Dopo l'anno di Bellegra, 1970, in cui "ci eravamo tanto amati", io e Buttaglieri in pratica non ci siamo più visti. Io rimasi ad abitare a Cave subito dopo il mio matrimonio, lui riuscì a dare l'anticipo per un piccolo appartamento al Lido di Ostia con i risparmi della sua prima annata di stipendio nella scuola.
In questo era veramente bravo, un autentico genovese, grandissimo risparmiatore. Si arrangiava nei modi più inverosimili. Ricordo che faceva una specie di corte, simbolica più che altro, alla collega Francesca insegnante di francese, vicepreside, una donna alta, vigorosa e molto piacevole di circa quarant'anni (Buttaglieri ne aveva venticinque...), e avendo io in quel priodo acquistato un disco di Lucio Battisti, appunto "Non è Francesca", che a me piaceva moltissimo, tanto fece e tanto disse che riuscì a strapparmelo e ad offrirlo pomposamente in regalo alla brava collega, anch'essa romana di residenza, in occasione del suo onomastico.
Ricordo che per un lungo periodo Buttaglieri militò in un sindacato autonomo, e scriveva anche articoli sulla rispettiva rivista, articoli di cui non ricordo il contenuto, ma di cui potete benissimo immaginare la sostanza: molto fumo e anche un pochino di arrosto.
Una volta Buttaglieri, durante una discesa in macchina da Bellegra, appena superato Olevano, vide in un prato una poltrona abbandonata, e la giudicò degna di essere utilizzata nel suo monolocale di Centocelle ancora privo di mobilia, salvo una branda e una sedia sgangherata. Eravamo sulla sua Cinquecento, e lui saltò giù tirando il freno a mano a metà: la vecchia utilitaria riprese lentamente la sua marcia, e per fortuna andò a fermarsi a ridosso della siepe adiacente al prato. Lui, impassibile, caricò su la poltrona ancora utile, e riprese la marcia fischiettando, incurante del pericolo che era riuscito a farmi correre.
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