La solitudine che avvertivo nel tornarmene a Torre Spaccata tutti i giorni dopo le ore di scuola era per me insostenibile, dopo gli anni di bella compagnia a Trevi nel Lazio. Così, accogliendo l'invito del collega Bruno Renzi, che ogni giorno mi parlava della vita tranquilla e amichevole che si viveva a Cave, decisi di fermarmi in questo pacifico centro dei colli prenestini, che aveva il grande vantaggio di essere molto più vicino a Bellegra.
Comunicai questa notizia a mia madre, che fu felicissima di trasferirsi nella comoda casa di Via Mario Lizzani sul Viale dei Romanisti insieme alla mia sorella maggiore Amalia, che aveva deciso di non sposarsi, e quindi restava volentieri a far compagnia a mia madre, aiutandola nelle faccende domestiche.
Io mi sistemai perciò a Cave, in una bella pensione familiare nella grande villa della famiglia Mattei, sotto le cure della vedova Anonietta. Con me c'era un altro collega, un maestro marchigiano dai capelli rossi, Remo Ghiandoni. Nei primi tempi consumavamo pranzo e cena nell'accogliente trattoria "La Sirenettta" tenuta meravigliosamente dalla famiglia Bianchi, ma dopo circa un mese la dinamica signora Antonietta decise di trattenerci anche per i pasti, che consumavamo in buona compagnia con suo cognato Umberto Mattei, fratello del marito che in passato era stato sindaco di Cave.
Ci trovavamo bene. Io ero fortunato anche per il fatto che la mia findanzata Maria Stella era di Rocca di Cave, un grazioso paesino di montagna distante appena sei chilometri, e spesso nei pomeriggi mi recavo su da lei. A Cave mi creai subito molte amicizie, e mi iscrissi alla locale sezione del PRI animata dai fratelli Bruno e Giorgio Renzi, che erano divenuti miei amici fraterni, sostituendo in pratica la mia numerosa famiglia di Roma.
Nessun commento:
Posta un commento