di essere bravo nello scrivere, questa mia assoluta mancanza di umiltà, di capacità di accettare le critiche. Facendo così, mi toglievo volutamente la possibilità di sottopormi a un giudizio critico e di conseguente crescita, migliorando nei settori in cui ero indubbiamente acerbo e inconsapevole: le problematiche sociali, ad esempio. Avrei potuto affrontarle con visione più ampia e sistematica, senza lasciarmi andare alla fantasia libera di un'analisi sempre personalissima.
Infine questa mia superbia, non correlata con realtà fuori dal mio io, finiva con il limitare inesorabilmente il mio campo di analisi, sempre lasciato a uno sterile personalismo.
Così rifiutavo anche la possibilità di farmi consigliare e guidare nelle letture di libri e di saggi di esperti: ho sempre letto molto, e quasi mai ho seguito i consigli di altri nella scelta dei miei testi. Ho letto soltanto quello che mi piaceva, e non quello che mi sarebbe stato utile.
In questo senso, la farina è stata sempre del mio sacco, mentre mi sarebbe stato utile anche trovare da altri sacchi, magari anche quelli pieni di crusca. Sarebbe stato per me comunque un sicuro arricchimento.

martedì 8 marzo 2011

Roma e Lazio: qualcosa è cambiato!

Nelle nostre sensazioni, tra Roma e Lazio, qualcosa è cambiato rispetto al derby dell'andata.
Ci sembra che la Lazio, pur non essendo sicura al cento per cento dei suoi risultati, abbia una base in più rispetto alla Roma, che tecnicamente rimane almeno un livello al di sopra dei biancocelesti.
Ma la Lazio di Reja ha sicuramente imparato a gestirsi meglio della Roma di Ranieri-Montella, capace di grossi exploits ma anche di debacles incredibili, di rimonte subite con la facilità con cui si beve un bicchier d'acqua.
La Lazio non ha mai sofferto, quest'anno, di simili scompensi, perchè una maniglia sicura ce l'ha, a cui aggrapparsi: la forza della difesa. Muslera o Berni, Lichtsteiner o Scaloni, Dias o Stendardo, il dettaglio sembra quasi essere indifferente: di palloni nella rete laziale ne finiscono pochi, nemmeno uno a partita, mentre nella rete della Roma ne sono finiti ben sedici in più.
La Roma ha un grosso attacco e grandi attaccanti: Totti Vucinic Menez Adriano e soprattutto Borriello, centravanti della nazionale italiana. La Roma segna tanto, ma la difesa della Lazio appare in grado di contenere qualsiasi attacco, mentre la difesa giallorossa non appare in grado di fornire garanzie contro gli Sculli gli Zarate i
Kozak gli Hernanes i Floccari, che non presentano grandi cifre, ma sanno alternarsi con sagacia nel tabellino dei marcatori.
Prevedo un buon risultato per la Lazio, stavolta: già un pareggio manterrebbe inalterate le distanze, e ormai di gare, da qui al termine del campionato, ne mancano poche. La Lazio appare in grado di sapersi ben gestire per la conquista di un posto nella Champions League, anche perchè il Napoli non sembra più capace di snocciolare il doppio Cavani ogni santa domenica.

lunedì 7 marzo 2011

Vita di collegio -6- Dieci seminaristi, un solo prete

A questo proposito, noi ragazzi di Acuto abbiamo battuto ogni possibile primato. In un paese dove non esistevano le scuole medie, l'unica possibilità di acquisire una cultura superiore era quella di trascorrere quattro o cinque anni in seminario.
Esisteva anzi una norma. I migliori alunni usciti dalle scuole elementari avevano diritto a due posti nel seminario di Anagni. A me toccò insieme al mio amico Santino Pompili. Ma a due famiglie in particolare, i Pilozzi e gli Iadicicco, appartiene questo primato: sei figli i primi, quattro figli i secondi, tutti hanno passato la trafila del seminario, e soltanto uno, Angelino Pilozzi, ha raggiunto il sacerdozio, distinguendosi per umiltà, alto impegno morale e altissimo senso di giustizia sociale.
Don Angelo è tuttora vivo e operante, anche se molto anziano, e a lui va ovviamente la gratitudine delle due famiglie di Francesco Pilozzi e Domenico Iadicicco, legate da un vincolo di parentela.
I nostri, oltretutto, erano tempi piuttosto buoni per il sacerdozio. Ogni famiglia avrebbe voluto avere il suo sacerdote. Avere la vocazione era soltanto un "optional". Nessuno ti chiedeva se ce l'avessi veramente. Ma vi pare che un sacerdote severo e vigilante come don Giovanni Salina accettasse così disinvoltamente nel suo seminario ogni qualsiasi studente? Era costretto a farlo, nella speranza che tutto andasse bene. Lui "seminava" dieci e si accontentava di raccogliere anche uno. Questo assicurava almeno un nuovo sacerdote all'anno, in una diocesi piccola come quella di Anagni, che raggiungeva a stento gli ottantamila abitanti e poteva avere circa una cinquantina di parrocchie.
Se i miei calcoli sono giusti, nel corso degli anni si creava una sovrabbondanza di sacerdoti, e se si calcolavano anche i religiosi dei vari ordini, francescani, domenicani, agostiniani, gesuiti e via dicendo, per la cura delle anime non c'erano problemi e c'era una ricca disponibilità di missionari.
Man mano che si aprivano le scuole medie dell'obbligo, i seminari entravano in crisi. I candidati al sacerdozio, sia degli ordini secolari (provenienti dai seminari) sia degli ordini religiosi (provenienti dai conventi) sono diminuiti così rapidamente che la Chiesa ha dovuto correre ai ripari, riducendo il numero delle parrocchie e delle diocesi, e importando sacerdoti dalle terre una volta evangelizzate dai missionari (Africa, Asia e Sud America).
Fino agli anni Sessanta, comunque, i seminari sono stati fiorenti, e i pochi giovani che arrivavano al sacerdozio erano senza dubbio il risultato di una selezione molto ampia e severa.
Quanti nostri paesi, oggi, hanno un parroco paesano? Quasi nessuno. Molti hanno invece un parroco africano o sudamericano. Dall'Africa e dal Sud America molti ragazzi oggi entrano ancora nei seminari perché c'è fame e scarsa possibilità di studi superiori.
Una volta era frequente il fatto che un ragazzo andasse in seminario soltanto con l'idea di ottenere un titolo di studio. Oggi accade l'inverso: che un ragazzo, arrivato alla maturità o anche alla laurea, scopra all'improvviso una vera vocazione religiosa.
E' accaduto abbastanza di recente a un mio nipote, che, attesissimo nell'azienda paterna dopo aver acquisito il titolo di studio pertinente, ha scelto all'improvviso la via di un umile ordine religioso, dedicandosi con passione alla sua missione
sacra nella terra di San Francesco d'Assisi.

Tandem Milan-Inter - Lazio rimonta due punti al Napoli

Delle otto squadre in lotta per lo scudetto, La Champions League e l'Europa League, 5 hanno vinto - Milan, Inter, Lazio, Udinese e Roma -
1 ha pareggiato - Napoli - facendosi staccare di due punti
2 hanno perso - Juventus e Palermo - allontanandosi di tre punti secchi.
Conseguenze: Milan e Inter hanno rafforzato le loro due prime posizioni;
Lazio, Udinese e Roma hanno recuperato due punti al Napoli, nella corsa per il terzo posto Champions;

quote scudetto: Milan 60, Inter 35, Napoli 15;
quote Champions - oltre a Milan e Inter - Napoli 50, Lazio 30, Udinese 30, Roma 30;
quote Europa League: Lazio 80, Udinese 80, Roma 80, Juventus 20.

domenica 6 marzo 2011

Torna la Lazio:doppietta di Sculli e Zarate big

Ritorno sicuro della Lazio alla vittoria: due gol di Sculli nei primi 18 minuti, uno Zarate brillante dall'inizio alla fine, un terzo gol mancato da Stendardo nei minuti finali.
Questa partita la Lazio non l'ha neanche sudata tanto. Una volta sul 2-0 ha badato solo a controllare il gioco e il Palermo non è riuscito assolutamente a regire. Muslera ha corso qualche pericolo generico, ma se l'è cavata con un paio d'interventi nemmeno troppo difficili.
Gara pilotata magistralmente, con protagonisti i due uomini scelti da Reja per dar man forte a Floccari in avanti. Sculli e Zarate sono stati tra i migliori. Con loro Ledesma, suggeritore di entrambe le reti di Sculli. Buono il primo tempo di Hernanes, poi annebbiatosi nella ripresa e sostituito saggiamente da Bresciano, così come Gonzalez ha dato il cambio a Sculli nella ripresa, vivacizzando il gioco che si era parzialmente spento. Allarme per la vernice verde con cui vengono dipinte le zone d'erba ingiallite dell'Olimpico: Sculli, che è allergico, ha dovuto abbandonare il campo!
In difesa, Scaloni e Stendardo non sono stati impeccabili, ma alla fine hanno dato il loro buon contributo, affiancandosi meritoriamente ai soliti Biava e Radu. Con appena 23 gol subiti in 28 partite, questa difesa è seconda solo a quella del Milan e ci sta garantendo una buona classifica.
Infatti, il quarto posto per ora non lo molliamo, malgrado la grande Udinese che ci insidia. Ma abbiamo recuperato due punti al Napoli che non appare in questo momento al massimo della sua efficienza. Staremo a vedere, come c'è da tenere d'occhio la Roma, che domenica prossima dobbiamo tenere a bada nel derby.
Se lo prenderemo per il verso giusto, questo derby potrebbe anche farci un regalo importante.

Vita di collegio: 5. Le partite di pallone

Le vere partite di pallone, però, non erano tanto quelle sul piazzale della cattedrale,
consentite dal fatto che questa illustre chiesa del XII secolo si trova proprio al vertice di un colle separato dalla città di Anagni, quanto quelle che organizzavamo nel corso delle passeggiate primaverili, quando le giornate si allungavano.
La passeggiata, allora, si poteva prolungare anche per due ore, dalle 14 alle 16, e consentiva di allestire un campetto provisorio sulla strada di Acuto, dove non passavano mai macchine.
Ci disponevamo lungo una quarantina di metri, avendone dieci di larghezza. Ogni gruppo di collegiali, costituito da una classe, era formato da dodici ragazzi, che davano vita a due formazioni da sei. Una specie di calcetto. Scarpe normali, da passeggio. Ovviamente i calzoncini corti di sempre. Ma divertimento e passione supplivano a tutto.
I settanta seminaristi, dunque, si dividevano in cinque camerate di circa quattordici ragazzi, dalla prima media al quinto ginnasio. Ogni camerata era guidata dal suo prefetto, un giovane sacerdote appena sfornato dal grande Collegio Leoniano di Anagni, dove si completavano gli studi con tre anni di filosofia, corrispondenti al liceo classico, e con quattro anni di teologia, corrispondenti esattamente a un corso di laurea universitaria. I più bravi, a 23 anni, venivano consacrati sacerdoti e utilizzati come prefetti in seminario.
A pallone, però, si poteva giocare soltanto grazie alla comprensione di questi giovani sacerdoti, a noi particolarmente cari per la loro sensibilità e disponibilità. Ricordo con grande affetto il nostro, don Giuseppe Gessi, di Sgurgola, che dimostrò sempre nei nostri confronti amicizia, equilibrio e solidarietà.
Quando invece alle nostre passeggiate si univa il rettore, monsignor Giovanni Salina, che era decisamente più anziano e e severo, di pallone non si parlava neppure, bensì soltanto di problemi prevalentemente sociali e morali, e tutti dovevano adeguarsi alle circostanze. Ne guadagnavano sicuramente le nostre coscienze, e forse soprattutto le scarpe, che si risparmiavano le consuete rotture e deformazioni, alle quali poneva rimedio un calzolaio adibito esclusivamente a questo scopo, e che lavorava proficuamente proprio a ridosso del seminario.
O che seminario era, vi chiederete, dove si parlava solo di calcio, di passeggiate, di giochi e di ricreazione, e mai di religione?
Non è così. L'educazione religiosa veniva seguita minuziosamente. Ogni mattina alle 7 c'era la messa, in una cappella piccola e raccolta, con una ventina di lunghi banchi capaci di ospitare oltre cento persone, e noi eravamo al massimo ottanta. Sull'altare c'era una bellissima immagine dell'Immacolata, che si stampava nella nostra mente, e alla quale dedicavamo canti religiosi di una grande intensità e delicatezza.
Un padre spirituale e un padre confessore erano sempre a nostra disposizione per guidarci spiritualmente. Anche a sera, prima di cena, era prevista una funzione religiosa breve e intensa. Per la domenica e per le grandi feste erano previste prediche, sermoni, meditazioni, intensificati in tempo di quaresima.
Non c'è da stupirsi, quindi, se ragazzi di undici-diciotto anni, impegnati a lungo nello studio e nella preghiera, avessero poi bisogno di ampio sfogo nell'esercizio sportivo e nelle lunghe passeggiate.
Ogni dieci seminaristi, ne arrivava al sacerdozio in media uno. Di ottanta ragazzi, dunque, dopo un corso preparatorio di dodici anni, si poteva considerare una fortuna che almeno otto raggiungessero la consacrazione sacerdotale.
Però l'educazione del nostro seminario era così accurata ed equilibrata, che degli altri settanta raramente si è sentito parlar male nella vita sociale, e spesso invece si sono avute ottime risultanze culturali e morali.

sabato 5 marzo 2011

Lazio d'attacco: rilancio di Zarate!

Reja deve aver capito: una squadra che punta in alto non può giocare con un solo attaccante.
Rientra Floccari, Kozak si riaccomoda in panchina (ma pronto a saltar dentro al minimo accenno di rafreddore), la seconda punta, un po' decentrata, non può essere che Zarate. Allora bisogna rilanciarlo, con le debite istruzioni, ma sostanzialmente dando un po' via libera al suo "libero gioco".
Un minimo di protezione in più te la consente Sculli, per cui, in attesa che rientri il preziosissimo Mauri, ecco il sacrificio di un mastino come Brocchi o Gonzalez,
ed ecco, davanti al tandem Ledesma-Matuzalem, un duo Hernanes-Sculli che garantisce nello stesso tempo inventiva per l'attacco e protezione per il centrocampo.
Possibile, in assenza di Dias, una piccola rivoluzione anche dietro: Radu centrale - suo ruolo di nascita - accanto a Biava, e Lichtsteiner-Scaloni esterni, con l'argentino chiaramente rilanciato dalle buone prestazioni degli ultimi tempi. Il prossimo anno quel ruolo sarà di Ziegler, che fornisce ampie garanzie in coppia con il suo connazionale Lichtsteiner, coppia fissa della nazionale elvetica.
Arrriva il Palermo di Serse Cosmi, e fate attenzione: i rosanero cercheranno di vendicare un certo 0-7, per il quale Zamparini ha stampato apposta un foulard-ricordo per ogni singolo giocatore coinvolto nella più balorda prestazione calcistica dell'ultimo decennio.
Qua ci deve mettere le mani l'aquila Olimpia, e anche l'arrivo imminente della
"nostra primavera".
Aspettiamo una grossa prestazione di Maurito Zarate. I tifosi laziali gli vogliono sempre bene. In fondo quest'anno ha già segnato 4 gol, e se ne fa altrettanti la sua stagione sarà da salvare.Pensate a un bel gol decisivo nel derby di domenica prossima...

venerdì 4 marzo 2011

Vita di collegio: 4.La ricreazione

La nostra era una vita di studio e di preghiera, ma anche di ricreazione. Ne usufruivamo due o tre volte al giorno. La mattina c'era ricreazione fra mezzogiorno e l'una, cioè dopo quattro ore di lezione e prima dell'ora di pranzo.
Ce ne stavamo in camerata, dove, oltre alle file di lettini, c'era uno spazio con tavoli da ping pong e altri tavolini dove si poteva scrivere e giocare a dama.
Al ping pong dedicavamo molto tempo, organizzando veri e propri tornei di singolo e di doppio. All'inizio il nostro gioco era piuttosto poverello, ma poi piano piano si era scaltrito e ne uscivano fuori partite molto appassionanti.
Un secondo orario ricreativo era alle quattordici, dopo il pranzo. In genere ce ne andavamo a giocare al calcio nel grande piazzale sottostante al bellissimo campanile romanico, sul lato destro della cattedrale. Un lungo muretto recingeva tutto quel lato, per una trentina di metri: subito sotto c'era l'uliveto di un signorotto locale imparentato con dignitari ecclesiastici anagnini, e di fronte c'era un ampio panorama dei monti Ernici, con il mio caro paese di Acuto che dominava la scena e sembrava poco lontano da lì, forse tre o quattro chilometri in linea d'aria rispetto ai sedici che percorreva la strada costretta a costeggiare tutta l'ampia montagna di Porciano ("Portianum", da Marco Porcio Catone).
Questo scenario è magnificamente riprodotto in un romanzo del mio compaesano Patrizio Pilozzi, intitolato "Gli schiaffi di Anagni". Anche lui seminarista due o tre anni dopo di me, anche lui impegnato nel gioco del calcio nell'ampio cortile, e poi innamoratosi della bellissima e giovane figlia del signorotto che era proprietario
dell'oliveto sottostante.
La storia si ripete. Il buon Patrizio, scoperto per la sua cocente passione per la mitica Chiara, fu costretto a lasciare il seminario al termine del suo quarto anno.
Infatti il pallone, spesso spesso, finiva nel campo sottostante, e chi ce lo aveva spedito era costretto a saltare il muretto per andare a raccoglierlo. Lì Patrizio ebbe l'avventura d'incontrare Chiara, e fu la sua fine. O il suo inizio?
Dopo un'ora e mezza di gioco, alle quindici e trenta, si rientrava tutti nel salone dello studio, per restarvi fino all'ora di cena, cioè fino alle venti. Almeno quattro ore intense di preparazione alle lezioni del giorno successivo.
Ognuno di noi aveva un suo scrittoio con il piano inclinato e ribaltabile, e all'interno si riponevano libri, quaderni e vocabolari. Erano almeno una dozzina di file di scrittoi: questi erano sei per ogni fila, per un totale di oltre settanta studenti.
Il vasto salone era controllato da una cattedra doppia, dove vigilavano il vicerettore e un prefetto, che era un giovane sacerdote; in fondo al salone, una finestrella ad arco
si apriva dallo studio del rettore don Giovanni Salina, che ogni tanto l'apriva, o per vigilare se sentiva qualche rumore, oppure per chiedere qualche cortesia a uno dei seminaristi più anziani, che naturalmente erano piazzati nelle ultime file.
Una campanella, quanto mai attesa, segnalava alle venti l'inizio della cena, per la quale si scendeva compatti, in file silenziose, i due piani che ci separavano dal refettorio in fondo all'antico palazzo.