martedì 23 ottobre 2012

Anni di scuola. 11. Il pianto di una bambina

Un altro ricordo di questo primo anno fu il pianto disperato di una ragazzina alla quale avevo dato un pessimo voto per una serie impressionante di errori di ortografia. Eppure, alle elementari, era stata sempre la più brava! Alla prova successiva, la bambina applicò tutta la sua attenzione, e il risultato fu di gran lunga migliore: da quel momento, lei mi dimostrò una grandissima stima e amicizia.
Sto qui ad elogiare i miei metodi educativi e non dovrei proprio farlo, ma, oltre a un piacere vivo che provavo nell'insegnare, io mi portavo dietro tutta una lunga serie di avventure personali, e soprattutto una dolorosa esperienza di giornalista mancato, durata una decina d'anni e conclusa amaramente soprattutto per colpa del mio carattere, troppo mite e troppo ribelle, nello stesso tempo, a quelle che io ritenevo ingiustizie.
Ecco: la parola "giustizia" ha sempre ispirato il mio insegnamento. Non ho mai voluto premiare le simpatie né punire le antipatie, non ho mai voluto guardare le differenze sociali nè tenerne conto. Per me, anzi, il punto di riferimento è stato sempre l'alunno più debole, quello da portare avanti ad ogni costo, da "promuovere" nel senso di guadagnarlo allo studio e all'impegno. Gli alunni bravi vanno meravigliosamente avanti da soli: a loro basta ascoltare, perché è facile apprendere e svilupparsi.-
Non so se sono veramente riuscito ad essere giusto, nella mia lunga carriera scolastica di oltre trent'anni. So soltanto che non ho nulla da rimproverarmi, sotto questo aspetto. A tutti coloro che si sono raccomandati a me ho sempre detto sì, perché li avrei aiutati comunque, tutti, senza preferenza per nessuno.

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