Bellegra era stato il primo passo per rientrare nella provincia di Roma e per avere diritto al trasferimento in una sede più comoda. Infatti, per l'anno successivo, chiesi, ed ottenni, la sede di Palestrina, che era molto più facile da raggiungere sia da Roma che da Cave, dove nel frattempo avevo preso alloggio, stanco dei troppi viaggi quotidiani.
La scuola media "Pierluigi" di Palestrina era sistemata in un grande edificio che ospitava i Frati Trinitari a Santa Lucia. Era preside una donna di Roma ancora giovane, Emilia Pietropaoli, buona di carattere, ma non troppo idonea a mantenere la necessaria disciplina. Le classi erano molto irrequiete, e ogni insegnante doveva trovare da solo il sistema di farsi rispettare dagli alunni, poiché non poteva contare molto sul sostegno della direzione.
Ricordo che nella mia classe c'erano due alunni assolutamente abituati a fare i propri comodi, addirittura salendo in piedi sui banchi per chiamare a gran voce i ragazzi dell'istituto tecnico posto dirimpetto, disturbandoli durante le lezioni.
Uno di quei due era il figlio di una bidella, e approfittava di questo fatto sapendo di rimanere impunito qualunque cosa combinasse.
Io feci un paio di volte delle note di richiamo nei suoi confronti, ma vedendo che tutto restava lettera morta decisi di dare l'aut-aut: o il ragazzo veniva richiamato al dovere, oppure io avrei lasciato la classe. E pensare che avevo cercato di calmare quel dodicenne irrequieto tenendolo stretto tra le braccia durante una specie di crisi epilettica che lo rendeva pericoloso anche per i suoi compagni.
La preside, allarmata dalla mia minaccia, convocò d'urgenza la madre, convincendola a ritirare il figlio e a farlo ripresentare agli esami di riparazione di settembre, dove sarebbe stato senz'altro promosso, come infatti avvenne, concedendogli un ulteriore doppio favore: di superare l'anno senza neanche frequentare e studiare.
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