Il trapasso da una provincia all'altra fu piuttosto indolore, e tutto sommato fortunato. Io attraversavo un momento decisamente critico nella mia vita familiare. Avevo vinto la causa che avevo in corso con il Corriere dello Sport, e con i soldi ottenuti ero riuscito a pagarmi l'anticipo per un appartamento in Viale dei Romanisti a Torre Spaccata. Nel frattempo mio fratello maggiore, Vito, aveva finalmente deciso di sposarsi, e la nostra vecchia casa a Piazza Bologna era stata restituita al Banco di Napoli: mia madre era andata a vivere a Monte Sacro con il figlio più grande e sua moglie, e nella casa nuovissima a Torre Spaccata mi ritrovai praticamente solo.
Avevo un fratello, Silvestro, tre anni più grande di me, che abitava con la moglie Carla e i due figli ancora bambini in un appartamento non lontano dal mio. Comunque la solitudine cominciava a pesarmi, e capii che era arrivato anche per me il tempo di metter su famiglia.
A Bellegra conobbi un ìbravo collega di Cave, Bruno Renzi, insegnante di matematica, che divenne mio amico e mi presentò una ragazza di Rocca di Cave, Maria Stella, che mi piacque molto: era di dodici anni più giovane di me, e di lì a poco sarebbe diventata mia moglie.
Per il momento, comnunque, continuavo a pendolare da Bellegra a Torre Spaccata. Con la Cinquecento di Buttaglieri impiegavamo circa tre quarti d'ora . Era piuttosto comodo.
A scuola andava tutto bene. Avevamo un buon preside, e tra i colleghi regnava una buona armonia. I ragazzi erano, poco più poco meno, educati e rispettosi quanto quelli di Trevi nel Lazio, stesso tessuto umano e culturale. Io mi trovavo decisamente bene, e capivo che la mia sistemazione definitiva era vicina.
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