Fu Alvaro Pezzotti, in questo modo, a convincerci a fare il passo dell'immediato ritorno alla base, e mettendola sul piano della risata ci facilitò moltissimo il momento un po' umiliante del nostro ritorno.
Alvaro era un vero compagnone, e anche il suo trasferimento, l'anno successivo, insieme a quello di Gianni Fiore, contribuì a rendere il secondo anno un po' meno allegro.
In compenso, arrivarono due nuovi colleghi, il siciliano Salvatore Farina e il napoletano Mario D'Amore. I due non furono accolti bene da Gerardo Festa, che era un po' il termometro della situazione: Farina sembrò subito un rivale di Gerardo come "conquistatore" delle colleghe; quanto a D'Amore, caratteristico per il suo lungo naso, la sua simpaticissima bruttezza, e il continuo cantare canzoni napoletane, dava sui nervi a Gerardo, che era un tipo un poco chiuso e riservato e non accettava l'eccessiva cordialità del suo quasi conterraneo.
Ciò non impediva, però, a Gerardo di fare le sue imbarcate a quattro sulla sua generosa Mini Morris, sempre disponibile per le gite pomeridiane nelle vicine cittadine laziali, Subiaco, Anagni, Veroli e Alatri, dove spesso ci recavamo per la visione di qualche bel film.
Geardo aveva infatti un carattere scorbutico e puntiglioso, ma sul piano della generosità e della disponibilità era veramente unico, e non ci chiedeva mai un minimo contributo per la benzina consumata, tutt'al contrario del "vecio" Pasquale Ciccone, che ci faceva pagare col tassametro i suoi viaggi quotidiani Trevi-Roma e viceversa.
A proposito di Mario D'Amore, tra le sue canzoni preferite era senza dubbio "L'immensità" di Don Backy, e ci sembra di risentire ancora adesso la sua appassionata interpretazione: "Io son sicuro che..."
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