Io mi sentivo davvero isolato, non ero abituato a stare solo, e così, quando le scuole riaprirono, a settembre, decisi di lasciare quella casa a mia madre e a mia sorella Amalia, unica figlia rimasta nubile, in cambio di un modesto affitto mensile, mentre io mi trasferivo a Cave, vicino alla mia scuola media, in un ambiente di provincia che mi sembrava più accogliente ed amichevole.
La scuola media era quella di Bellegra, ma Cave era a pochi chilometri ed era ben servita da frequenti mezzi pubblici. Avevo degli amici, spesso viaggiavo con loro, e mi sentivo più in compagnia. Inoltre vi avevo conosciuto la ragazza che sarebbe diventata mia moglie di lì a pochissimi mesi, e il mio trasferimento in provincia, così, diventava effettivo e totale.
I miei fratelli, a Roma, non credevano che io mi fossi distaccato per sempre dalla Capitale, ma la mia delusione per la disavventura della mancata affermazione nel giornalismo era così forte, dentro di me, da non farmi desiderare altro che non pensarci più, e di darmi completamente al mondo della scuola per dimenticare l'altro mondo, quello del giornalismo sportivo e del Corriere dello Sport, che tanto mi aveva illuso e poi tradito.
Furono mesi tormentati, quelli, ma gli amici e i colleghi di scuola mi aiutarono moltissimo a dimenticare il passato. Mi diedi perfino alla politica, iscrivendomi al partito repubblicano di Ugo La Malfa, e nei mesi successivi concorsi anche alle elezioni provinciali, ovviamente senza riuscire, dato che il partito aveva soltanto uno o due rappresentanti al consiglio provinciale.
La scuola, comunque, restava al centro di tutti i miei interessi. Da Bellegra mi trasferii a Cave, dove era preside un collega repubblicano, Antonino Di Bella. Ma due mesi dopo accettai la sede di Palestrina, una cittadina che aveva tradizioni culturali notevoli ed anche le scuole superiori, alle quali aspiravo.
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