Quel 1970 fu in realtà un anno di profondi mutamenti. Si cercava di portare gli insegnanti il più possibile vicini alle proprie abitazioni, evitando pesanti pendolarismi oppure situazioni di vero e proprio esilio, spesso insostenibili dal punto di vista economico.
La scuola dell'obbligo ormai aveva preso piede, ed anche il paese più piccolo aveva la sua scuola media: niente di meglio che un insegnante potesse lavorare nel proprio paese, a contatto con il proprio elemento umano.
Ai primi di febbraio, si verificò una larga ondata di trasferimenti da provincia a provincia. Io feci domanda per insegnare nel Provveditorato di Roma, che era molto ambito, e quindi le possibilità di riuscita erano molto minori. A me toccarono le briciole: quando fui convocato al Provveditorato di via Pianciani, rimanevano solo pochissime scuole medie tra le più periferiche. Io chiesi San Vito Romano, e mi vidi assegnata invece la media di Bellegra.
Bellegra, duecento metri più in alto di Olevano Romano, non era molto diversa da Trevi nel Lazio. Distanza da Roma 60 chilometri invece di 80, ed era anche assai più collegata, ma restava comunque una sede piuttosto disagiata, con scuole ricavate alla meglio da abitazioni private.
Comunque, mi trovai subito bene, perché c'erano anche qui colleghi molto giovani e simpatici. Inoltre, feci amicizia con un collega genovese appena laureato, che abitava nel mio stesso quartiere, Centocelle, e viaggiava su una vecchia cinquecento per la quale decidemmo di dividerci le spese, con ampio vantaggio reciproco.
In realtà, il collega, Alberto Buttaglieri, era figlio di una simpatica donna romana, e aveva uno spiritaccio spensierato e allegro, sicché andavamo molto d'accordo.
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