A Palestrina non fui accolto con molto entusiasmo, poiché la mia cattedra era ricoperta da una bravissima supplente di San Vito Romano, Maria Rita Di Rosa, che ovviamente mi cedette malvolentieri le sue classi, pensando di poterle tenere ancora per un po'. La Di Rosa comunque trovò ugualmente lavoro nei dintorni, e poi diventò di ruolo nelle magistrali di Palestrina, dove ebbe una bella carriera e fu a lungo vicepreside, molto apprezzata per la sua bravura e il suo impegno.
Io capitai nella sezione B di ragioneria, e in breve anch'io mi trovai bene nelle mie classi. La nostra sezione, nella quale erano capitati eccellenti insegnanti come il bravissimo professor Bussani di ragioneria, si creò ben presto una solida fama, e agli esami di maturità era sempre la V B la classe che riportava le votazioni più lusinghiere: in questo, debbo ritenermi davvero fortunato, anche perché mi faceva guadagnare la stima di tutti i presidi che si succedevano anno per anno nel nostro istituto, dato che Palestrina era una sede di passaggio per un desideratissimo trasferimento a Roma nell'anno successivo.
Noi insegnanti del posto, naturalmente, nopn avevamo più bisogno di trasferimenti. L'istituto era assai quotato nella zona, con un buon livello di profitto, la cittadina era accogliente, tra i colleghi c'era un bel clima di amicizia e di collaborazione. Chiunque andava via da Palestrina non faceva altro che pentirsi di aver lasciato un posto idilliaco, come mi rivelò moltissimi anni dopo una brava insegnante di lettere, Paola Raschi, che negli istituti di Roma dove insegnò successivamente sperò invano di trovare la stessa armonia umana, sia con gli alunni che con i colleghi e il personale della scuola, rimpiangendo apertamente i dieci anni trascorsi fra noi, anche se a Roma era molto stimata.
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