I ragazzi volevano imparare da Pinocchio ad andare in bicicletta, ma i pedali erano troppo lontani per le loro picole gambe, e solo qualcuno più grandicello ci arrivava. A due o tre di essi Pinocchio insegnò come tenersi in equilibrio e come compiere brevi tragitti, ma niente di più: era troppo presto anche per loro. E poi quella biciletta era piuttosto dura e pesante, e ci voleva una gran forza nelle gambe per muoverla.
Un bel giorno, Pinocchio disse addio a don Emilio e ai ragazzi della parrocchia, ma dovette promettere che un giorno sarebbe sicuramente ritornato, altrimenti non lo avrebbero lasciato andare.
Pinocchio inforcò la sua bella bici, che aveva lucidato a nuovo, e, seguito passo passo da Occchidoro, incominciò a scendere verso il basso, dove la strada raggiungeva la valle e s'inoltrava verso la pianura.
- Addio, montagne! - diceva Pinocchio tra sé, ma doveva stare molto attento, perché la strada era sassosa e l'equilibrio piuttosto precario.
Sì, era bello viaggiare libero, senza pensare a nulla, ma in certi momenti gli veniva un po' di nostalgia per il passo lento lento del carro e del vecchio Bortolo II, che chissà ora dove si trovava. Ogni medaglia ha il suo rovescio, e chi prende una decisione importante poi non può più pentirsi di quella che consapevolmente è stata una sua scelta.
Eppure, con la stessa gioia con cui era partito, il giorno dopo Pinocchio tornò indietro, su al paesello di montagna di Pieve Antica, attratto come da una forza superiore: qualcosa nel suo intimo gli imponeva di non staccarsi ancora da tanti amici che avevano bisogno di lui.
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