domenica 2 settembre 2012

Pinocchio ancora burattino: 160. La fuga dal collegio

- Una storia triste - riprese Ulderico. -Un brutto giorno ci fu un crollo nella miniera: morirono nove minatori, e fra essi Mario e Alessio, i nostri padri. Le nostre madri furono costrette a metterci in un orfanotrofio, perché non avevano il denaro sufficiente per nutrirci e per farsi carico della nostra istruzione -
- Che dura, la vita del brefotrofio! - intervenne Lamberto. - Eravamo molto piccoli, ci mancava non tanto il pane quanto l'amore dei nostri genitori. Non si resisteva -
- L'unica cosa bella, del collegio degli orfani, era che c'insegnavano la musica e a suonare gli strumenti per formare una piccola banda - spiegò Ulderico. - Io imparai a suonare il violino e Lamberto l'armonica a bocca. Questo sì che ci è stato utile! -
- E come avete fatto a venire via dal collegio? -
Ulderico fece una lunga pausa. - Sai, le suore che ci educavano non sempre ce la facevano a tenerci tutti. Le fughe dal collegio erano frequenti, e non credo che fossero molti a preoccuparsi di quello che accadeva a quei bambini. Forse ci insegnavano a suonare perché poi, nella vita, potessimo fare quel mestiere di cantastorie e di suonatori per le strade, guadagnandoci da vivere in qualche modo -
- Capisco - disse Pinocchio con una nota triste nella voce .
- Quando ti incontrammo - concluse Ulderico - eravamo fuggiti anche noi da due mesi, scavalcando di notte i cancelli del collegio e portandoci dietro in una piccola valigia un po'di vestiario e i nostri strumenti. Coi allontanammo il più in fretta possibile dal paese, e quando ci sentimmo al sicuro cominciammo a suonare per le strade, guadagnando quel poco sufficiente per poter sopravvivere e cercando qualche posto riparato per poter dormire -
- Eh, già! - concluse Pinocchio. - Ma ora tutto questo è superato, e viviamo benissimo insieme, arricchendo la nostra esperienza di vita -

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