Oggi, su qualche guida di Acuto, il Vicolo Gaudente viene presentato come un punto caratteristico, pieno di memorie medioevali.
La mia casa, in via Vittorio Emanuele 30, si affacciava dal lato destro proprio su Vicolo Gaudente, contribuendo all'interesse dei visitatori con un suo terrazzo molto originale, un muretto perforato con rosoni a losanghe di cemento, che molti forestieri si fermavano a guardare ammirati. In realtà, era solo una struttura moderna.
Ma nel vicolo Gaudente c'era ben altro. Proprio di fronte a noi c'era la casa seicentesca di Cherubina e di Filippo, ultimi discendenti di una famiglia cardinalizia.La casa, di due piani, si apriva sugli scalini del vicolo con ampie cantine, che in autunno emanavano i profumi della vendemmia e del mosto, da cui nasceva un vino molto pregiato.
Il vicolo, piuttosto ampio, è tutto in discesa, e dopo quella di Cherubina c'era un'altra antica costruzione a tre piani, con un grande portone. Mentre Cherubina sfoggiava modernità come la radio aperta a tutto volume su notiziari di guerra o musichette leggere, dalle finestre dell'altro palazzo arrivavano ondate di musica classica, ben eseguite al pianoforte da una ragazza misteriosa, Plautilla, che non usciva quasi mai e colloquiava spesso con Beethoven e Chopin. Io mi affacciavo ogni volta dal mio terrazzo a sentirla, affascinato.
Plautilla faceva parte di una famiglia aristocratica, e aveva un'altra sorella, Ada, più pratica e alla mano, che sposerà più tardi il segretario comunale, Odoardo.
La casa di Plautilla concludeva praticamente il vicolo sul lato sinistro. La cosa misteriosa, per noi, era, proprio in fondo al vicolo, a livello stradale, un foro stretto e lungo nel cemento, di circa un metro di larghezza e venti centimetri di altezza, chiamato biforio, forse perchè la struttura si ripeteva poi al di là, un mezzo metro oltre: qui le acque piovane trovavano il loro sfogo verso la valle, tra rocce e cespugli, come accadeva per tutti gli altri vicoli in discesa.
Infatti, sul lato opposto della strada principale, c'erano i vicoli in salita, quelli del Colle e della Piazza della Corte, dove nel lontano passato si eseguiva la pena di morte.
Questi vicoli in salita erano più importanti, ma meno pittoreschi, perchè non avevano sfogo sulla vallata.
Risalendo il Vicolo Gaudente dal lato destro, si incontravano altre abitazioni assai originali. La casa di Silvia, madre del nostro amico Luigino, aveva un atrio ampio ed oscuro, con un portone sempre aperto, e sfociava su un giardino luminoso.
Più in alto c'era la casa di sor Lello il farmacista, il cui portone viceversa era sempre chiuso, ma era dotata anch'essa di un fiorente giardino.
Ancora più in alto, un'ampia arcata ogivale si apriva su due o tre porte di case più povere, mentre l'ultima porta immetteva in un'osteria molto frequentata.
Al piano superiore c'era il Vignale, una specie di galleria formata da due arcate, di fronte alle quali si aprivano le abitazioni.
Il vicolo degrada ancora oggi su una cinquantina di metri di dislivello, ma per tutti quei cinquanta metri le abitazioni si accumulavano l'una sull'altra, in un'unica struttura evidentemente molto robusta, in quanto basata sulla roccia, e resistente anche ai terremoti, se a memoria d'uomo non è andata mai distrutta.
L'ultima casa in alto era proprio la mia, ma a mio padre, che la ristrutturò intorno al 1920, venne imposto l'obbligo di non alzarla oltre, perché avrebbe posto a rischio la stabilità dell'intero nucleo abitativo (continua).
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