Mi accolsero con grande amicizia, e tutti ricordarono i miei aspetti migliori, soprattutto la mia capacità di scrittore. Anche il preside Antonio Celani e la mia vecchia collega di liceo Felicia Nisini, divenuta insegnante di Greco, mi incoraggiavano a dedicarmi alla scrittura.
Subito incontrai un certo successo come insegnante. Il livello degli alunni era molto migliore rispetto ai ragazzi di Trevi nel Lazio. Siccome la vita d'albergo era un po' troppo dispendiosa per noi insegnanti, sia io che Gerardo Festa finimmo per trovare sistemazione presso una pensioncina familiare. Ricordo la mia stanza dalle mura robuste e dall'alto soffitto, che però aveva un odore di antico, essendo ricavata dalla cerhia muraria della vetusta città ernica.
Gerardo, impenitente cacciatore di colleghe nubili, si era invaghito, stavolta, di una insegnante d'inglese che proprio in quel periodo aveva suscitato un grave scandalo, ospitando un suo alunno quattordicenne orfano di entrambi i genitori: da qui una montagna di dicerie, che avevano portato addirittura l'insegnante in un'aula di tribunale a discolparsi, e comunque a rinunciare alla sua ospitalità tanto discussa.
Passarono i mesi di novembre e di dicembre, arrivarono le vacanze di Natale, durante le quali tornai a Roma in famiglia. Anche qui c'era aria di tempesta: mio fratelo maggiore, Vito, si era definitivamente stancato della sua vita di scapolo, e si era messo a cercare insistentemente la sua anima gemella. L'avrebbe trovata di lì a poco, incrociando il suo destino con quello di Angela, che l'anno successivo sarebbe diventata la sua dolce metà, non senza contrasti con noi in famiglia, troppo abituati al suo ruolo di sostegno quasi paterno.
Quando tornai ad Alatri, passate le vacanze, mi aspettavano ancora grandi novità.
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