mercoledì 31 marzo 2010

Il bellissimo "Christus" di Cave

Uno degli spettacoli più belli a cui sia dato di assistere è certamente il "Christus" di Cave.
La sera del Venerdì Santo ( quest'anno il 2 aprile ), il paese si anima in maniera impressionante, seguendo una tradizione che si perde negli anni, forse nei secoli.
Nel "ferro di cavallo", la grande curva che la statale 155 per Fiuggi compie nel cuore della cittadina, partendo dalla piazza di Santa Maria per giungere, risalendo progressivamente, fino alla piazza di San Carlo, una popolazione di circa cinquecento "figuranti" dà il via a una sceneggiata di grande effetto.
Lo spettacolo ha inizio alle 20. Cavalli che scalpitano sul selciato;guerrieri romani con scudi, corazze, lance e spade; personaggi biblici con costumi coloratissimi - il tutto procurato con una spesa non indifferente, e il contributo dell'intero paese - sfilano lentamente, rappresentando personaggi del Vecchio e del Nuovo Testamento, accompagnati da canti popolari e da centinaia di torce, ceri e candele, con tantissima gente che assiste ai bordi della strada tagliata fuori dal traffico per almeno due ore.
Da Adamo ed Eva a Noè, a Mosè, da Giuditta e Oloferne a Davide e Golia, da Erode a Pilato, da Caifa a Barabba. E poi gli Apostoli, gli evangelisti, Cristo flagellato, Cristo piegato sotto la croce.
Le tre Marie, di Magdala, di Cleofa, e di Cristo: lei,la Madre che piange e si dispera.
Per due ore Cave si trasforma in una piccola Gerusalemme.
Lo scenario si conclude ai piedi della scalinata di San Carlo, un angolo adatto alla crocefissione e all'agonia, recitate con passione.
E poi il canto, il canto delle Pie Donne: qualcosa di magico, che commuove e richiama alla mente atmosfere antiche, tramandate da secoli, riecheggianti il Dies Irae di Tommaso da Celano e il Pianto della Madonna di Jacopone da Todi, familiare da queste parti, poiché Fra' Jacopone visse per anni prigioniero nella rocca di Palestrina sotto le mani spietate di Bonifacio VIII.
La gente accorre anche da paesi lontani molti chilometri. File lunghissime di macchine che si estendono alle estreme periferie di Cave. Vale la pena, però, questo sacrificio del traffico strozzato per due ore di attesa. Indimenticabili.

I mediani destri della Lazio

I centrocampisti della Lazio sono molto numerosi. Alcuni sono stati spediti altrove: Eliseu al Saragozza, Perpetuini al Crotone.
Vanno divisi in vari gruppi: difensivi di destra, difensivi di centro, difensivi di sinistra, offensivi di destra, offensivi di sinistra. Solo così si potrà fare un po' d'ordine fra i tanti: ne abbiamo contato fino a sedici.
Fra i mediani destri registriamo quattro nomi: Brocchi, Firmani, Dabo e Sevieri.
Cristian BROCCHI, 34 anni, milanese, è senza dubbio il più continuo e redditizio. Tecnicamente non brilla, ma il suo contributo di costante impegno lo offre sempre. E' un diesel che non si ferma mai. E' molto stimato dai compagni per l'aiuto che è sempre disposto a dare.
Ousmane DABO, 33 anni, francese, una lunga carriera, sei campionati nella Lazio, potente e aggressivo, un po' discontinuo anche a causa di vari infortuni. Quest'anno è stato piuttosto in ombra.
Fabio FIRMANI, 32 anni, romano, una carriera non fortunata. Cuore, impegno, costanza e dinamismo sono le sue doti migliori. Spesso trascurato, ha sempre trovato il modo di riemergere e di rendersi utile.
Federico SEVIERI, 18 anni, romano, promessa della Primavera, gioca in tutti i ruoli di centrocampo. Lo aspettiamo il prossimo campionato per la completa maturazione.
Un bilancio del ruolo: troppi anziani, serve un vero protagonista. Brocchi, infatti,non può garantire una totale copertura.
Il prossimo anno rientrerà Riccardo PERPETUINI, 19 anni, romano, maturato dall'esperienza nel Crotone. Dovremmo poter contare anche su di lui.


martedì 30 marzo 2010

I bambini ebrei - I miei ricordi - 23

Nell'inquieto clima di attesa della liberazione, i bambini delle famiglie ebraiche si erano inseriti tranquillamente con noi: giocavano insieme a noi, andavamo nei giardini pubblici insieme, e anzi neanche sapevamo che fossero ebrei. Li confondevamo benissimo con gli altri bambini delle famiglie sfollate, come era giusto che fosse.
Solo una volta ci accorgemmo che avevano qualcosa di diverso da noi, e non fu per la circoncisione, come vi verrà subito di pensare.
No, fu per la fame. Quella sì che poteva dare un motivo per riflettere.
Stavamo appunto giocando sotto i pini del giardino pubblico di Acuto, nella primavera del 1944. Le scuole erano chiuse, noi bambini non si faceva altro che giocare: che bella, quella vacanza prolungata.
Eravamo in circolo, seduti sull'erba che cresceva folta intorno alle piante di melograno selvatico. Tutti bambini e bambine dai cinque ai dodici anni. Qualcuno si era portato la merenda: due fette di pane con qualche magro companatico dentro.
A un tratto sentimmo un pianto dirotto. Una bambinetta di due o tre anni aveva scoperto una di quelle merende, e l'aveva addentata con evidente soddisfazione, frutto di un appetito a lungo represso. Ma la sua gioia durò poco: le arrivò un manrovescio improvviso da parte della sorella dodicenne, accompagnato da un grido quasi di orrore.
Ci voltammo sbalorditi: la bambinetta aveva addentato una fettina di salame, e la sorella maggiore gliela stava estraendo dalla bocca con un gesto di ribrezzo.
Noi non capivamo: che peccato era mangiare una fettina di salame? Avercelo anche noi...
Quel gesto rimase per noi un mistero. Era pericoloso spiegare che gli ebrei non possono mangiare carne di maiale, è vietato dalla loro religione. E, con i soldati tedeschi che erano in giro per il paese, era assai rischioso che si sospettasse la presenza di famiglie ebree.
Eravamo bambini ignari, ma qualcosa nell'aria ci consigliava di essere prudenti, di non riferire quel fatto neanche ai nostri genitori. Forse la bambina più grande ce lo chiese o ce lo fece capire. E per noi fu un gesto di amicizia e di amore mantenere quel segreto, sentirci complici e sensibili come veri amici.
Quelle famiglie ebraiche rimasero in Acuto fino alla fine della guerra, e nessuno le tradì. Vi ho già raccontato che perfino un dirigente locale del fascio, sor Lello il farmacista, ospitò una di queste famiglie per mesi e mesi, rischiando la vita.

E' primavera: la Lazio guadagna praterie

E' cominciata la primavera. In questi dieci giorni di primavera, dal 21 al 30 marzo, la Lazio si è svegliata: ha preso 7 punti sui 9 disponibili, ha staccato sempre più l'Atalanta, ha scavalcato l'Udinese, si sta accostando a Bologna e Catania.
Non possiamo ancora dire che sia salva, ma si sta salvando. E soprattutto si è ritrovata.
Osservatori acuti come Vincenzo D'Amico si sono espressi in questi termini: fino a dieci giorni fa la Lazio reggeva un tempo solo e camminava. Ora regge quasi tutta la partita, e si è messa a correre.
Questo implica una critica serrata ai metodi di preparazione di Ballardini, che quasi tutti gli osservatori giudicano in modo negativo, mentre il lavoro di Edy Reja viene stimato e considerato favorevolmente.
Si fa presto a dire notte quando ci sono le tenebre, e a dire giorno quando c'è la luce. I fatti parlano da soli.
A noi sembra che nella Lazio si sia come sciolto un groviglio a centrocampo. I giocatori prima si pestavano i piedi l'uno con l'altro, in pochi metri quadrati: oggi tutti hanno allungato il passo. Il primo a sciogliersi è stato Stephan Lichtsteiner, che ha ritrovato le sue praterie sulla destra.
Un altro che ha allungato sensibilmente il passo è stato l'altro Stefano, Mauri, che si è creato i suoi ampi spazi sulla sinistra. Stai a vedere che è proprio il nome, Stefano, a farli sciogliere?
Di Stefano, alla Lazio, ne abbiamo altri due: Radu, che ha sempre fatto il suo dovere, e l'altro è Makinwa: vogliamo provare a vedere se corre pure lui?
Scherzi a parte, ci sono almeno altri due giocatori che hanno ritrovato un gran bel passo: uno è Rocchi, che non ha più paura di proiettarsi in avanti come un dannato, e l'altro è Brocchi, uno che l'anima l'ha sempre buttata oltre l'ostacolo, ma ora riesce a mandarla un po' più lontano.
Insomma, è arrivata la primavera, e alla Lazio corrono tutti di più. Verrebbe da dire: il risveglio è arrivato troppo tardi, abbiamo sofferto troppo, e ora ci rimane troppo poco spazio per concludere in bellezza la nostra corsa.
Abbiamo scontato tutti i vecchi peccati. La Lazio si è rifatta una verginità. Non servirà a molto, per quest'anno, ma potrebbe servire molto per il prossimo. Speriamo che i tanti bravi giocatori che abbiamo non prendano altre vie, i tanti che promettono mantengano quello che fanno sperare ( Diakité e Radu soprattutto ), e che arrivi quel bravo Direttore Generale che ci aiuti a completare in modo degno la squadra, facendola diventare grande.

lunedì 29 marzo 2010

Classifiche di rendimento per Fantacalcio 31.ma

Portieri: Curci Julio Sergio Andujar
Difensori: Cassetti Maicon Burdisso
Juan P. Cannavaro Thiago Silva
Vargas Riise Campagnaro
Centrocampisti: Perrotta Lichtsteiner Felipe Melo
Pizzarro Nocerino Pazienza
De Rossi Mauri Pastore
Santana Liverani Menez
Attaccanti: Jovetic Quagliarella Vucinic
Toni Milito Gilardino
Miccoli Del Piero Lavezzi
Allenatori: Ranieri Delio Rossi Prandelli
Il podio della settimana è costituito dal palermitano Miccoli, autore di una tripletta, al primo posto; al secondo posto il formidabile centrocampista della Roma, Pizzarro; al terzo posto il fantasista fiorentino Jovetic.
Fra gli allenatori, la palma del migliore va senza dubbio a Claudio Ranieri, con il suo grandioso exploit di ventuno partite utili consecutive, e con l'incredibile rimonta di tredici punti nei confronti dell'Inter.

Il falò - I miei ricordi -22

Ricordo le tessere del fascio portate in piazza e bruciate, sotto le finestre della casa dell'ex podestà. Un falò di notevoli dimensioni, perchè la tessera del partito era in pratica obbligatoria per tutti. Fra tutte quelle tessere in fiamme io cercavo di riconoscere la foto di mio padre, e ogni tanto mi sembrava di averla individuata.
Mio padre era, sia di famiglia che di personale convinzione, piutosto orientato verso il socialismo, ma per amore di pace e per non creare problemi alla numerosa famiglia aveva aderito al P.N.F. Per Necessità Familiari, come si diceva sottovoce.
Comunque i falò e le manifestazioni di gioia, ad Acuto, furono ben presto soffocate: il podestà e il segretario del partito tornarono al loro posto, la sede fu riaperta, la sigla della Repubblica Sociale di Salò sostituì quella fino ad allora in auge, i tedeschi diedero man forte ai fascisti, e tutto tornò come prima, anzi, peggio di prima, perché comparvero le prime SS.
I mesi da ottobre al giugno successivo furono terribili. Mio fratello più grande, coi suoi ventun anni, si era dovuto dare alla macchia, ma l'avevano preso i tedeschi per le montagne di Cappadocia in Abruzzo. Per un miracolo era stato rilasciato, poiché uno zio paterno aveva potuto dimostrare che il ragazzo era estraneo a ogni organizzazione politica.
Proprio in quel periodo era morto mio padre, e per noi quel dolore riuscì a coprire ogni altra sventura e disperazione.
Gli zii di Roma si erano tutti rifugiati in paese con le loro famiglie, nella grande casa di nonna Livia, riempiendo tutti i tre piani. La sera, con le luci spente e le finestre tappate, si ascoltava Radio Londra.
Infatti uno zio aveva portato con sé una radiola molto efficiente; munito di una carta geografica, andava segnando a matita tutti i paesi liberati dagli alleati intorno a Cassino e poi via via più avanti, sulle strade verso Roma, quando il fronte fu finalmente spezzato.
Anche le famiglie degli zii erano ospiti della cantina in cui vivemmo col cuore palpitante di paura e di speranza la notte lunghissima che precedette il 4 giugno del 1944.
In quei mesi, infatti, la vita a Roma si era rarefatta, e la capitale si era in parte svuotata; nel bombardamento di San Lorenzo alcuni nostri compaesani erano morti o avevano avuto le case distrutte, come un nostro amico di 14 anni, Armandino, che ancora portava negli occhi la disperazione e l'orrore.
Per cancellarli, e neanche completamente, occorsero poi anni e anni di pace ritrovata e di ricostruzione fisica e morale.

domenica 28 marzo 2010

Abbiamo fatto un regalo al Milan: 1-1 al Meazza

Potevamo anche tentare di vincerla, questa partita, contro un Milan malridotto e male in gamba. Nel finale ci siamo accontentati di difendere l'1-1, per noi prezioso, per il Milan dannoso: il Diavolo ci ha lasciato la coda, e non potrà più lottare, o quasi, per lo scudetto.
Era cominciata con una grossa ingiustizia: quello su Ambrosini, al 18', non era un calcio di rigore, perché era stato il milanista a gettarsi addosso a Kolarov. E' stato il segnalinee Ayroldi a indurre l'arbitro Tagliavento a concedere la più ingiusta delle massime punizioni, trasformata da Borriello malgrado Muslera avesse intuito e sfiorato la traiettoria.
Ma la Lazio, forte sulle gambe e forte nella testa, si è rigettata all'assalto, e al 32' si è fatta giustizia da sola con Lichtsteiner che sfruttava un allungo di Mauri per far fuori Dida. Mai pareggio fu più meritato.
Una grande Lazio per tutto il primo tempo, rimessa a nuovo e portata sempre di più a credere in se stessa.
Nella ripresa il Milan ha colpito una clamorosa traversa a porta vuota con Antonini all'8', ma neanche stavolta gli uomini di Reja si sono lasciati impressionare e sono ripartiti con buona lena in avanti, con Rocchi e Zarate assai generosi e un Lichtsteiner che sembrava un'ala dei vecchi tempi, una specie di Garlaschelli, veloce e col piede ben calibrato.
A metà tempo il terzino brasiliano Dias, che già nel primo tempo aveva mancato una buonissima occasione al pari di Rocchi e Zarate, ha finito col gettare al vento il possibile e meritato 2-1 su cross di Kolarov.
Reja ha sostituito, negli ultimi venti minuti, Rocchi con Cruz, Zarate con Foggia e Lichtsteiner con Biava, e via via la Lazio si è tirata indietro preferendo difendere il pareggio. Il Milan però, con l'andare dei minuti, ha dimostrato di non potercela fare, ed è proprio nei quindici minuti finali, di fronte alla fiacca offensiva rossonera, che la Lazio non ha creduto in se stessa fino in fondo: attaccando con più decisione, avrebbe potuto portare a casa non uno, ma tre punti.
Ottima la prova di tutti i laziali, con Brocchi e Lichtsteiner un gradino più in alto degli altri.
Questa partita ha detto che la Lazio può salvarsi con calma e convinzione: abbiamo cinque punti in più dell'Atalanta a sette giornate dalla fine; l'Udinese è stata staccata di un punto, e siamo ad appena due punti da Catania e Bologna.
Ah, se ci fossimo svegliati un po' prima: avremmo potuto avere qualche soddisfazione in più. Ma guardiamo avanti, e non indietro: sabato arriva il Napoli, e batterlo sarebbe davvero una magnifica soddisfazione, e una Pasqua da ricordare.


sabato 27 marzo 2010

Commento di Milan-Lazio ore 23.15 - domani

Domani sera, al termine di Milan-Lazio, potrete leggere su Quilazio il commento alla partita, alle ore 23.15.
La Lazio non si presenta battuta in partenza, a San Siro, anche perché i rossoneri saranno costretti a presentare una formazione di emergenza, vista l'assenza di ben sette titolari: Ronaldinho, Nesta, Pirlo, Pato, Beckham, Bonera e Mancini.
La Lazio, al contrario, non solo si presenta al gran competo, confermando la squadra che ha vinto per 2-0 contro il Siena, ma può disporre anche di Floccari, che potrebbe entrare nel secondo tempo in sostituzione di uno tra Zarate e Rocchi.
Il nostro blog si augura di darvi ancora una volta buone notizie.

La maestra Concetta - I miei ricordi -21

Quell'anno (1944), forse per la prima volta ad Acuto, si realizzarono le classi miste, maschi e femmine insieme. La libertà, così, faceva il suo ingresso anche a scuola. Questo accadde quando la maestra, Concetta, molto aperta e generosa, mise insieme ragazzi di più classi per prepararli, gratuitamente, agli esami di ammissione alla scuola media.
Era un corso a cui accedevano solo volontari, poiché il passaggio alla media non era obbligatorio, e alcuni genitori preferivano che i propri figli rimanessero disponibili per i lavori agricoli già a undici anni.
Le bambine del corso si dimostrarono sveglie quanto, se non più, dei maschietti.
Così, nell'estate del 1945, avendo regolarizzato la preparazione senza "salti" e senza lacune, potei sostenere l'esame sempre al Nazareno di Roma, facendo una gran bella figura e dimostrando che i ragazzi di paese non erano meno svegli e preparati di
quelli di città.
Durante le lezioni normali, aperte a tutti, avevo come compagno di banco, nella prima fila a sinistra, un bambino sfollato da Roma, Riccardo, rimasto in paese anche dopo il passaggio degli alleati perchè la mamma, originaria di Acuto, era parente proprio della maestra Concetta.
Riccardo era un ragazzo dai capelli nerissimi e dagli occhi molto vivaci, ma soprattutto era un campione in disegno, un vero artista. La prima rivelazione la provai quando la maestra ci fece disegnare un presepe, e quello di Riccardo era davvero meraviglioso.
Intanto, in paese, la vita sociale si stava risvegliando. Si stavano formando i sindacati, si avevano le prime riunioni a sfondo politico. Ricordo che Lello il falegname, vecchio repubblicano storico, insegnò a un gruppo di bambini, fra i quali ero anch'io, l'Inno dell'Internazionale: "Su fratelli, su compagni,/ su venite in fitta schiera , / sulla libera bandiera / splende il sol dell'avvenir...
Riccardo fu incaricato di disegnare, su una bandiera rossa fiammeggiante, una meravigliosa spiga di grano, e la bandiera, credo dell'Associazione Agricoltori, sfilò in uno dei primi cortei.
Questo mi faceva ricordare, per contrasto, le riunioni del sabato fascista, e quella divisa di balilla nella quale mi sentivo a disagio, perchè non brillavo certo per virtù atletiche e guerriere, bensì soltanto per un certo spiritaccio selvaggio.
Mi faceva ricordare anche l'assalto alla sede del fascio il giorno stesso dell'8 settembre, quando la porta fu sfondata e tutti, bambini in testa, trafugarono qualcosa: un tavolino, una sedia, una lampada da tavolo, un libro, un piccolo scaffale, tra la disperazione del segretario della sezione, il vecchio Alfonso, che non credeva ai suoi occhi. Ma tutti volevamo avere un "souvenir" di quel regime durato più di vent'anni, non da tutti amato.

Lazio: I difensori sinistri

I difensori sinistri della Lazio sono quattro: Kolarov, Radu, Del Nero e Bonetto. Di essi, Radu si è ormai trasformato in un centrale: a sua detta, è in questo nuovo ruolo che si ritrova meglio. Perciò ne rimangono tre, e in pratica due, se si pensa che Bonetto è un giocatore laziale soltanto sulla carta.
Alexandar KOLAROV, serbo, 23 anni, considerato uno dei più forti difensori almeno sul piano della fisicità, della forza e del tiro, proverbiale per la sua potenza. Ha raccolto, nella Lazio, l'eredità di altri due grandi giocatori serbi, Sinisha Mihajlovic e Dejan Stankovic. Viene da chiedersi perché Lotito non insista su quel mercato, che per noi è stasto ricco di soddisfazioni. I serbi hanno uno dei migliori vivai europei, e noi della Lazio lo sappiamo benissimo.
Kolarov si è affermato anche a centrocampo; le sue avanzate fanno impressione. Particolarmente impressionata è l' Inter, decisa a farlo suo: ma anche la vecchia signora Juventus ha messo l'occhio su questo gioiello.
Simone DEL NERO, 28 anni, centrocampista alle origini, rende benissimo nel ruolo arretrato, e ogni volta che è stato utilizzato ha dimostrato di essere un punto di sicurezza. Ha classe naturale e senso della posizione: alla lontana ricorda il vecchio Favalli. Lo confermeremmo ad occhi chiusi per il prossimo campionato.
Due parole per Riccardo BONETTO, trentenne, una carriera laziale molto contrastata, sempre in contestazione e raramente utilizzato. Gli scade il contratto e potrà tentare fortuna altrove.
Il giovanissimo LUCIANI è stato chiamato più di una volta per qualche uscita in prima squadra, sia a destra che a sinistra. L'avvenire è suo.

venerdì 26 marzo 2010

Dieci punti per salvarci

Mancano otto giornate alla fine del torneo, e probabilmente, come ha fatto notare lo stesso Edy Reja, i punti necessari per la salvezza saranno più di quanti si potesse pensare.
Infatti le ultime squadre in classifica - Livorno a parte - si sono tutte messe a correre per cercare di salvarsi: l'Atalanta e lo stesso Siena stanno facendo miracoli.
Squadre come l'Udinese si stanno pericolosamente attardando, e rischiano di essere risucchiate.
Se prendiamo però in esame i risultati ottenuti da tutte queste squadre negli ultimi otto turni - gli stessi che mancano da qui alla fine - avremmo queste cifre: Catania 15 punti, Siena 12, Bologna, Udinese, Atalanta 11, Lazio 10, Livorno 3.
Se si continuasse allo stesso ritmo, avremmo questa classifica finale: 14. Catania a 50 - 15. Bologna a 46 - 16. Udinese a 43 - 17. Lazio a 42 - 18. Atalanta a 39 - 19. Siena a 37 - 20. Livorno a 27.
I nerazzurri atalantini riuscirebbero a limare un punto alla Lazio, ma non riuscirebbero a farcela. Il Siena rosicchierebbe due punti nei nostri confronti, ma neanche la squadra di Malesani ce la farebbe. Quanto ai livornesi di Cosmi, stanno viaggiando a ritmo così lento che ormai possono ritenersi spacciati.
Per arrivare a quota 42, la Lazio dovrebbe avere un ruolino buono, fatto di tre vittorie, un pareggio e quattro sconfitte. Dovremmo farcela, ma non è tanto semplice.
Dei nostri avversari, Inter, Roma, Milan e Napoli sono nettamente più forti, ma, a parte il Milan, dobbiamo tutti affrontarli all'Olimpico, e almeno al pareggio si può puntare.
Le altre quattro sono Bologna, Genoa, Livorno e Udinese: all'Olimpico solo quest'ultima.
Non è un calendario da riderci sopra, ma uniti ce la faremo.

giovedì 25 marzo 2010

Memmuccio - I miei ricordi - 20

Mio padre morì giovane, a soli 47 anni, e in modo del tutto inaspettato. Erano passati appena cinque mesi dall'arrivo degli alleati, la guerra si era spostata al nord, ma noi avevamo già riaperto le porte alla speranza, e piano piano la vita riprendeva.
Con lo spirito d'intraprendenza che contraddistingueva la sua famiglia di commercianti, che nel giro di due generazioni si era diramata dall'originaria Caserta via via verso il nord, Memmuccio, come lo chiamavano tutti con un diminutivo affettuoso, nel 1940 aveva concepito l'idea, piuttosto audace, di spingersi fino a Roma con un suo negozio di tessuti.
Vi era riuscito con un certo successo, e certamente puntava a trasferirsi al completo con la famiglia una volta che la guerra fosse finita. Il negozio era in via Marmorata, nei pressi della Piramide Cestia, non lontano quindi dal popolare quartiere di Testaccio.
Il negozio di Acuto invecchiava, bastava la gestione di mia madre a condurlo alla meglio, dati i tempi di magra e gli scaffali via via più vuoti. Mio padre tornava a casa ogni sera, e mi raccontava delle nuove amicizie che si stava facendo a Roma; in particolare mi parlava di un bambino mio coetaneo, otto o nove anni, che avrebbe voluto conoscermi. Ricordo bene questi racconti vicino al focolare, perché furono in pratica gli ultimi.
Quell'anno le scuole non si erano riaperte, e per me era un grosso dispiacere, perché amavo molto leggere e scrivere, stare insieme alla maestra e ai compagni. Avrei dovuto frequentare la quarta, ma il fronte di Cassino distava pochi chilometri, e i bombardamenti erano troppo frequenti perché la vita potesse svilupparsi in modo ordinato e funzionale.
I libri scolastici, sempre più brutti ed oscuri perfino nella carta e nella stampa, quell'anno non furono neanche distribuiti. Il mio fratellino più piccolo, Luciano, avrebbe dovuto frequentare la prima elementare, ma l'esordio veniva continuamente rinviato.
Allora io presi un quaderno, e in base ai ricordi degli anni scolastici precedenti ebbi la pretesa di vergare, con la matita e perfino con dei disegni, un personalissimo abbecedario "ad usum delphini", col quale avrei preteso di erudire mio fratello.
L'insuccesso fu cocente, sia perché Luciano si rifiutava di accettare un testo del genere, sia perché mio padre, che di solito era generoso di consensi nei confronti del mio iter scolastico, espresse qualche riserva sulla bontà del prodotto, facendomi notare, ad esempio, che le U maiuscole erano troppo strette nella parte alta.
Non ricordo bene come poi andò a finire, ma a un certo punto, forse dopo Natale, le scuole in qualche modo riaprirono, e sia io che mio fratello potemmo frequentare abbastanza regolarmente le nostre lezioni.
L'edificio scolastico, cannoneggiato sei mesi prima, era stato parzialmente recuperato, anche se da qualche tetto pioveva e si andava avanti con le bacinelle (continua).

Classifiche di rendimento per Fantacalcio 30.ma

Portieri: Andujar Curci Gillet
Difensori: Maicon Lichtsteiner De Silvestri
Thiago Motta Goian Terlizzi
Riise Peluso Silvestre
Centrocampisti: Jovetic Alvarez Conti
Padoin Meggiorini Palombo
Valdes C. Ledesma Almiron
Thiago Motta Pastore Asamoah
Attaccanti: Mascara Tiribocchi Cassano
Eto'o Barreto Maxi Lopez
Bojinov Baptista Cruz
Allenatori: Ranieri Guidolin Mourinho
N.B. Mancano i giocatori di Napoli-Juventus di stasera: aggiungere quelli che otterranno almeno la valutazione di 7. Il miglior giocatore della settimana è stato l'atalantino Valdes, seguito dall'interista Eto'o e dal catanese Mascara.

Classifiche di rendimento per Fantacalcio 30.ma




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mercoledì 24 marzo 2010

Grazie, Jardinero!

Grazie, Cruz! In vantaggio per 1-0 con un bel gol di Lichtsteiner, dopo un gran primo tempo vanificato dagli errori di Zarate e Rocchi, che hanno divorato più volte il 2-0, la Lazio stava subendo pericolosamente il ritorno del Siena, bella squadra, capace di mettere in campo ben cinque punte, Ghezzal, Maccarone, Larrondo più Reginaldo e Calajò, chiamati di rinforzo nella ripresa per cercar di raggiungere un preziosissimo pareggio.
Ma anche Reja ha fatto la mossa giusta: via Zarate, assai poco fortunato, e dentro Cruz. Non passano venti secondi, e il jardinero, con una magnifica rovesciata, infila Curci e ci regala un altro magico 2-0 dopo quello di Cagliari.
Tutto è bene quel che finisce bene. La Lazio ha conquistato sei punti in due sole partite, ma purtroppo li ha realizzati anche l'Atalanta, che resta incollata a quattro punti.
Però la Lazio è riuscita nell'intento di agganciare l'Udinese e di portarla in zona pericolo, dove corre più rischi di noi che ci stiamo rilanciando.
Due vittorie di fila le abbiamo ottenute una sola volta, ad agosto, contro Atalanta e Chievo, nelle prime due giornate di campionato.
Abbiamo rivisto in campo, con molto piacere, Cruz, Foggia (quanti applausi, dopo due mesi e mezzo dall'operazione al menisco) e il benemerito Baronio, che può sempre essere utile a centrocampo. Molto bella la partita di Mauri, che ha colpito anche una traversa, e del vigoroso Lichtsteiner, che ha giocato benissimo a centrocampo e ha il merito di aver schiodato la partita dopo appena sei minuti.
Ora il Siena dista ben 7 punti, e il Livorno 8: sarà difficile che possano raggiungerci nelle otto partite che restano da qui alla fine.
Pericolosa resta invece l'Atalanta, che attualmente appare in buona forma. Però ha un calendario più duro del nostro: quattro trasferte sui campi della Juventus, della Roma, dell'Inter e del Napoli, e quattro partite casalinghe col Siena, la Fiorentina, il Bologna e il Palermo, tutte squadre impegnate per le Coppe o per la salvezza.
Questi quattro punti di vantaggio non li butteremo al vento. Ora la Lazio ha ritrovato se stessa, e può guardare più verso l'alto che dietro alle sue spalle.
E domenica andiamo a Milano a vendere cara la pelle anche contro il Milan, che potrebbe addirittura veder sfumare le sue ultime speranze di scudetto.

Un parente inatteso -I miei ricordi -19

Dall'armistizio in poi si vissero momenti di panico e situazioni di grave disagio, come lo sfollamento delle popolazioni di Cassino e dintorni, per tutta l'invernata e la seguente primavera.
Di sfollati, ad Acuto, ne giunsero tanti, a centinaia, portando notizie di morte e soprattutto di violenze fisiche, come quelle delle truppe marocchine sulle donne di Ausonia, Esperia e altri centri del Lazio meridionale.
Fu proprio quest'ultima piaga ad essere la più dolorosa e la meno sopportabile. Tutto fu perdonato, ma questo no. Su queste violenze tutti la pensammo allo stesso modo, si fosse dalla parte dei vinti o da quella dei vincitori: si accettano le bombe, ma non le efferatezze dirette dell'uomo.
Uno sfollato giunse anche a casa nostra. Una sera tardi, saranno state le nove, sentimmo bussare con forza al battente del portone, e un gruppetto di paesani chiamò mio padre: - C'è qui giù un tuo parente...-
Il parente era un vecchio di oltre ottant'anni, zì 'Ntonio; veniva da Frosinone, assai sporco e malridotto, appoggiandosi penosamente a un bastone nodoso. Aveva percorso a piedi, in due giorni, i trenta chilometri di strada, quasi tutta in salita, fra mille rischi e pericoli, alimentandosi con pane secco e un po' di companatico che portava in una bisaccia. Zì 'Ntonio era un parente alla lontana, cugino di mio nonno paterno, e prima di arrivare da noi era certamente passato da altri parenti più stretti, che portavano il suo stesso cognome, e vivevano ad Alatri, una cittadina molto più vicina a Frosinone.
Evidentemente non avevano potuto accoglierlo, ed aveva dovuto proseguire ancora per venti chilometri. Noi eravamo già in nove, i due genitori e sette figli (solo il più grande, venti anni o poco più, si era disperso al ritorno da Gorizia, dove effettuava il servizio militare, e l'armistizio ne aveva fatto un partigiano ).
In casa i letti scarseggiavano, e zì 'Ntonio dovette adattarsi sul duro sofà della sala da pranzo. Ma fu un grosso problema rimettere in sesto il povero vecchio: mio padre, aiutato da un paio di amici, lo infilò in una grande bagnarola piena di acqua quasi bollente, lo strigliò vigorosamente, bruciò i panni pieni all'inverosimile d'insetti, poi lo cosparse di zolfo a cominciare dalla testa, lo rivestì di panni puliti rimediati in qualche modo, e cercò insomma di renderlo "cristiano".
Tentativo parzialmente riuscito. Il vecchietto, vispo e allegro di carattere, non impiegò molto tempo a riprendersi: vedovo da anni, e senza figli, era abituato alla solitudine e certo non si curava troppo, nella sua vecchia casa di Frosinone. Da noi trovò compagnia, vitto accettabile, pulizia, e tutte le sere l'immancabile quartino di vino all'osteria, dove tirava su il morale e dimenticava tutte le pene.
Con noi restò poi per alcuni anni, anche a guerra finita, raggiungendo e superando il traguardo dei novanta ( continua ).

Stasera, ore 23.15, commento di Lazio-Siena

Anche stasera, mercoledì 24 marzo, al termine di Lazio-Siena, il nostro blog Quilazio (cliccate così su Google ) vi fornirà con sollecitudine la cronaca e il commento della grande sfida Lazio-Siena, importantissima per la salvezza.
La Lazio, priva di Floccari, fruirà però del ritorno di Maurito Zarate, che ha promesso di "salvare la Lazio" con i suoi gol e i suoi assist.
Rientrerà anche Radu, e con lui sarà disponibile anche Firmani: entrambi hanno scontato il loro turno di squalifica.
Edy Reja probabilmente presenterà questa formazione: Muslera; Lichtsteiner, Dias, Stendardo, Radu; Brocchi, Ledesma, Kolarov; Mauri; Rocchi e Zarate. Anche Diakité, Firmani e Hitzlsperger hanno le loro chances di scendere in campo e di dare il loro contributo a quella che sarebbe una vittoria fondamentale.
Sugli spalti anche stavolta non meno di 40 mila spettatori, tutti compatti a tifare Lazio, in quella che sta diventando, finalmente, una bella armonia.
Non mancate, alle 23 (magari un quarto d'ora più tardi...), al nostro commento su Qui Lazio. Speriamo di darvi soltanto annotazioni positive.

Lotito ora cerca la lazialità

Claudio Lotito sta proprio cambiando. Ora sta cercando addirittura la lazialità.
Veniva accusato di aver fatto terra bruciata di tutti gli ex giocatori e dirigenti laziali che aveva trovato nella società. Accuse in gran parte vere. Come vera è stata la sua solitudine. A parte Tare e Manzini, chi altro accanto a lui?
L'arrivo di Ballardini, con tutta la sua équipe, aveva finito per accentuare l'impressione che volesse cambiare ancora di più, creando una zona d'isolamento attorno alla sua persona.
Visti i risultati, Lotito è maturato e ha deciso di cambiare.
Il segno della svolta è venuto con il nome del "cinghialotto di Blera", Angelo Peruzzi, per l'importante ruolo di Direttore Generale.
Peruzzi, che aveva lasciato la Lazio in maniera brusca, costringendo Lotito a procurarsi un altro portiere ( Carrizo...), attualmente è indisponibile perché fa parte della squadra di Lippi per il mondiale, ma a fine giugno potrebbe liberarsi, e in un primo contatto ufficioso ha fatto capire che non gli dispiacerebbe tornare alla Lazio in un ruolo così importante, che toglierebbe Lotito dal suo isolamento e permetterebbe ai giocatori di avere un tramite aperto e continuo con la loro presidenza.
Peruzzi finora non si è cimentato in nessuna campagna acquisti e non ha alcuna esperienza in materia. Perciò verrebbe affiancato da un esperto, e si fa il nome di Giorgio Perinetti, attuale direttore sportivo del Bari, che tornerebbe lui pure volentieri a Roma.
Perinetti di acquisti se ne intende.Basta vedere quanti bei giocatori sono arrivati in questi ultimi anni a Bari: Andrea Ranocchia, difensore rivelazione, che passerà al Milan; Andrea Masiello, terzino in piena esplosione; Leonardo Bonucci, centrale bravissimo ( di Viterbo come Peruzzi).
Un Perinetti alla Lazio, accanto a Peruzzi, costituirebbe una vera svolta. Perinetti è esperto scopritore di calciatori giovanissimi, e alla Lazio servirebbe come il pane.
Ora queste cose, e altre, Lotito sembra capirle. Forse a giugno, a salvezza raggiunta, potremo avere una società veramente rinnovata e rinforzata.

Segni di ripresa: Lazio batte anche Albano

Il tifoso laziale Davide Di Porto, all'Isola dei Famosi, personaggio proverbiale per la sua flemma, comincia a dare qualche segno di ripresa. Finora non ha mosso dito, sembra proprio un bronzo di Riace sul suo piedistallo.
Eppure, eppure...questo laziale è riuscito a eliminare Loredana Lecciso, la seconda moglie di Albano.
Ma che bella vittoria! Lazio batte Albano 1-0. Una vittoria di buon auspicio, perché subito dopo la Lazio è stata capace di vincere a Cagliari, bissando il 2-0 di Parma.
Ma torniamo all'Isola dei Famosi. Davide si ravviva un po' soltanto all'ora dei pasti, quando la sua parte la vuole intera e magari anche un pochino di più.
Ogni tanto, misteriosamente, scompare qualche pezzo di cocco, l'alimento base dei naufraghi. E talvolta Davide si apparta, e si mette a spaccare una quantità di noci di cocco, affermando poi che si tratta di frutti andati a male. Ma tutti lo guardano con occhio malevolo, mentre lui spergiura la sua innocenza.
Il figlio adottivo di Renato Zero, altro romano di razza, si ammazza di fatica e bestemmia come un turco. Invece Davide si muove il meno possibile, e va avanti come un rullo compressore senza alzare un sopracciglio. Tutto il contrario della Lazio, che deve spaccarsi per la fatica se vuole raccogliere qualche punticino prezioso.
A Davide, insegnagli un po' tu a 'sti giocatori laziali come si vince senza spezzarsi le reni.

martedì 23 marzo 2010

La strada per Fiuggi - I mei ricordi - 18

Per un paio di tornanti andò tutto bene: Margherita provò sollievo alle sue bolle. Ma fu poco più di un momento, perché l'anziana donna - a quei tempi, a sessant'anni si era quasi decrepiti - vista la velocità con cui procedeva l'automezzo, assalita all'improvvviso da un atroce dubbio, cominciò a urlare e a tempestare di pugni la parete della cabina, imponendo all'autista di fermarsi immediatamente e di farci scendere.
Il militare inglese, pazientemente, obbedì, facendosi un'idea di scarsa considerazione nei nostri confronti. Mi viene da pensare che, si fosse trattato di un soldato tedesco, ben difficilmente avremmo ricevuto un trattamento così delicato.
Le auto continuarono rapidamente la loro salita, e noi, a fatica, e fra i rinnovati lamenti di Margherita per i suoi poveri piedi, riprendemmo la strada sassosa. Dall'alto dei tornanti, gli autisti ci guardavano con disprezzo e forse ci rivolsero pure qualche gestaccio di scherno: non ne sono sicuro, ma posso dire che, nei loro panni, io non sarei riuscito a trattenerlo.
Ah, quella strada per Fiuggi! E per molti mesi dovemmo batterla ancora, perché il comodo trenino, che impiegava dieci minuti a compiere il tratto, tornò a funzionare più di un anno dopo, tanti erano stati i danni subìti dai mitragliamenti e dai bombardamenti.
Tranne quei quattro o cinque giorni del passaggio delle truppe alleate, quando anche per noi arrivarono le bombe, le cannonate e i mitragliamenti, la guerra ad Acuto si era avvertita più per i disagi nell'alimentazione e negli spostamenti che per altro.
Certo, le forze giovani erano state strappate e mandate al fronte, e le poche persone che lavoravano fuori dal paese avevano dovuto interrompere la loro attività: ma il piccolo centro abitato era dedito soprattutto all'agricoltura, alla pastorizia, a un modesto commercio ancora in qualche modo alimentabile, a minuscole botteghe artigianali e a un limitato numero d'impiegati comunali, sicché la vita di tutti i giorni poteva sembrare quasi normale.
La radio la possedevano in pochissimi, e i bollettini di guerra, dal '40 al '42, non gettavano ancora allarme tra la popolazione. Tutto cambiò solo con la caduta di Mussolini e con l'armistizio dell'8 settembre, sicché il dramma della guerra fu in pratica per noi una grossa bufera solo in quei dieci mesi.

Maurito per battere il Siena

Maurito Zarate ha scontato i due turni di squalifica, e domani sera rientra contro il Siena, in un incontro di estrema importanza, che può valere un intero campionato.
L'altra domenica, in curva Sud, nella drammatica partita contro il Bari, Zarate ha sofferto, si è coperto le mani dopo il rigore sbagliato da Kolarov, ma ha potuto toccare con mano quanto i tifosi della Lazio lo amino, e così non ha potuto fare a meno di gridare: - Lazio, ti salverò! -
Sì, ci vorranno i gol di Zarate per salvare questa Lazio, anche se a Cagliari Floccari e Rocchi ci hanno pensato loro con due splendide realizzazioni.
Ci vorranno i gol di Zarate, perché il Siena è un avversario veramente pericoloso. E' una squadra che ha preso una clamorosa rincorsa con il duo Mezzaroma-Malesani, e sta rinvenendo fortissimo alle spalle della Lazio. E' un avversario da tenere a bada, e perciò Maurito dovrà mettercela tutta, perché Sergio Floccari purtroppo dovrà prendersi un turno di riposo in seguito a una contrattura dei muscoli flessori della gamba sinistra.
Si ripresenta così il duo dell'anno scorso, Rocchi-Zarate, che con Delio Rossi costituiva una delle più efficaci e spettacolari linee d'attacco di tutta la serie A. L'anno scorso i due, insieme, segnarono qualcosa come 27 reti, di cui 22 in campionato più 5 in Coppa Italia. E questo, sebbene Rocchi fosse reduce dal brutto infortunio delle Olimpiadi in Cina, che ne condizionò fortemente il rendimento nella prima parte della stagione. Zarate era all'esordio, uno dei più esplosivi esordi di un giocatore negli ultimi decenni.
Aggiungiamo i 15 gol di Pandev - 9 in campionato e 6 nella Coppa - e rivedremo davanti ai nostri occhi un trio da favola, malgrado i remi in barca del macedone nel girone di ritorno. Ora c'è Floccari, e non è niente male, con le sue 6 reti - 5 in campionato e 1 in Coppa Italia - che da qui a fine campionato saranno sicuramente un bel po' di più.
Ma ora pensiamo al Siena. Ci vorranno forza e classe per piegarlo. La squadra di Malesani non perde da sei turni, avendo ottenuto tre vittorie e tre pareggi. Speriamo proprio di farcela, e di allontanare una volta per sempre lo spettro della retrocessione. Una mano la daranno anche Firmani e Radu, che rientrano a loro volta dal turno di squalifica.

lunedì 22 marzo 2010

Classifiche di rendimento per Fantacalcio 29.ma

Portieri: Curci Abbiati De Sanctis
Difensori: Grava Lucchini Zebina
Gastaldello Natali Thiago Silva
Bellini Campagnaro Kroldrup
Centrocampisti: Montolivo Valdes Flamini
Padoin Palombo Brocchi
Jovetic Nocerino Ledesma
Menez Pazienza Santana
Attaccanti: Cassano Babacar F.Inzaghi
Rocchi Toni Lavezzi
Vucinic Floccari Di Natale
Allenatori: Mazzarri Del Neri Reja

La mitragliata - I miei ricordi -17

Ma qui ci aspettava una brutta sorpresa. Sarà stato, presumo, il 6 /7 giugno 1944, cioè solo due o tre giorni dopo la liberazione di Acuto, avvenuta il 4, lo stesso giorno in cui fu liberata Roma.
Le truppe alleate stavano ancora risalendo dal fronte di Cassino, e di esse facevano parte anche i reparti francesi costituiti da marocchini , preceduti da una fama terribile di violenze perpetrate a spese delle donne di Ausonia e di altri paesi ciociari. Io e mia cugina Pina sentimmo da lontano un rumore ritmato di tamburi, e vedemmo sbucare una schiera di soldati neri, con vistosi turbanti sulla testa, e l'istinto ci spinse ad acquattarci dietro le siepi di rovo che abbondavano in quella zona. Vivemmo attimi di terrore, ma per fortuna il reparto sfilò in fretta davanti a noi, e solo quando lo vedemmo allontanarsi di un buon chilometro trovammo il coraggio di riprendere la via, sia pure col fiato sospeso.
Quella strada, del resto, neppure un mese prima, e quasi al medesimo tratto, ci era costata un'altra grossa paura, sempre a me e alla stessa cugina Pina. Stavolta eravamo andati, se ben ricordo, a raccogliere funghi o asparagi nel boschetto ai piedi della collina, dove allora c'era un minuscolo laghetto, poco più di una grossa pozzanghera di un centinaio di metri di diametro, poi prosciugatasi.
Sulla via del ritorno, quattro o cinque aerei americani sfrecciarono a tutta velocità, abbassandosi per mitragliare la strada: facemmo appena in tempo a gettarci fra i piccoli arbusti a ridosso della cunetta, e la buona sorte ci lasciò illesi.
L'accorciatoia per Fiuggi, una stradina sterrata costituita da cinque o sei tornanti non troppo ripidi, fu ancora lo scenario di un'altra nostra avventura forse un mese più tardi, quando la guerra si era spostata decisamente a nord di Roma, tra Firenze e l'Appennino tosco-emiliano.
Stavolta la camminata per Fiuggi avvenne in compagnia di mia sorella Amalia, coetanea di Pina; c'era sempre qualcosa da fare nella cittadina termale, più attrezzata del mio paese e con negozi di ogni genere.
Sulla strada del ritorno, incontrammo due compaesane, una giovane di trent'anni e sua madre sessantenne, Margherita, e ci unimmo a loro. La donna anziana camminava a fatica perché aveva delle bolle sotto la pianta dei piedi.
Passarono delle camionette militari inglesi, ciascuna con un solo pilota a bordo, e fummo costretti dalle lamentele della donna a chiedere un passaggio. Un giovane soldato si fermò alla nostra richiesta: " Noi salire qui!" urlava l'anziana signora vestita alla paesana, con una lunga guarnella nera. Non usò, veramente, il termine "salire", ma quello dialettale di "zzeccare". Comunque il soldato capì benissimo, e con un mezzo sorriso ci fece salire nella parte posteriore, che era separata dalla cabina di guida e quasi completamente ricoperta da un tendone (continua).

Quattro trasferte su sei partite

Magari non ce ne siamo resi conto: ma al povero Edy Reja è capitato, ai suoi esordi con la Lazio, un calendariaccio niente male. Infatti, dei sei incontri giocati a partire da Parma (14 febbraio), ben quattro sono state le trasferte ( Parma, Palermo Sampdoria Cagliari) contro due incontri casalinghi (Fiorentina e Bari). Un'impresa da far tremare i polsi.
Se andiamo a confrontare questa fetta di calendario con quella dell'andata, gestita da Ballardini, troviamo un abisso: quattro incontri casalinghi e due in trasferta, con il risultato di appena 3 punti, con Palermo e Sampdoria in casa e con la Fiorentina in trasferta. Per il resto, tre sconfitte ( Parma, Bari e Cagliari: solo col Bari in trasferta, le altre due all'Olimpico ). Eccco come stavamo precipitando in serie B.
Reja, invece, pure in mezzo a mille critiche, in queste sue sei partite ha tirato fuori ben 7 punti, una media più che accettabile per una squadra coinvolta nella lotta per non retrocedere. Se tenesse questa media fino alla fine del torneo, la Lazio conquisterebbe 10/11 punti nelle restanti nove partite, chiudendo a quota 40, cioè ben al sicuro.
Ancora: con Reja, in 6 partite, abbiamo segnato 7 gol, mentre con Ballardini ne avevamo messi a segno appena 3. Ve lo ricordate, quell'orrendo periodo di magra? Allora sì che la squadra era paralizzata!
Ma ora non andiamo al settimo cielo. Stiamo tranquilli e facciamo il nostro dovere, senza paura e senza eccessiva sicurezza. Non siamo né grandi né piccoli, ma una squadra normale. A diventare grandi ci penseremo il prossimo anno.

domenica 21 marzo 2010

Rocchi-Floccari: boom! boom! Lazio salva

Di questa vittoria della Lazio a Cagliari ci rimane nel cuore...il livore con cui Paolo Di Canio, nelle presentazioni alla TV, è riuscito a dire che si salva il Siena, lanciatissimo, e non si salva la Lazio, ormai allo sfascio. Vorrei tanto capire quale è la ragione intima da cui nasce questo livore, che i veri tifosi della Lazio non dimenticheranno mai.
Di questa vittoria ci piace il gusto fragoroso della vendetta che la Lazio è riuscita a prendersi sul presidente del Cagliari Massimo Cellino, il quale ha sprizzato odio per tutta la settimana contro Lotito, considerato un poco di buono perché gli aveva rubato dei soldi nell'affare Foggia, ripreso dalla Lazio senza restituire i soldi della comproprietà stabilita in patto amichevole senza niente di scritto. Per quattro soldi non si può sputare veleno su tutta una società e su tutta una tifoseria.
Di questa vittoria ci rimane la rabbiosa reazione di Rocchi che respinge il ritiro,
respinge lo psicologo, respinge la crisi, e segnando dopo appena 4 minuti ci spalanca le porte della salvezza.
Di questa vittoria ci rimane l'esultanza per il gol di Floccari al 37' del primo tempo: un gol che vale tutto un campionato. E ci rimane la gioia della sconfitta a Bergamo di quel Livorno di Cosmi, che sette giorni fa aveva esultato pensando che la Lazio si stesse scavando la fossa e che il Livorno ne avrebbe approfittato.
E così la rondine del 21 marzo, di San Benedetto, è veramente arrivata. E' arrivata la primavera. La scaramanzia del ritiro di Norcia ha funzionato. Avevamo scritto: -A Cagliari la Lazio di gol può farne uno e può farne anche due, con Floccari e Rocchi: ma poi sarà importante difenderli, quei due gol -
Così è successo. Vecchio Tommaso! Caro Sergio Floccari, che in poche partite ha saputo segnare ben cinque gol, dando un contributo sostanziale alla nostra salvezza.
Il Siena, vittorioso anche sul Bologna, sarà pericoloso quanto volete: lo vedremo subito subito,mercoledì all'Olimpico, e anche con un pareggio manterremmo i nostri quattro punti di vantaggio, e perciò noi guardiamo più volentieri davanti in classifica: l'Udinese è a soli due punti, e il Catania a tre, e noi dobbiamo riprenderle.
I quattro punti sul Siena dobbiamo difenderli, e mancano solo nove partite alla fine. Inoltre il Siena ha cinque trasferte da affrontare, e noi solo quattro. E le trasferte, ormai, dopo il 2-0 di Parma e di Cagliari, non ci fanno più paura.
E brava Lazio: ti abbiamo disprezzata, frustata, irrisa, umiliata, ma solo per vederti reagire e per vedere quanto valevi. Abbiamo perfino minacciato di diventare romanisti. La Lazio ha saputo reagire, e dimostrare che è ancora una squadra sana e forte.
A proposito: mercoledì all'Olimpico, per Lazio-Siena, rientra Maurito Zarate. Dopo i gol di Rocchi e Floccari, ora vogliamo vedere i suoi gol. E ancora 50 mila all'Olimpico per consacrare la nostra salvezza.
E che intanto Cellino ripaghi il biglietto agli spettatori dell'Amsicora, come aveva promesso alla vigilia, ritenendo scontata la vittoria del Cagliari sulla Lazio.

L'ispezione - I miei ricordi - 16

Gli Alleati, alloggiati all'ingresso del paese, avevano controllato tutte le case per assicurarsi che non vi fossero nascosti dei tedeschi o qualche miliziano non pentito. Mi ricordo che vennero anche a casa mia, portandosi dietro mio padre, e facendosi accompagnare per tutte le camere, rovistando ogni angolo. Giunti al balcone della nostra cameretta, videro una porta chiusa con un catenaccio scorrevole: era la soffitta, e mio padre non si era curato di aprirla per l'ispezione.
Con una certa durezza. allora, un soldato, certamente un italo-americano, prese a urlare in modo concitato: - Memmo! Memmo! che cosa ci combini? -
Allora mio padre, Domenico, che si era presentato col suo nomignolo, aprì la porta e lo fece salire per la breve scaletta che portava alla bassa soffitta sotto tetto, dove erano sistemati due cassoni per le nostre riserve di carbone. Rassicurato, il soldato batté la sua manona sulle spalle di mio padre: amici più di prima.
A proposito : mio padre venne nominato vice-sindaco qualche giorno dopo, nella prima sistemazione democratica che fu data al paese. Ma restò in carica sì e no quattro mesi, perché morì, come ho già ricordato, l'8 dicembre di quello stesso anno. In suo ricordo venne creato un piccolo "hot club" in quella che fu la prima sede comunale post-bellica, proprio nello stanzone che aveva ospitato la Sala del Fascio.
Intanto, in qualche modo, la vita riprendeva. Io, senza aver potuto frequentare la quinta elementare, decisi di fare il "salto" e di sostenere, verso la fine di quello stesso mese di giugno, gli esami di stato per l'ammissione alla scuola media presso il Collegio Nazareno di Roma.
Un passo più lungo della mia gamba, si sarebbe visto, poichè si trattava di un esame molto severo ed io avevo delle grosse lacune: non conoscevo, ad esempio, le coniugazioni dei verbi se non in modo sommario, e in matematica c'era una voragine non colmabile con una preparazione frettolosa da autodidatta.
Comunque, bisognava presentare i documenti e una carta bollata con foto autenticata per l'identità. Ad Acuto non c'era un fotografo, ed era necessario recarsi a Fiuggi a piedi: non aveva ancora ripreso a funzionare il trenino delle Vicinali, e macchine private non ce n'erano; oltretutto, non c'era benzina.
Fiuggi dista non più di quattro chilometri, se si utilizza una scorciatoia all'altezza di Colle Borano.
Una mia cugina di diciotto anni, Pina, doveva fare anch'essa delle fotografie, e così ci recammo insieme giù a Fiuggi Terme, proprio all'inizio del vialone d'ingresso, costeggiato da altissimi castagni.
Il fotografo Santesarti era bravo ed efficiente, e nel giro di due ore riuscì a consegnarci le foto-tessera. Io non avevo ancora dieci anni, ma ero un buon camminatore, sicché in breve risalimmo la collina e ci trovammo a Colle Borano, all'altezza del Fontanile. (continua).

Avremo un grande Direttore Generale

Avremo un Direttore Generale. Lotito si è convinto. Ha capito quale importanza può avere in una società un dirigente esperto e carismatico, vicino ai giocatori, tramite con la presidenza, capace nei meandri della burocrazia, oculato nella scelta dei rinforzi. Vi pare poco?
Persone di questo calibro sono rare. Ma Lotito, intenzionato a trovare un valido aiuto per non restare più solo, ne ha individuati ben tre, tutti di buona razza.
Il più giovane, forse il più amato dai giocatori, sarebbe Angelo Peruzzi, ma l'ex portierone biancoceleste , laziale di Blera ( Viterbo ), è purtroppo indisponibile fino a giugno inoltrato, facendo parte del clan di Claudio Lippi impegnato nei mondiali in Sudafrica. Ma la Lazio ha bisogno subito di questo dirigente, per cui di Peruzzi si dovrà riparlare più in là.
Un altro grande portiere ( ma allora non è vero che i portieri sono tutti matti...), Dino Zoff, più volte presente nelle vicende della Lazio dagli anni '80 in poi, è pure tenuto in alta considerazione da Lotito, e sarebbe la soluzione più prestigiosa. Vedremo se praticabile subito.
Per ora la prospettiva più completa sembra quella di Claudio Regalia, legato in tempi recenti al Bari, disposto ad assumere quelle che furono già le sue funzioni ai tempi del presidente Calleri e del -9 in classifica. Anche la soluzione Regalia è molto ben vista, perchè si tratta di uno che ha buon fiuto nelle campagne acquisti-vendite.
Chiunque dei tre venga alla Lazio, sarà una vera pietra angolare nel rafforzamento della società.

sabato 20 marzo 2010

Biava - Dias - Hitz : tre incognite

Quando ho sentito la probabile formazione della Lazio per la partita di domani a Cagliari, mi ha preso un mammatrone.
Porca miseria: ma Reja è impazzito! All'improvviso ti schiera tutti gli ultimi acquisti, anche se le loro prove finora sono state tutt'altro che entusiasmanti: Biava con Dias, e a centrocampo quel monumento di Hitzlsperger.
Va bene che Firmani, Radu e Zarate sono squalificati, va bene che Matuzalem si è rotto la caviglia, va bene che Siviglia non ce la fa, ma perchè mettere da parte gente come Stendardo e Diakité, perché non ricordarsi che a centrocampo esiste anche un Baronio?
Per me, se a Cagliari la formazione sarà quella annunciata, si va incontro a un suicidio vero e proprio.
Sembra quasi che il tecnico voglia dare ragione a Lotito riguardo ai nuovi: ma perché li ha comprati, se non servono a niente? Sarebbe bene invece dimostrare che valgono qualcosa.
Io me lo auguro, per il bene di Reja e per il bene di Lotito, ma soprattuttto per il bene della Lazio.
Mi auguro che Thomas Hitzlsperger ritorni all'improvviso il gigante della Nazionale di Germania.
Mi auguro che Dias rispolveri le sue credenziali brasiliane, che lo presentavano come un elemento valido e prestante.
Mi auguro anche che Biava si ricordi delle sue belle prestazioni con la maglia del Genoa.
Tutto ciò saprebbe davvero di miracolo: e solo di un miracolo la Lazio ha bisogno.
Stiamo raschiando il fondo del barile: questa è l'impressione che ci dà quest'ultima alzata d'ingegno di Reja.
Il Cagliari, in casa, mette sempre paura, anche se ultimamente sta dando segni di declino. La sua difesa comincia a fare acqua, come dimostrano i cinque gol presi a Genova domenica scorsa, di fronte ai rossoblù di Gasperini. Si è perso per strada il grande portiere Marchetti, tanto cercato dalle grandi società.
A noi basterebbe farne uno, di gol: Floccari e Rocchi possono farne anche due. Ma poi la difesa dovrebbe far miracoli per poterli difendere. E ci vorrebbe un Muslera disposto a farsi perdonare qualche papera recente.
Ma siamo sicuri che quella organizzata da Reja sia la difesa migliore?

Arrivano gli inglesi - I miei ricordi -15

Dalla balconata, completamente sfondata, di piazza San Nicola, il panorama era impressionante. Tutta la vallata del Sacco e le montagne vicine ricoperte di boschi, fumigavano per la gran quantità di cannonate subìte. Occorsero intere giornate perché il fumo si diradasse.
Dopo alcune ore, vedemmo giungere in avanscoperta due soldati inglesi muniti di grosse radiotrasmittenti, che cercavano i collegamenti con i reparti regolari.
Noi bambini ci accostammo senza timore: ci sembravano molto più umani dei soldati tedeschi con i quali avevamo avuto contatto fino al giorno prima.
- Call back! Call back|! - dicevano ripetutamente. - Rispondete! Rispondete! -
E poi arrivarono.
Il primo impatto fu gentile. Era un reparto inglese, e discretamente si accamparono alla periferia di Acuto, in un palazzone che il regime aveva realizzato per sistemarvi una grande colonia permanente di orfani romani curati dall'ONMI, la Maternità e Infanzia.
Gli Alleati vi posero le loro tende, e si presero cura anche dei bambini del paese, certamente malridotti, vestiti quasi di stracci, con le capigliature ispide e piene d'insetti.
I soldati inglesi contribuirono a dare a tutti una bella ripulita, curarono anche piccole ferite e sbucciature, disinfettarono, e poi rimandavano a casa i bambini offrendo loro caramelle, cioccolate, e qualche alimento in scatola.
La voce si sparse anche nelle case più lontane, e tutti i bambini accorrevano, ma quando arrivai anch'io forse le scorte erano finite, forse sbucciature e ferite non ne avevo, fatto sta che rimasi a mani vuote, insieme ad altri arrivati troppo tardi.
La piccola delusione fu presto riassorbita, tali e tante erano le novità nell'aria.
Conoscemmo i primi wurstel in scatola, ( "Sausage Vienne", recavano scritto i barattoli ), molto chiari, forse carne di maiale ma anche di pollo o di coniglio, con striature bianche forse di patate.
Comunque, erano abbastanza buoni: per noi, anzi, una manna. Molto meno buone erano le orribili polentine che si ricavavano da scatole di piselli in polvere : ma, accompagnate da pezzetti di pane duro, diventarono in qualche modo il nostro alimento base ( continua ).

A chi il parapsicologo? A noi!

Lotito glielo manda, i giocatori non lo vogliono.
A chi il parapsicologo? A noi! A noi tifosi che siamo veramente fuori della grazia di Dio, così incavolati neri da perdere la via della ragione.
A noi tifosi che passiamo le più nere domeniche della nostra vita.
A noi tifosi che durante la settimana viviamo tre giorni di coccolone, al quarto e al quinto ritroviamo un attimo di calma, al sesto ricarichiamo un po' le batterie, e poi al settimo ricadiamo puntualmente nella melma.
Sì, mandatelo a noi il parapsicologo, che abbiamo tanto bisogno di rimettere a posto le valvole.
O se no, sapete che vi dico, tifosi della Lazio?
Tutti compatti, tutti d'accordo, facciamo una bella conversione in massa, di quelle che si verificavano al tempo degli Apostoli. Facciamola, questa conversione: diventiamo tutti romanisti.
Lasciamo solo Lotito; lasciamoli soli sti str...aordinari giocatori. Lasciamo vuoto, ma proprio tutto vuoto, l'Olimpico.
Lasciamoli soli, come don Farcuccio alla commedia: co' 'na mano davanti e una de dietro.
Allora sì che li voglio vedere belli. Allora sì che forse metterebbero giudizio.
Ma sarebbe troppo tardi.

venerdì 19 marzo 2010

A Cave: Jazz in...Castagna

A Cave riparte la stagione dei concerti con la manifestazione "Jazz in...Castagna", che fa parte del Cave Festival 2010. Organizza l'associazione Casa delle Arti, e si svolge nello stabile dell'ex Cantinone di Piazza Santa Croce. Il patrocinio è della Regione Lazio, della Provincia di Roma e del Comune di Cave.
Si comincia domani, sabato 20 marzo, alle 17, con l'apertura di uno stand, breve presentazione e aperitivo. Alle 21.30 first session con "I Mostri" di Daniele Tittarelli; alle 22.45 sarà il turno in second session del Jazz trio di Maurizio Ajello.
La giornata di domenica 21 prevede in mattinata - ore 11 - un convegno sul tema "Territori d'Europa: legalità e sviluppo sostenibile", con la presentazione del libro "Mi chiamo Maurizio, sono un bravo ragazzo: ho ucciso ottanta persone". Partecipa l'autore del libro, Roberto Gugliotta,con l'intervento dell'europarlamentare Guido Milana, di Antonio Turri, responsabile di "Libera - contro le mafie" per il Lazio, e del sindaco di Cave Massimo Umbertini.
Alle 18.30 si apre lo stand - incontro con le associazioni e aperitivo. In serata: alle 21.30 first session live col quartetto di Alessandro Tomei; si chiude alle 22.45 con il trio Nunzi-Corvini.
Chi ben comincia...E bisogna dire che anche lo scenario sta diventando sempre più interessante, con le nascenti strutture del Teatro di Cave, magicamente inserito nel verde di Villa Clementi.

La signora ebrea - I mei ricordi - 14

La notte della liberazione di Acuto, per noi bambini, era trascorsa quasi nel divertimento. Ci eravamo sistemati, nella grotta, all'interno di enormi tini: Cherubina e il marito Filippo producevano del buon vino, ma a giugno tutti i contenitori della cantina erano perfettamente asciutti, e il legno ci manteneva caldi, anche se l'odore del vino era intenso.
Però dal nostro tino, dove ci eravamo sistemati in tre o quattro, fummo fatti sloggiare per ospitare una giovane signora ebrea in gravidanza avanzata.
Non erano poche, infatti, le famiglie ebree che si erano rifugiate nel mio pese. Una di esse era ospitata nella bella casa del farmacista, sor Lello, al quale poi non fu fatto alcuno sconto quando si fece un po' di epurazione per qualche piccolo "ras" locale del fascismo, e fu spedito per alcuni mesi nel campo di concentramento di Padula, nei pressi di Salerno. Nessuno si ricordò che sor Lello aveva sfidato i tedeschi e rischiato la pelle per quei suoi amici ebrei.
Quando, al mattino del 4 giugno, facendoci coraggio uno con l'altro, risalimmo gli scalini del vicolo e sbucammo sulla via principale, il paese ci sembrò semidistrutto dalle cannonate. Casa mia appariva intatta ( e infatti lo era ), ma le case vicine, in particolare quella prospiciente l'ampio spazio aperto di piazza San Nicola, erano assai malridotte, con i fianchi sgretolati e le pietre angolari divelte.
Finestre e tetti sfondati; vetri, tegole e frammenti di legno dei portoni e delle persiane ricoprivano tutte le strade.
Mi pianse il cuore soprattutto quando vidi il tetto squarciato della bella chiesa di Santa Maria, ricca di stucchi e di candelabri, tutti a terra ridotti in briciole: dall'enorme buco del soffitto in fondo alla navata piovve per molti mesi, finché non fu improvvisata una riparazione sommaria che servì a scongiurare guai peggiori.
Anche il grande edificio scolastico di due piani, emergente tra i pini del giardino pubblico, era stato colpito in pieno e ridotto al punto di non poter ospitare le classi per almeno tre anni.
Quando, a settembre - stiamo parlando sempre del 1944 - si tentò di riaprire la scuola, le lezioni vennero svolte all'aperto, così come si poteva, nei giardini della Colonia della Maternità e Infanzia ( continua ).

Ospizio Lazio

Ci sono giocatori, fra i 35 di Formello, che non hanno dato quasi nulla alla causa della Lazio. Ce ne sono altri che, dopo aver dato qualcosa, o anche tanto, sono stati accantonati e oggi hanno il ruolo di anime perdute, costrette soltanto a stare a guardare.
Insomma, non sono per niente 35 i giocatori su cui oggi la Lazio può contare, ma al massimo una ventina.
Del primo gruppo, quello degli "inutili", fanno parte: il portiere Bizzarri, i difensori Scaloni, Bonetto e Del Nero; i centrocampisti Dabo, Baronio, Manfredini, Hitzlsperger e Meghni; gli attaccanti Inzaghi, Foggia, Makinwa e Cruz.
Ad essi siamo costretti ad aggiungere Matuzalem, tagliato fuori da un grave infortunio.
Che fine ha fatto Baronio? Certo, quando è rientrato Ledesma, ha dovuto farsi da parte: ma come si fa a dire che Baronio non serve più a nulla, dopo tante buone prove fornite in avvio di campionato, quando sembrava che la Lazio si reggesse un bel po' per opera sua? Possibile che in qualche modo non riesca a trovare un po' di spazio? Nei suoi confronti mi sembra che ci sia un po' d'ingratitudine.
Un'altra anima in pena è Simone Inzaghi, spesso indisponibile fisicamente: ma anche quando è in salute, e magari nelle partitelle del giovedì fa gol a palate, non se lo fila proprio nessuno.
La medesima cosa si può dire di Del Nero, o peggio ancora di Foggia, per non parlare di Manfredini, ridotto al ruolo di ospite non tanto gradito. Infortuni o altro hanno fatto accantonare atleti di un certo valore.
Scaloni e Bonetto: chi li ha visti? Fantasmi anche loro. Ombre vaganti quasi nel nulla giocatori di ottima reputazione nel passato come Cruz e Hitzlsperger. Così pure Meghni, che sembrava dovesse avviarsi a una discreta affermazione, ma alla fine è ricaduto nel niente. E Bizzarri non era un eccellente portiere?
Ma che Lazio è questa? E' più che altro un ospizio. C'è una dispersione di capitale tecnico ed economico impressionante.
Alle spalle di tutto questo c'è sicuramente una cattiva gestione. Dallo staff così numeroso intorno a Ballardini si è passati al quasi abbandono. Il buon Crialesi, allenatore di riserva, fa quello che può, ma il materiale che gli lasciano tra le mani è zavorra fluttuante.
Quello che avevamo definito il gregge delle pecore nere di Formello si è trasformato pian piano in un ospizio di ex giocatori.

Lo psicologo? Non è roba per noi!

A Norcia, dove la squadra è stata in ritiro per tre giorni, da martedì sera a venerdì mattina, i giocatori della Lazio, in modo compatto, hanno rifiutato l'intervento dello psicologo Daniele Popolizio, noto per aver resuscitato la campionessa mondiale di nuoto Federica Pellegrini.
Il più deciso di tutti è apparso il capitano Tommaso Rocchi, il quale ha spiegato: - Siamo perfettamente consapevoli delle condizioni in cui ci troviamo. Non deve venire a dircelo nessuno. Contro il Bari abbiamo toccato veramente il fondo, ma sono stato io il primo ad affermare che abbiamo fatto schifo. E siamo altrettanto consapevoli che dobbiamo essere noi a reagire, a ritrovare la nostra strada. A Cagliari ce la metteremo tutta, e speriamo soltanto che la fortuna ci dia una piccolissima spinta -
Da parte nostra, comprendiamo la reazione orgogliosa di capitan Rocchi e di tutta la ciurma biancoceleste, evidentemente impaurita anche dal pericolo di andare a finire nelle barzellette dei cugini romanisti. Se non altro per questo, vorremmo davvero che i giocatori della Lazio reagissero in maniera decorosa, facendo vedere da oggi in poi quello che valgono, dopo aver più volte dimostrato che non valgono nulla.
Lotito interpreterà male questa presa di posizione della squadra?Non crediamo. Lui, chiamando lo psicologo al letto del malato, la volontà di cambiare qualcosa l'ha dimostrata, rischiando anche ulteriore impopolarità: però siamo convinti che le sue intenzioni erano buone. Speriamo ora che siano davvero buone le intenzioni di Rocchi and company.

giovedì 18 marzo 2010

I tedeschi se ne vanno I miei ricordi 13

La popolazione di Acuto si era rifugiata in massa nelle cantine, messe a disposizione dai proprietari per l'intero vicinato. Come si vede, nei momenti estremi ci si scorda di tutti i rancori e dei torti subìti.
La nostra famiglia trovò sistemazione nell'enorme cantina di Cherubina, che abitava in un vecchio palazzone del Seicento nel vicolo adiacente alla nostra casa; si chiamava Vicolo Gaudente, ma né allora né per molti anni ancora ebbe motivo di dar credito al suo nome.
Polveroni di calce, grossi blocchi di pietra delle case e delle strade d' intorno piombarono sul vicolo. Urla di paura si levarono dalla cantina, e molte donne invocarono a gran voce, un urlo disperato, il nome di San Maurizio, il patrono del paese, che guarda caso era un uomo di guerra, capo di una legione romana nel 303, decimata nelle persecuzioni di Diocleziano perché interamente cristiana. Il patrono si comportò bene, perché nell'intero paese, malgrado l'intenso cannoneggiamento, non ci fu nessun morto, tranne un contadino colto allo scoperto all'alba del 4 giugno da una delle ultimissime granate.
Nella notte, sentimmo i passi pesanti dei soldati tedeschi che si ritiravano marciando in perfetto ordine militare. Quando passarono davanti alla porta della nostra cantina, furono attimi di terrore. Ci pentimmo di esserci rifugiati nella grotta come stupidi topi.
Poi i passi cadenzati via via si andarono attenuando, lasciando posto a un silenzio sospeso fra la speranza, il dubbio e la crescente fiducia.
Era ormai l'alba quando la cantina si aprì dall'esterno grattando con difficoltà tra pietre e calcinacci, e un amico, Gigi il gelataio, abitante in una frazione appena fuori del paese, da dove si poteva controllare per intero la situazione strategica, si affacciò tutto felice e proclamò: - Coraggio, gente: da questa mattina non diremo più "ja!", ma diremo "yes!"( continua ).

Daniele nella fossa delle pecore

Lotito è corso ai ripari. Ha chiamato lo psicologo al capezzale della Lazio.
Scherzi a parte. Secondo me è una mossa niente male. La malattia della Lazio è infatti soprattutto una malattia psicologica, si chiama forse depressione da cattivi risultati, e come tale andava curata.
Così, nel ritiro di Norcia, è andato uno psicologo famoso, e resterà accanto alla squadra fino alla fine del campionato. Ha un nome ben conosciuto: si chiama Daniele Popolizio, ha curato, e bene, la campionessa di nuoto Federica Pellegrini, caduta anch'essa in depressione per la morte del suo allenatore, alla quale era molto legata. Veniva presa da attacchi di panico al momento di tuffarsi in piscina. Ne è guarita, ed è diventata campionessa del mondo.
Lotito, insomma, una volta tanto ha fatto la mossa giusta. La squadra dovrebbe giovarsi di questa mossa, e reagire in modo positivo.
Infatti, si è creata subito l'atmosfera del non mollare mai. Alexandar Kolarov, intervistato da un giornale serbo se preferisse passare alla Juventus o all'Inter (io non avrei dubbi...)ha risposto seccamente: - Lasciatemi in pace. Ora devo pensare solo alla Lazio e alla salvezza. Il resto non conta, e comunque si vedrà dopo -
Anche Tommaso Rocchi ha reagito, sia pure in forma diversa. Secondo lui il ritiro è inutile, e anzi finisce per innervosire ulteriormente l'ambiente. Lui è già molto nervoso, e ci ha colpito il suo mea culpa: - Facciamo veramente schifo -
Sono parole da depresso. Bene ha fatto dunque Lotito a portarsi dietro a Norcia l'illustre psicologo. E Rocchi, come si vede, ne aveva bisogno proprio di uno buono.
Lo psicologo si chiama Daniele. Daniele nella fossa dei leoni? Nel nostro caso, Daniele nella fossa delle pecore che devono tornare leoni.

Daniele nella fossa delle pecore

mercoledì 17 marzo 2010

Il mistero di Hitzlsperger

Ne avremmo tanto bisogno per il nostro centrocampo, specialmente ora che Matuzalem si è fratturato, Firmani è stato squalificato, e di Dabo sembrano essersi perse le tracce, sempre in preda ad infortuni e malesseri vari.
Avremmo tanto bisogno di Thomas Hitzlsperger, 28 anni, 51 volte nazionale tedesco, autore di tantissimi gol nel suo campionato e con la maglia bianca di Germania. Ma ci chiediamo chi lo abbia proposto alla Lazio, evidentemente in fase declinante per qualche misterioso motivo, dato che era ormai riserva nella sua quadra ed era stato da tempo escluso dalla nazionale.
Chi è stato quel saggio uomo che lo ha accettato e ritenuto valido per la Lazio, mentre era soltanto un bellissimo barattolo con una smagliante etichetta, ma completamente vuoto all'interno? Forse è stato lo stesso dirigente che ha respinto sdegnosamente quel Maxi Lopez ( a causa di quella biondona che si porta dietro e che fa parlare tanto di sé le cronache del gossip? ) ritenuto inadeguato per noi, ma che ci ha punito nell'incontro con il Catania all'Olimpico ( 0-1 , gol di Maxi ) e che nella squadra etnea sta segnando gol a ripetizione.
Invece noi ci teniamo il decorativo Hitzlsperger, che domenica scorsa ha patito una cocente umiliazione: quella di entrare in campo al 37' del primo tempo per sostituire l'infortunato Matuzalem, per essere poi sostituito a sua volta a metà ripresa, evidentemente perché ritenuto incapace di dare un sufficiente apporto alla sua squadra.
Va bene, la Lazio è tanto sfortunata. Ma è soprattutto vittima dell'incompetenza dei suoi dirigenti e dei suoi tecnici.

La Regina Elena - I miei ricordi 12

Gli ufficiali tedeschi si erano acquartierati nel Castello dei Conti Giannuzzi, che domina il centro di Acuto e ne controlla le entrate e le uscite. Però di loro non mi rimane che un'immagine sbiadita: ricordo solo in modo vivido i loro scintillanti stivaloni neri, che mi facevano un'enorme impressione.
La maestra Mirella forse era colpita dalla mia bravura nello scrivere, ma credo che amasse soprattutto la mia grafia, che era decisamente pulita e precisa. Ne approfittò per farmi scrivere una lettera indirizzata al Quirinale, che allora ospitava i Reali d'Italia, Vittorio Emanuele III ( re Pippetto ) e la Regina Elena di Montenegro.
Era la richiesta di una grande foto per farne un quadro da appendere in aula. Infatti la foto di lì a poco arrivò, in un enorme involucro di cartone a forma di tubo, ed ebbi l'impressione che ne derivasse un pizzico di prestigio sia per la maestra Mirella che per me.
Questo avvenne in seconda elementare, nel 1941, quando la guerra sembrava ancora lasciarci qualche speranza. La maestra, presa dall'entusiasmo, l'anno successivo volle realizzare il testo della canzone "Caro papà", e mi fece aprire la corrispondenza con un soldato al fronte, per incoraggiarlo e fargli sentire l'affetto di tutta la nostra scolaresca.
Il soldato ci mandò anche una foto, e del fatto parlò anche un giornaletto della zona, se ben ricordo. Quando la guerra finì, ricercammo Giorgio al suo paese sardo, Iglesias, ma non ci rispose. Né lui né alcuno della famiglia. Evidentemente, nel 1945, i problemi erano tanti e tanto diversi da quelli del 1942, e comunque la bolla dell'entusiasmo nazionalista si era sgonfiata, lasciando posto a ben altri motivi d'impegno e di lotta per la sopravvivenza.
Il mio paese, Acuto, rimase in pratica estraneo alle distruzioni della guerra fin quasi al giorno della liberazione, il 4 giugno 1944, quando fu cannoneggiato con una certa durezza dagli Alleati per assicurarsi che i tedeschi avessero sgomberato in modo definitivo. Le cannonate sibilarono ed esplosero per tutta la notte precedente (continua ).

martedì 16 marzo 2010

Matuzalem stagione finita

Povero Francelino: frattura della caviglia! Sembrava qualcosa di assai meno pesante quando, al 37' del primo tempo di Lazio-Bari, ha dovuto lasciare il campo ad Hitzlsperger.
In realtà, c'era la frattura del malleolo sinistro, per fortuna composta, per cui non dovrà subire intervento chirurgico: ma per riprendersi completamente e tornare in campo saranno necessari almeno due mesi.
Quindi, stagione finita, per lui. Alla Lazio mancherà il suo apporto intelligente a centrocampo.
Povero Matuzalem: a soli 29 anni, ha già alle spalle una lunghissima serie d'infortuni. Matuzalem ha giocato poco, nei suoi due anni alla Lazio: 32 presenze in due campionati, ma in biancoceleste ha vinto la Coppa Italia 2009 e la SuperCoppa contro l'Inter a Pechino, dove segnò la rete di apertura del 2-1.
Al giocatore brasiliano rivolgiamo comunque il nostro in bocca al lupo, nella speranza di rivederlo ad agosto nella Lazio...e in serie A.

Arriverà la rondine?

Norcia uguale San Benedetto.
San Benedetto la rondine sotto il tetto.
San Benedetto 21 marzo.
Domenica 21 marzo: Cagliari-Lazio.
Arriverà la rondine?
Arriverà la primavera?
Sarà primavera anche per la Lazio?
Non è una poesia. Neanche una prosa ritmica.E' una speranza. La speranza che a Cagliari la Lazio colga qualcosa d'importante per la sua permanenza in serie A.
Da martedì pomeriggio la Lazio è in ritiro a Norcia, patria di San Benedetto. San Benedetto è il santo del primo giorno di primavera.
San Benedetto ha creato l'eremo di Subiaco, famoso in tutto il mondo. Lì, dice la leggenda, mentre il Santo era in preghiera nel suo eremo sotto la roccia, inaccessibile a ogni creatura umana, un angelo gli calò dei viveri dentro un canestro.
Ecco, alla Lazio occorrerebbe tanto quel canestro di viveri miracoloso. Necessario per sopravvivere "per miracolo". Un canestro che potrebbe contenere - chissà - tre punti miracolosi colti a Cagliari domenica 21 marzo, giorno di San Benedetto, santo umbro di Norcia, ma soprattutto laziale di Subiaco, laziale di Monte Cassino.Un santo tutto laziale, che potrebbe farci un bel regalo.
Magari con i piedi di un giocatore laziale laziale, cioè del Lazio. Chi potrebbe essere?
Sfogliamo l'albo dei calciatori Panini e vediamo:Uruguay, Svizzera, Francia, Brasile, Serbia, Romania, Argentina, ancora Francia , ancora Brasile, ancora Francia - ma siamo a Parigi? - ancora Argentina , due tre quattro cinque volte - ma siamo a Buenos Aires ?
Però però...ci sono anche italiani: Palizzi Marina, Milano, Verolanuova, Monza, Napoli,Piacenza, Venezia, Firenze...
ma...ma...ma...non c'è neanche un laziale? un romano ?
Ce n'era uno: Lorenzo De Silvestri: ma ora è a Firenze, non è più laziale.
Vivaddio! Finalmente, proprio in fondo in fondo...ah sì, eccone uno: è lui! Si chiama Fabio Firmani. E' lui quello che dovrebbe fare il miracolo di San Benedetto a Cagliari. Un laziale per la Lazio.
Aiuto! Svegliatemi! Stavo sognando.
Infatti Firmani è stato squalificato. Dovrà pensarci chi è nato più vicino a Roma,il napoletano Guglielmo Stendardo.
Diavolo di un Lotito:ma dove li va a comprare, questi giocatori? Di tutte le parti sono, meno che laziali!

Arriverà la rondine?


Il pane tedesco - I miei ricordi 11

D'altra parte anche in chiesa si cantavano canzoni che testimoniavano un clima di timore e di tensione. Un inno religioso dedicato alla "Regina della Pace" non esitava ad esprimersi così: "Se per desìo non sazio / l'odio si fa più vivo, / porgi, colomba candida,/ il ramoscel d'ulivo/...l'umano sdegno tace./ Regina della pace...
Odio e paura erano ormai moneta circolante, anche se noi bambini non eravamo in grado di rendercene conto a pieno. I tedeschi erano arrivati anche lassù ad Acuto, un paesetto di montagna lontano dalle grandi strade di comunicazione.
C'era un centro di "sussistenza" tenuto, credo, da soldati prevalentemente polacchi (evidentemente coatti), addetti alla panificazione e ai rifornimenti alimentari per il fronte di Cassino. Realizzavano pagnotte quadrate, a forma, infatti, di "pain carré", della lunghezza di circa quaranta centimetri. Il colore era scuro, un miscuglio, probabilmente, di segala e di crusca, il sapore acidulo e sgradevole.L'unico vero pregio era che quel pane si conservava fresco per settimane intere.
Ma, quando i camion in partenza per il fronte stavano per prendere il via, si assisteva talvolta al coraggioso assalto della gente affamata, che faceva razzìa di quelle pagnotte nascondendole poi nelle cantine. Ho assistito anch'io con meraviglia a queste rapidissime azioni, consentite senza dubbio da qualche soldato polacco poco amante della sua divisa tedesca.
Ma una volta, per porre fine alla razzìa, arrivò uno squadrone di SS, con orribili divise nere , grosse catene e spaventosi bulldog a ispezionare le cantine, non soltanto in cerca del pane, ma per sequestrare tutto ciò che potesse essere utile, terrorizzando l'intero paese.
Un altro giorno, aerei alleati bombardarono un allevamento di cavalli tedeschi in un bosco prospiciente il laghetto di Colle Borano. Per l'intero paese l'episodio si trasformò in una occasione fortunata: dalla finestra della mia cucina potevo vedere gente che si trascinava faticosamente sotto quarti di cavallo ancora sanguinolenti, per portarli a casa e farne riserva alimentare, riducendoli a piccoli brani per affumicarli ed essiccarli. Chissà che non avessero la stessa origine le tanto desiderate "coppiette" di nonna Livia?

Quando una squadra va in B

Che succede, quando una squadra va in serie B?
Si dimezza subito il capitale sociale. Se in A vali 100, in B vali 50.
Cominciamo dal pubblico. Diventa subito la metà, se va bene. Non hai più né Inter né Milan, né Juventus né Fiorentina, né Napoli né Palermo, e soprattutto non hai più il derby.
Tutto si svaluta. Il giocatore che vale 20, se tu vai in B lo puoi vendere al massimo per 10: e sei costretto a venderlo, perché non avrai i soldi per pagargli un ingaggio adeguato.
Se la Lazio va in B, perde subito Zarate, Muslera, Kolarov, Ledesma e Floccari.
Ti rimangono i Diakité e i Siviglia, i Baronio e i Cruz, i Matuzalem e i Mauri, se ti va bene tieni anche Rocchi e Foggia, Berni e Radu, Firmani e Brocchi.
Poi ti arrivano all'Olimpico gli Albinoleffe e i Sassuolo, i Cittadella e i Gallipoli, i Crotone e i Piacenza. Il derby lo fai col Frosinone.
Per direttore tecnico? Va benissimo Tare. Per presidente? Va benissimo Lotito.
E il povero Lotito, con gli incassi dimezzati, con la TV che ti dà quattro soldi, senza più coppe né coppette, tutt'al più una rapida comparsata nei preliminari di Coppa Italia, come farà a pagare quei cinque milioni al mese da versare al fisco per debiti pregressi?
Ahi, ahi, ahi, che brutto cadere in serie B. Sconti tutte le colpe e tutti i peccati che hai commesso quando stavi in A e avevi lo stadio con almeno ventimila abbonati. Chi si abbonerebbe più per una squadretta di serie B, per vedere Lazio-Albinoleffe? Ti mangeresti le mani a ripensare quando incontravi le grandi, quando nelle tue file c'erano grossi giocatori, c'erano i Pandev e i Ledesma e tu ti permettevi il lusso di non farli giocare per mesi e mesi.
Ma cosa avevi per la testa, Lotito? Forse l'idea di sentirti padrone da solo, tutto solo, di un bellissimo giocattolo col quale potevi fare quel che ti pare. Hai creduto che la società fosse tua, almeno la società per azioni, e che potevi farci quel che volevi. Tua, infatti, era la società per azioni, ma non la Società Sportiva Lazio, patrimonio di un milione di tifosi laziali.
Ahi, ahi, Lotito: il bellissimo giocattolo, perdi una ruota oggi, perdi una pedivella domani, si è rotto e nessuno lo potrà riparare.
Ahi, Lotito: a forza di economizzare hai fatto seccare il pozzo. Ora dovrai riaprirne uno nuovo, piccolo piccolo, e vedrai sfumare quello 0,350 in borsa al quale tenevi tanto, piccolo capitalista senza capitale.
La Lazio si squaglia: ecco quello che accade quando una squadra va in B. C'è qualcuno che vuole comprarla, per pochi quattrini? Una società che va in B la puoi comprare anche per 50 milioni,con tutti i suoi 110 anni di storia gloriosa.

lunedì 15 marzo 2010

Canzoni di guerra - I miei ricordi - 10

Nell'autunno successivo ( 1943 ), le scuole elementari ad Acuto non riaprirono. C'era un clima di totale disarmo, con gli Alleati che erano sbarcati in Sicilia e progressivamente risalivano dal Sud, mentre, dopo l'euforia per la caduta di Mussolini e per l'armistizio dell'8 settembre, i fascisti e i nazisti avevano ripreso un disperato controllo del paese.
La sensazione era quella di una attesa che si protraeva dolorosamente, e nessuno aveva voglia di vivere come se si fosse nella normalità. Così il bell'edificio scolastico, vicino ai giardini pubblici, rimase chiuso anche se era integro: sarà colpito solo dalle cannonate alleate ai primi di giugno del 1944, cioè al momento della ritirata dei tedeschi e all'arrivo degli americani.
Io avevo appena concluso la quarta elementare. Avevamo maestri fissi, che ci prendevano dal primo anno e ci portavano fino al quinto.
La mia prima maestra era stata una suora, ma in seconda era stata cambiata. Era scoppiato un vero e proprio scandalo nel paese, perché la suorina, giovane e vivace, si era innamorata e aveva lasciato il velo. Al suo posto era subentrata Mirella, la figlia del mugnaio: era decisamente in gamba, ed aveva una sorella, Maria, che insegnava a mia cugina Maria Pia, mia coetanea,in un'altra classe parallela. Allora le classi erano rigorosamente maschili o femminili, e solo dopo la guerra si cominciarono a formare le classi miste.
Un giorno Mirella mi mandò a prendere il gesso per la lavagna nella classe dove insegnava la sorella Maria e dove sedeva a un banco in prima fila mia cugina. Io, che ero decisamente timido, aprii con una certa ansia la porta, e rimasi colpito dalle parole che vidi scritte sulla lavagna: " Caro papà, ti scrivo e la mia mano / quasi mi trema: lo comprendi, tu? / Son tanti giorni che mi sei lontano / e dove vivi non lo scrivi più..."
Erano le parole di una canzone di guerra, una di quelle che da quel momento ci vennero insegnate con una certa insistenza, e riempivano le lunghe ore di un insegnamento ansioso e fortemente indottrinato. La canzone, che parlava anche di un "orticello di guerra" che in effetti anche noi realizzammo, venne appresa da tutte le classi e cantata a ripetizione, insieme ad altre che parlavano di "malvagia Inghilterra", di "piogge di bombe", della "nostra vittoria" quando ormai la disfatta già si delineava minacciosa.

Classifiche di rendimento per Fantacalcio 28.ma

Portieri: Gillet Frey Mirante
Difensori: Alvarez A. Masiello Raggi
Gastaldello Bonucci Portanova
Odibe Britos Capuano
Centrocampisti: Larrondo Ambrosini Buscé
Seedorf Marco Rossi Perrotta
Milanetto Palombo Pizzarro
Almiron Ricchiuti Asamoah
Attaccanti: Martinez Sculli Jovetic
Maccarone Maxi Lopez Di Natale
Mascara Ronaldinho Del Piero
Allenatori: Mihajlovic Malesani Ventura

domenica 14 marzo 2010

Non vendiamo la pelle dell'orso prima che sia morto

Il Bari ci ha ucciso all'andata (lì cominciò la nostra crisi) e ci ha ucciso anche al ritorno, con lo stesso 0-2.
Aspettavamo che la Lazio riuscisse a farcela nella ripresa, ma sono arrivate in un solo quarto d'ora le mazzate di Almiron ed Alvarez.
Ed ora come la mettiamo? I tifosi sono accorsi con passione, hanno quasi riempito l'Olimpico, hanno dato l'anima: la squadra no.
Contavamo sulle nostre forze, e non ce l'abbiamo fatta. Contavamo sui nostri cugini a Livorno: ci hanno illuso e poi ci hanno deluso. Livorno e Siena, con due vere prodezze, hanno guadagnato un punto su di noi, e solo l'Atalanta è rimasta a terra come noi.
Ora abbiamo due soli punti di vantaggio sul Livorno, quattro su Siena e Atalanta.
Non tutto è perduto: anzi, se riusciamo a controllare i nostri nervi, se non sbagliamo i rigori come ha fatto Kolarov a venti minuti dalla fine facendosi parare il tiro da Gillet e gettando al vento le nostre speranze di rimonta, potremo ancora farcela. Siamo ancora noi in vantaggio sugli altri.
Mancano dieci incontri alla fine, giocheremo cinque volte in casa e cinque fuori, mentre il Livorno, che resta sempre il nostro competitore diretto, deve affrontare ben sei trasferte ed ha solo quattro incontri in casa. Il calendario, insomma, è favorevole a noi, e possiamo contare anche su un buon vantaggio nei confronti diretti con il 4-1 dell'andata. Però ci dobbiamo svegliare, voltare pagina, e mettercela tutta.
Che brutto rivedere i sedili bruciati, all'Olimpico, dopo la partita. E che pena, all'Isola dei Famosi, vedere il tifosissimo Davide Di Porto lasciar cadere le braccia quando ha saputo che la Lazio aveva perso. Simona Ventura l'ha incoraggiato, dicendo di essere convinta che la squadra biancoceleste ce la farà.
Vorremmo esserne convinti anche noi. Domenica andiamo a Cagliari, e bisogna avere proprio una grande fede per pensare che si possa strappare un punticino. Il Livorno giocherà in casa di un'Atalanta che si giocherà tutto, mentre il Siena ospiterà il Bologna ed ha buone possibilità.
Ma il vero nodo risolutivo si avrà solo tre giorni dopo, mercoledì 24 marzo all'Olimpico con Lazio-Siena. Vincendo questo incontro, le cose potranno mettersi ancora bene. Ma ci vorrà una Lazio veramente quadrata, decisa a vendere cara la sua pelle.
Ma non vendiamo la pelle dell'orso prima che l'orso sia morto.
Stendiamo un velo pietoso sulla partita col Bari, di cui ricorderemo solo le grandi parate di Gillet, oltre a quella sul rigore di Kolarov.
Grave l'uscita dal campo di Matuzalem al 37' del primo tempo, sostituito da un Hitzlsperger fuori fase; inutili gli innesti di Cruz e Mauri nel finale: era ormai troppo tardi.
Non è invece troppo tardi per darsi una svegliata, per tornare a crederci, per mettercela tutta. La ruota della Fortuna ha ancora il tempo di compiere un altro giro.

Gli sfollati - I miei ricordi -9

Un anno, d'estate, credo fosse il 1943, giunsero da nonna Livia, ad Acuto, un nugolo di nipoti provenienti da Roma, sfollati per la guerra. Una di essi, di tre anni più grande di me, si trattenne più a lungo degli altri, e tra di noi si creò una grande amicizia.
Marisa era una bella ragazzina, dai lunghi capelli neri, sempre allegra e sorridente. Figlia di zia Agnese e di zio Peppino, frequentava la prima media alla scuola "Ruggero Bonghi" a Colle Oppio, dove è la Domus Aurea di Nerone. Studiava tedesco, allora era la lingua straniera preferita per via dell'Alleanza Italia-Germania e dell'Asse Ro-ber-to, Roma-Berlino-Tokio.
Lei volle che imparassi qualche parola di tedesco, e si mise a fare la maestrina. Ricordo ancora qualche verbo ( sono passati più di sessant'anni...): Ich bin, du bist...qualche mozzicone di parola: tintenfass, himmel, l'inchiostro, la luna...ein, zwei...e quella declinazione dell'articolo: dem die das. che mi sembrava una vera stranezza. Io facevo appena la quarta elementare, ma la nostra scuola di paese era stata chiusa per la guerra, e chissà quando avrebbe riaperto.
Marisa era una vera cavallona, e non si fermava mai. Raccontava battute e barzellette, con l'aria un po' saputa della ragazzina romana che di mondo ne aveva visto un bel po' più di noi ragazzini di paese.
Io mi affezionai a lei, e mi ricordo che poi, per mesi e mesi, ci scrivemmo lettere piene di racconti delle nostre reciproche giornate, e così tenevamo vivo il contatto.
Ogni tanto, sapendo che mi piaceva leggere, mi mandava qualche libro per ragazzi della casa editrice Salani. Ricordo dei titoli: Il mulino sulla Floss, Pattini d'argento, Sussi e Biribissi, e altri ancora.
Quando venne il momento di separarci, alla fine dell'estate (probabilmente gli Alleati ci avevano già liberati ), per me fu un momento davvero doloroso. Sapendo che la mattina dopo sarebbe partita, per l'intera notte non riuscii a dormire, e provavo una pena intensa. Poi pian piano me ne feci una ragione, e sfogavo il mio sentimento con quelle lunghe lettere.
Nell'appartamento a fianco di mia cugina, in Via Merulana, c'era una signora toscana molto simpatica, che era loro amica: la signora Chiappi. Marisa le fece leggere una mia lettera, e le piacque molto, sicché poi voleva leggerle tutte.
La signora Chiappi, ricordo, era dotata di uno schietto umorismo toscano. Aveva in casa una gallina, Dorotea ( strano: ricordo benisimo il nome della gallina, ma non quello della signora Chiappi ), che accudiva con amore come fosse una figliuola, e non si sognò mai di tirarle il collo benché fossero tempi di fame intensa. O forse perché le faceva qualche uovo, altrettanto prezioso? Meglio un uovo oggi che la gallina domani.
Quando la guerra fu passata, io potei andare a Roma un paio di volte. E una di queste fu quando, nell'estate del 1945, venni operato di appendicite nella clinica Ciancarelli in Viale Manzoni, esattamente lo stesso giorno e nello stesso luogo in cui veniva operata , sempre di appendicite, la mia carissima "cuginetta Marisa". Che curiosa combinazione! (continua ).

Sugli spalti con Maurito

Buon giorno, laziali! Oggi è giornata di fede; tutti sugli spalti dell'Olimpico, insieme a Maurito Zarate, per accompagnare i 95 minuti di Lazio-Bari, la partita della nostra auspicata salvezza.
Chi ha ancora un po' di fede laziale venga a dimostrarla, oggi, al Foro Italico. Nessuno spazio deve essere lasciato vuoto. Nessun grido deve essere lasciato nella nostra strozza, ma deve trovare libero sfogo. Chiamiamoli per nome, uno per uno, quei diciotto giocatori che stanno rappresentando, sul campo e sulla panchina, il prolungamento della nostra storia.
C'è Muslera, che veniva dato in dubbio. C'è Lichtsteiner, che rientra nel suo vecchio posto e oggi ha voglia di farsi tante praterie. Ci sono Radu e Stendardo, pronti a darsi una mano al centro dell'area, con un Dias rimesso a nuovo deciso a dare il suo sostegno dalla panchina o dal campo quando sia.
Poi c'è Ledesma che vuole esibire le sue fresche energie, col coraggioso Brocchi a scavallargli lì vicino per tamponare le iniziative dei galletti baresi. E davanti a loro un Kolarov che sta preparando il suo cannone per qualche bordata paurosa.
Alle soglie dell'area avversaria ecco un Mauri e un Matuzalem dalle rinverdite idee di proposte offensive per i nostri cecchini, Floccari e Rocchi, un duetto tutto italiano che oggi sente di avere finalmente le polveri asciutte.
E Reja, dalla panchina, che li sospinge in avanti, ma che non perde di vista anche la misura del controllo dell'avversario, a evitare rischi e pericoli.
Ma oggi è la nostra giornata. Dobbiamo crederci! E, con la radiolina all'orecchio, seguiremo minuto per minuto anche quello che faranno i nostri cari cugini giallorossi, che se vogliono davvero sperare di riacciuffare l'Inter non possono che mettercela tutta e tornare vittoriosi, facendoci un regalo non da nulla.
I conti li faremo alle cinque: e siamo fiduciosi che quadreranno.




sabato 13 marzo 2010

Ma chi li ha terrorizzati?

Edy Reja, alla vigilia di Lazio-Bari, se n'è uscito con una dichiarazione che ci ha lasciati col fiato sospeso: -Questi ragazzi hanno paura, sono come paralizzati, non riescono ad esprimere il loro vero valore -
Una dichiarazione così ci fa riflettere: ma chi li ha terrorizzati questi ragazzi? Dov'è più l'estro brillante di Zarate, il dinamismo travolgente di Rocchi, la fantasia creativa di Matuzalem, i suggerimenti puntuali di Mauri, le galoppate sfrenate di Lichtsteiner? Perfino Floccari, venuto fresco fresco da Genova, ha cominciato a non incidere più tanto come nelle prime uscite laziali.
Basta, non vogliamo affondare di più il coltello nella piaga. Se questi ragazzi hanno paura, ci sarà pure qualcosa o qualcuno che gliel'ha messa. Senza voler accusare esplicitamente la precedente gestione tecnica, o magari lo staff dirigenziale, può essere stato benissimo il terrore di una situazione nuova come l'incombente pericolo di retrocessione, un fantasma che ha preso corpo strada facendo senza che nessuno l'avesse preavvertito.
La Lazio, oggi, può apparire come un ricco turista che, ospite in un albergo di lusso della Malaysia, si sia venuto a trovare coinvolto in un violento tsunami. Una squadra che vince la SuperCoppa contro la fantastica Inter di Mourinho, non può all'improvviso trovarsi a fare i conti con il misero pareggio strappato a una delle concorrenti per la salvezza.
Non puntiamo perciò l'indice accusatore né contro Ballardini né contro Lotito, come verrebbe facile fare, malgrado abbiano commesso formidabili errori che non staremo qui a ricordare per la novantesima volta. Sono le circostanze, il soffitto che ti crolla addosso all'improvviso, il terreno che ti frana sotto i piedi senza che nessuno lo abbia potuto prevedere, a gettarti l'animo nel panico, a crearti angosce improvvise.
Edy Reja non è un guru, non ha bacchette magiche, ma ha capito che il suo primo compito, per niente facile, è quello di rasserenare gli animi e di riportarli alla calma e alla fiducia in se stessi.
Questo, però, non succede in un giorno. Ci vuole un po' di tempo. Ma speriamo che domani, contro il Bari, si comincino a vedere i primi segni di riconquistata serenità.

Le "coppiette" - I miei ricordi - 8

Nonna Livia, infatti, visti i tempi di forzata parsimonia alimentare, specialmente in fatto di carni, si era creata una riserva niente male di...carne secca di cavallo, le cosiddette "coppiette", lunghe e sottili strisce di carne piegate in due e appese in alto, pendenti dal soffitto, ad essiccarsi fino a divenire dure come il cuoio, ma dal sapore (per noi ) gustoso.
Proprio sul lettone della nonna ce n'era una grande quantità. Ma il soffitto era alto, come in tutte le vecchie case di Acuto, e noi eravamo poco più di un "frucco di cacio". Però ci ingegnavamo: quelle belle "coppiette" lì le avevamo adocchiate da un pezzo, e non escludo che facessero parte anche dei nostri sogni, e comunque dei nostri pensieri. Così balzavamo tutti e tre sul lettone, e cominciavamo a saltare ripetutamente, finché non si creava un buon rimbalzo: protendendo al massimo le mani, qualcuno di noi riusciva ad afferrare ogni tanto una "coppietta", e potersela mettere sotto i denti costituiva una vera goduria.
In genere era Maria Luigia, più grande di due anni, e anche più vispetta, a conquistare la preda agognata. Ma poi ne faceva equamente parte con tutti. Anche per condividere la responsabilità quando, fatalmente, la cosa non sarebbe più passata inosservata a nonna Livia.
Lei, forse, faceva finta di nulla. Però una mattina , dopo che la porta di casa si era chiusa col solito rumore secco, la sentimmo riaprire, e la nonna, che aveva dimenticato non so se il velo o il rosario, rientrò in camera da letto: noi ci eravamo già ricacciati sotto le lenzuola, ma le cordicelle da cui pendevano le coppiette ancora ondeggiavano.
Insomma, eravamo stati colti in flagrante, o quasi. Però lei volle essere generosa, e non disse nulla. Solo quando, un'ora dopo, rientrò dalla messa, alla quale immancabilmente si recava ogni benedetto giorno, mentre noi ci stavamo già alzando disse: - Queste coppiette mi pare che siano diminuite un bel po'...
L'unica scusa che ci venne in mente fu di chiamare in campo i topi, di cui ogni tanto si sentiva nella notte la corsa furtiva fra le travi o sui pavimenti delle stanze soprastanti, da tanti anni spopolate. Che però i topi potessero saltare al di sotto del soffitto era decisamente improbabile, ma la cosa finì lì.
Nonna Livia, comunque, ogni tanto ci dava spontaneamente qualche bella "coppietta", anche come premio della compagnia che le facevamo ( nemmeno tanto malvolentieri, come si sarà capito). Questa era la nostra infanzia, semplice, povera e felice ( continua ).

venerdì 12 marzo 2010

Lotito dice che nun c'ha quatrini

Lotito dice che nun c'ha quatrini,
pe' qquesto compra solo li bbidoni:
semo lazziali, e dunque semo bboni,
ma stanchi d'esse presi pe' ccretini.

A sor Claudio, lo sai cosa volemo?
'Na squadra vera, fatta de campioni.
Pe' qquesto tira fora li mijoni
e tte pregamo de nun fa' lo scemo.

Pe' ttutti l'eroracci combinati
t'ha' da fa' consija' da quarcheduno
ch'er pallone lo magna pe' ddavero.

Compra campioni che sso' già affermati,
nno' quelli conosciuti da nissuno:
e scusa 'sto discorso ch'è sincero.



I difensori destri della Lazio

Dopo la partenza di De Silvestri, grande realtà del nostro vivaio gettata al vento (regalato alla Fiorentina per 3 milioni di euro ), i difensori destri della Lazio sono tre: Lichtsteiner, Biava e Scaloni. Diakité, spesso utilizzato in questo ruolo, in realtà è da considerarsi tecnicamente un difensore centrale.
LICHTSTEINER, di nome Stephan, anni 26, terzino della Nazionale Svizzera, un fisico da granatiere e discrete capacità tecniche, è stato uno degli acquisti riusciti di Lotito. E' esploso l'anno scorso, e quest'anno sarebbe diventato un vero punto di forza della squadra se Ballardini non lo avesse tenuto in penombra per molto tempo. Ora finalmente si sta riprendendo, e in questo finale di stagione, rilanciato da Reja, potrebbe ritrovare definitivamente la via della completa affermazione.
Giuseppe BIAVA, anni 32, nel Genoa aveva una buona reputazione di difensore coriaceo e costante nel rendimento. Posto in vendita prima che gli scadesse il contratto, è venuto a cercare fortuna nella Lazio, ma è capitato in un momentaccio. Fosse stato nettamente più forte degli altri difensori laziali, avrebbe certamente trovato un posto fisso, ma in realtà deve contendere una maglia con antagonisti di pari valore, e deve limitarsi al ruolo di prima riserva. In dubbio la sua conferma per il prossimo anno.
Lionel SCALONI, anni 31, nazionalità argentina, in verità non ha mai trovato un vero spazio. Viene utilizzato solo in situazioni di estrema emergenza, e qualche buona partita l'ha giocata solo in Europa League, tipo il 4-0 di Sofia. Difficilmente verrà confermato il prossimo anno, essendo in scadenza di contratto, ma in qualche squadra di secondo piano della A potrebbe ancora trovare spazio, malgrado la sua staticità.
Tra i giovani sembrava in via di affermazione il ventenne LUCIANI, ma quest'anno è rimasto nell'ombra, anche se ha le capacità per riemergere in vista del prossimo campionato.