A Subiaco c'era un preside tutto d'un pezzo. Era l'ingegner Cavallaro, un omone alto e autoritario. Buono con tutti, ma guai a pestargli i piedi.
Era il 1972, anno di scioperi e di contestazioni. Gli insegnanti facevano pressione per entrare in ruolo dopo tante promesse, i sindacati contestavano il potere assoluto dei presidi e cercavano di potenziare le rappresentanze degli insegnanti e delle famiglie nella scuola. Si creò un braccio di ferro tra il preside Cavallaro e i docenti della sinistra, e le assemblee diventavano infuocate. I consigli dei docenti erano interminabili. La sede di Subiaco era oltremodo scomoda, e fare tardi con le riunioni diventava molto pesante anche per chi viaggiava con la propria auto.
I docenti della sinistra tendevano tuttavia a prolungare il più possibile le riunioni proprio per mettere alla prova la resistenza del preside.
Cavallaro, così, in un'occasione, si prese la rivincita. Prolungò volutamente la discussione, e la riunione terminò alle 20. Era d'inverno, e quindi notte fonda: tornare a Roma in macchina, su strade di montagna ghiacciate, era pericoloso. Fummo tutti costretti a restare a Subiaco e a pernottare in albergo, con costi pesanti per il misero stipendio degli insegnanti.
Questo comportamento del preside Cavallaro fu determinante. Da quel momento le nostre riunioni pomeridiane diventarono più snelle ed essenziali, tutti tendevano a limare i tempi d'intervento, sapendo che avevano a scontrarsi con un muro.
I tempi erano comunque maturi per quei cambiamenti che portarono nella scuola i consigli d'istituto, presieduti da un genitore degli alunni per togliere poteri ai presidi, considerati fino a quel momento figure onnipotenti e duri rappresentanti delle forze di governo.
La democrazia nella scuola non fu tuttavia quella portatrice di giustizia e di efficienza che tutti si aspettavano.
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