Learco, un omone sui quarant'anni, si fermò per un giorno a Pieve Antica, e finalmente ripartì con un bel carro e un bel cavallo lì dove era arrivato con una bicicletta polverosa e faticosa da portare. Gli sembrava quasi di aver fatto un furto, ma Pinocchio lo aveva rassicurato: per lui era un vero e grande piacere avere quella bicicletta, e per come gli era utile l'avrebbe pagata anche a peso d'oro.
Così Learco poté ripartire sicuro di non aver truffato nessuno, mentre Pinocchio stava solo studiando il modo di alloggiare il fodero della sua tromba dietro al sellino della bici, dove c'era tutto lo spazio necessario. Al momento di ripartire dal paesetto di montagna, ora l'unico pensiero era per il cane Occhidoro, il quale però avrebbe potuto comodamente seguire la bicicletta, che poteva camminare anche a velocità ridotta per non sfiancare l'animale.
Don Emilio aveva già capito che, con quella bicicletta lì, Pinocchio era molto tentato di andar via da un momento all'altro, e gli dispiaceva molto di perdere il suo animatore dei giochi dei ragazzi e anche il suo piccolo aiuto medico in farmacia. Ma Pinocchio glielo aveva già preannunciato, e del resto stava addestrando un bravo ragazzo come suo vice animatore, e una anziana e saggia signora che faceva da maestra ai bambini e ora stava facendo pratica di medicina in farmacia per potersi rendere utile, dato che in paese non c'erano né medico né farmacista.
Per ora, Pinocchio faceva lunghe galoppate in bicicletta per le strade di montagna, per impratichirsi e diventare sempre più sicuro. Ormai era davvero un bravo ciclista, e si sentiva molto più libero e sicuro di sé che non con quel pesante carro dietro, e con quel cavallo che aveva bisogno di cure e di attenzione. Occhidoro, invece, era un vero amico, semplice e buono, che non dava alcun fastidio.
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