Era sicuramente giusto, questo atteggiamento di umiltà di Bruno Renzi: infatti, si è risparmiato inutili fatiche, pendolarismo, esami di maturità sempre insidiosi, e via dicendo, tutte situazioni che io invece ho dovuto affrontare per piccole ragioni economiche alle quali egli non era sottoposto, essendo di buona famiglia ed avendo anche la moglie che portava a casa il suo stipendio decoroso.
Bruno Renzi ha sempre fatto suo il famoso discorso di Giulio Cesare: meglio primo in un piccolo villaggio che secondo in una grande città, e questa è una vera filosofia di vita. Meglio sindaco a Cave che onorevole a Roma.
Dopo la campagna politica del 1972, io invece mi ritirai dalla scena, perché in base all'impegno profuso mi sarei spettato qualche voto in più dei 47 che ebbi, e che mi qualificavano appena undicesimo nel partito. Ma ero un neofita, e me lo sarei dovuto aspettare. In questo campo Bruno Renzi era molto più attento e interessato, e certamente non aveva nulla da temere da parte mia, ma era bene tenere a bada un possibile antagonista. Ne conseguì un profondo distacco fra noi, e parzialmente la fine di una grande amicizia. Per me la scuola, al contrario che per Bruno Renzi, era molto più importante della politica, e perciò, giustamente, ciascuno di noi due fece una scelta e cercò di portarla a termine nel suo personale interesse.
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