domenica 23 maggio 2010

La polenta coi fagioli - I miei ricordi - 56

All'entrata del nostro portoncino di casa, sulla sinistra a pianterreno, c'era un'unica famiglia di nostri coinquilini: la famiglia di Giulia e Neno.
Avevano due camerette in tutto: una grande cucina con un camino rustico, e poi una stanza da letto. Erano anziani, avevano avuto tre figlie, due già sposate, mentre l'ultima lo sarebbe stata tra breve.
Erano decisamente poveri: vivevano delle poche risorse di una campagna magra e lontana, che non procurava se non lo stretto necessario per vivere. Soldi non ne avevano mai, e quelle poche monete che racimolavano con le verdure e i legumi della loro piccola terra servivano per l'essenziale: il sale, qualche abito alla buona, un paio di scarpe quando proprio quelle vecchie erano diventate inservibili. Del resto, in campagna, erano più utili le rudimentali ciocie.
Quello che mi colpiva era il fatto che avevano la luce a forfait, quella che costava meno possibile: si accendeva automaticamente la sera al tramonto, si spegneva al mattino all'alba.
Poveri, ma dall'animo nobile. In tantissimi anni di convivenza, non c'era stato mai uno screzio tra le nostre famiglie. Noi bambini, anzi, venivamo accolti con piacere, non davamo mai fastidio. e, con tutta la loro povertà, ci invitavano sempre a condividere la loro cena.
Qualche volta uno di noi accettava: per esempio quando facevano la polenta, condita non certo dalla carne, ma da un sugo coi fagioli che a noi sembrava squisito.
Mia madre aveva frequenti contatti con Giulia. Neno, invece, partiva la mattina prestissimo per andare in campagna e non si rivedeva che la sera tardi, portando sulle spalle, in una saccoccia, i pochi prodotti del suo campicello.
Giulia, del resto, spesso non faceva neanche il pranzo. Noi eravamo sempre una decina di persone, a tavola, e qualcosa restava sempre, sicché mia madre chiamava Giulia e le offriva qualcosa di cui cibarsi.
Era estremamente timida, Giulia, e non sarebbe mai entrata a pranzare con noi. Però accettava un piatto o una scodella di cibo, e ringraziava silenziosamente mia madre. Le diceva: - Se ti serve qualcosa da fare, chiamami: lo so che voi siete in tanti e che c'è sempre qualche incombenza. -
Giulia era la prima delle tante amiche di mia madre: per lei avrebbe fatto di tutto. La più grande delle sue figlie abitava a pochi metri di distanza da noi, e i suoi figli, Maurizio e Carlo, erano nostri amici di giochi e compagni di scuola, coetanei miei e di mio fratello minore Luciano.
C'era anche una sorellina più piccola, Carmela, che aveva gli stessi anni dell'ultima di noi, Maria Vittoria, nata il giorno della Vittoria: 4 novembre 1940.
Nel dopoguerra, le famiglie più povere del paese hanno stentato per tanti anni, come le altre, del resto: ma poi chi aveva voglia di fare, di avanzare, di conquistare un posto nella società è riuscito a farsi largo e ad emergere.
I fratelli Maurizio e Carlo, trasferiti a Roma, sono riusciti a creare una piccola industria di container, che ha dato lavoro a tanti altri ragazzi in gamba e vogliosi di guadagnarsi onestamente la vita (continua ).

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