La metrica di Dante nella Commedia si presenta interamente in endecasillabi e in terzine, cioè strofe di tre versi in "terza rima" (rime ripetute tre volte): questa è una vera e propria invenzione di Dante.
L'endecasillabo, nella metrica italiana e neolatina in generale, viene utilizzato per esprimere una vicenda narrativa, data l'ampiezza, la tonalità e la regolarità che permettono lo sviluppo di un discorso agevole e solennemente articolato, quindi capace di rendere, oltre alla narrazione, anche lo slancio mistico o, viceversa, l'invettiva politica. Non sono esclusi i momenti riflessivi e ricchi di pathos.
Lo schema metrico della terzina utilizza la rima concatenata, col seguente modulo: A B A - B C B - C-D-C: in ogni nuova terzina viene introdotta una nuova rima.
L'endecasillabo era utilizzato nel "sirventese", ossia in una poesia di carattere politico.
Nell'endecasillabo l'accento cade quasi tassativamente sulle sillabe pari, cioé 2. 4. 6. 8. 10. Stilisticamente segue in modo scrupoloso la retorica medioevale, della quale Dante era un esperto, come dimostra nel "De Vulgari Eloquentia". Da notare che l'endecasillabo permette quasi sempre lo sviluppo di una frase logica, e spesso si conclude con un segno d'interpunzione; vi sono tuttavia non pochi esempi di "enjambement", cioè di prosecuzione logica della frase nel verso successivo (esempio: Purgatorio, canto XXI, vv. 2-3; 40-41; 52-53...)
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