Degli altri zii, Pasquale era quello più vicino a noi, in quanto non aveva figli, mentre mio padre ne aveva forse qualcuno di troppo. A zio Pasquale piaceva molto leggere, era il più colto dei fratelli, e aveva simpatia per me proprio perché anch'io amavo molto la lettura.
Nell'estate del 1943, proprio nel colmo della guerra, mi fece da padrino per la Cresima: erano tempi veramente cupi, non poté farmi nemmeno il tradizionale regalo del "compare", e rimediò in qualche modo sottoscrivendo a mio nome un buono di risparmio postale di 500 lire, una cifra non indifferente per quei tempi, quando ancora vigeva la favola delle "mille lire al mese" ( "Se potessi avere...").
Mussolini aveva fatto di tutto per tenere alto il valore della nostra lira: ma ormai per lui tutto crollava proprio in quei giorni, tra il 25 luglio e l'8 settembre, caduta del regime e armistizio badogliano.
Di quel buono postate nessuno si curò più: lo ritrovai qualche anno dopo e ancora lo conservo, come cimelio eloquente di tempi durissimi, ma incancellabili nella memoria.
Ci fu una fase della mia vita in cui si sarebbe potuto verificare un cambiamento profondo, ma da me non accettato.
Ora non ricordo bene neppure il particolare più determinante e più duro: se mio padre fosse già morto, se la necessità di alleggerire una situazione difficile avesse potuto indurre mia madre, e forse anche il mio fratello maggiore, a staccare dalla famiglia me e il mio fratello minore Luciano per andare a rendere più viva l'altra famiglia, quella di zio Pasquale e di zia Paolina che non avevano figli.
Io potevo avere dieci anni e Luciano sette.
In realtà, questo episodio della mia vita rimane oscuro, e forse intorno ad esso io devo aver mitizzato.
Non posso credere infatti che mia madre, così affettuosa e sempre attaccatissima a noi, avesse potuto credere di fare a meno di due dei suoi figli per farne dono alla cara zia Paolina, né che quest'ultima se la fosse sentita veramente di rinunciare al suo ruolo di zia totalmente disimpegnata per accettare quello, molto più impegnativo, di madre.
Sicuramente si tratta solo di un fatto momentaneo, di una specie di vacanza prolungata per me e per mio fratello Luciano, e del desiderio di alleggerire il peso insostenibile di una famiglia numerosa come la nostra per le fragili spalle di mia madre.
Sì, fu veramente questa l'idea.
Ma a noi due bambini, legatissimi al nostro ambiente, e per ambiente bisogna intendere anche il nostro amato paese di Acuto, l'idea di cambiare famiglia anche solo per una vacanza parve decisamente assurda e punitiva, e non potevamo pensare che a un distacco definitivo.
Bastava pensare, del resto, alla favola di Nino e Rita, cioè di Hansel e Gretel. Non c'era stato, nei genitori dei due bambini, addirittura un conciliabolo per sbarazzarsene a causa di una miseria incombente?
Quella favola sembrava proprio riferirsi a un caso come il nostro ( continua ).
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