Quando Pinocchio partì, Lamberto e Ulderico sentirono che la parte più bella, anche se la più difficile, della loro infanzia e adolescenza, se ne andava con il caro burattino. Burattino soltanto all'esterno, perché quanto a cuore e sentimento, Pinocchio era un ragazzo in gamba, di quelli che se ne incontrano raramente nella vita.
Pinocchio riprese da solo il suo carro, il suo cavallo e la sua tromba, deciso ancora a dare qualche piccolo spettacolo musicale. Ma per un po' di giorni soffrì terribilmente la solitudine, specialmente quando arrivava l'ora di cena, ripensando all'allegra compagnia, e poi nel momento di andare a dormire. Ripensava non solo a Lamberto e a Ulderico, ma anche al bravo Remigio che se ne stava nel suo palazzotto, e che aveva promesso ospitalità ai suoi amici ogni volta che lo avessero voluto, specialmente a Natale.
Un pomeriggio, un cane randagio con un paio d'occhi molto teneri si accostò a Pinocchio che stava riposando su un prato dopo aver fatto un piccolo pasto un po' triste. Pinocchio accarezzò il cane, che scodinzolò tutto felice. Era un cane snello e pieno di energia.
- Mi mancavi proprio - gli disse Pinocchio. - Ora resterai con me e mi farai compagnia.Ti chiamerò Occhidoro -
Il cane sembrava ascoltarlo e dirgli di sì, che era contentissimo di questo affetto. Pinocchio lo lavò ben bene a una fontana: era estate piena, e quella rinfrescata fu molto gradita da Occhidoro. Anche il cavallo, Bortolo II, fu ben lieto di aver trovato un po' di compagnia.
Comunque, la solitudine di Pinocchio non durò a lungo: non era un tipo da non trovare facilmente compagnia.
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