In preda alla malinconia, che era così strana per uno come lui sempre pieno di energia e di risorse, Pinocchio prese la sua tromba e cominciò a suonare una dolce canzone napoletana: "A vucchella".
D'improvviso, Pinocchio si vide circondato da un gregge di pecore, mentre il pastore si era fermato davanti a lui e ascoltava con ammirazione quelle note così calde e serene.
- Bravo! - disse alla fine. - Domani è festa, al nostro paese: perché non vieni da noi a dare un piccolo concerto? -
L'idea piacque a Pinocchio, che seguì il pastore con tutto il suo gregge, e poté riposare nella modesta casetta di costui, alle porte di un bel paese di collina. Al burattino quel paese sembrava piuttosto familiare: era un tipico paesaggio toscano, con agili cipressi e casette sparse fra i prati. Si stava evidentemente avvicinando a casa sua, che non doveva essere lontana.
Il giorno dopo si ritrovò al centro di un vivace mercatino, con bancarelle di giocattoli, oggetti per la casa, e anche un piccolo parco giochi con carosello e tiro a segno.
Gli indicarono un ampio podio di legno dove poteva esibirsi con la sua tromba. Pinocchio ci mise tutto il cuore, e il piccolo concerto si trasformò in un applaudito successo.
- Io ti ho già visto e sentito due o tre anni fa in un paese non lontano da qui - disse uno spettatore anziano con una grande berretta in testa. Eravate in quattro: tromba, violino, armonica e ocarina. Eri proprio tu? -
- Sì, e loro erano i miei carissimi amici Ulderico, Lamberto e Remigio -
Si accostò anche un altro spettatore dall'aria vagamente familiare.
- Ma tu sei Pinocchio! Sì, sei proprio tu! -
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