Quello di Acuto è un cimitero tutto speciale. Sorge sul cucuzzolo di una montagna , esattamente come il paese che gli rimane al di sotto, con un panorama davvero straordinario.
Dalla sommità del Calvario si può vedere mezzo mondo, e in certe mattine limpide si vede anche il mare, nei punti in cui comincia e finisce il profilo dei Castelli Romani, e poi sulla sinistra la meravigliosa vallata del Sacco, da Anagni fino a Frosinone, interrotta dalla boscosa montagna di Porciano.
Oggi, appena arrivi sulla strada che fronteggia il paese sulla destra, un'enorme pietra appena sbozzata mostra una figura di Madre dolorosa: ma sul cancello del cimitero non la solita scritta lugubre, non il solito teschio con le ossa incrociate, ma una sola parola che promette ancora un futuro, e un futuro bello: "Resurrecturis", a voi che risorgerete.
Mi piace, il cimitero di Acuto. E' preceduto da un piccolo parco della rimembranza,
dove decine di piccole querce ricordano, portandone il nome, i soldati del paese morti nella prima guerra mondiale. E lassù in alto una piccola cappella luminosa e aperta, da dove una rapida scaletta porta al centro del luogo sacro.
Vialetti, aiuole, piccole cappelle, anche quella che era della mia famiglia ed ora è rimasta soltanto quella dei figli di Vito, il primogenito. Lì dentro ci sono - o ci sono stati - tutti i nostri morti fino al 1990. Poi gli altri figli hanno dovuto trovare altrove, lontano, le loro ultime dimore.
C'è una parte tutta nuova, nel cimitero, con strutture molto più alte e robuste. Un mio collega romano, Compagnoni, militante allora nelle file del PCI, mi ha rivelato che questa struttura a semicerchio si è ispirata alla falce e martello quando era sindaco un ingegnere di sinistra, Pio Pilozzi, mio lontano cugino, e che dall'alto è possibile averne l'immediata percezione.
La cosa mi sembra un po' strana, ma non impossibile: quella falce e quel martello, simboli del lavoro, possono benissimo essere la testimonianza di tantissime vite dedite a una missione che ci accomuna tutti su questa terra, e ci nobilita.
Sarà la sua posizione dominante sulla linea sconfinata dell'orizzonte, sarà la visione sorridente e quasi festosa del paese sottostante, sarà anche il ricordo che nei prati rivolti verso Roma qui l'estate venivano a fare i bagni di sole molti ragazzi e ragazze, trascorrendo ore spensierate, sta di fatto che questo cimitero di Acuto non mi dà per nulla l'idea della morte, e non mi ha mai indotto al pianto, anche se vi hanno trovato riposo mio padre e mia madre, tre fratelli, ed altri parenti a me cari.
Il suono della campanella sulla vetta del camposanto è un suono chiaro, sereno, quasi allegro se non fosse per il rispetto dovuto al luogo. Qui la mia memoria non trova assolutamente tristezza, ma un senso di pace e di concordia fra passato, presente e avvenire.
A questo cimitero è legata anche l'antica leggenda di un uomo impazzito per amore, Dario, che per decenni aspettò l'arrivo della sua amata su una tomba vuota, fermandosi a colloquio con essa. Anni fa ne fu composto, dal musicista Mario Gangi, un bel disco (in vinile),con arie e recitativi molto struggenti. Questo disco veniva dato in omaggio ai clienti dei negozi sotto la galleria del Tritone che ospitava anche il Momento Sera (continua).
Nessun commento:
Posta un commento