martedì 25 settembre 2012

Una paginetta di filosofia - La ricerca della felicità

La ricerca della felicità è partita da una visione quasi religiosa negli stoici, con il loro panteismo, le leggi della natura universale, la derivazione di tutto da Dio, la guida della virtù, l'importanza del dovere, il valore della vita.
Con Epicuro, tutto diviene più umano: la liberazione dalle passioni, l'allontanamento dell'idea dolorosa della morte, il bene facilmente ottenibile, il dolore che diviene un male sopportabile, il piacere (moderato) come categoria di ogni scelta e valutazione.
Con gli scettici, si giunge a una visione quasi scientifica: l'indagine, la ricerca, il dubbio come metodo e sistema (sono i percorsi di Cartesio e Galilei); nulla è certo e definibile, non c'è verità evidente, si lotta contro ogni dogmatismo. Anche la filosofia percorre la strada della storia (concezione vichiana): dagli Dei agli eroi agli uomini razionali (anche troppo...).
Quale di questi tre gruppi di filosofi si accostò di più alla verità nella ricerca della felicità? Anche gli uomini moderni mantengono queste tre visioni fondamentali, senza che si possa dire chi ha raggiunto la felicità. Io credo di essere forse più vicino all'idea di Epicuro, anche perché ammiro molto il pensiero di un filosofo assai vicino ad Epicuro come Seneca, di cui amo le bellissime "Lettere a Lucilio" e i meravigliosi "Dialoghi morali".
Ed io, personalmente, come vedo la ricerca della felicità? Per me è bene che l'uomo, nella sua vita, non desideri troppo, non miri troppo in alto, perché troppo spesso resterebbe deluso. Ne va, dunque, della sua felicità. Chi troppo desidera e non raggiunge quello che vuole, è destinato soltanto ad essere infelice. Inoltre, per avere tanto, denaro, successo, onori, dolce vita, ha bisogno di troppi sostegni a lui estranei, e in questo si pone troppo nella mani della Fortuna, che, come si sa, è cieca ed instabile. Chi si sottopone ad essa, abbia successo oppure no, sarà sempre infelice, e nel suo animo vi sarà solo turbamento.
Ripeto, forse mi accosto, in queste idee, ad Epicuro, ma mi sembra che anche certe concezioni moderne, come il Cristianesimo di San Francesco o le idee del dottor Schweitzer, vadano in questa direzione, così come quelle del Siddharta buddista. Non so come voi la pensiate: forse voi amate più di me il successo, l'affermazione individuale, l'appagamento di ogni tipo di desiderio, e li considerate come elementi essenziali per la vostra felicità. 
Senza ridursi al ruolo di un Diogene che cercava l'uomo coprendosi solo con le doghe di una botte, forse la felicità potrebbe venire incontro a noi se ci appaghiamo delle cose più semplici, più umili, più alla portata di tutti. Questo spiega perché spesso (si afferma) un povero sa essere più felice di un ricco. Ma si fa presto a giudicare il cuore di un uomo. Dentro ciascuno di noi può esservi un senso di non appagamento che, ahimé, non possiamo certo definire felicità. Mi auguro che la vita di ogni giorno possa darvi almeno serenità, se non proprio felicità.                                            

1 commento:

  1. LUIGI JADICICCO e' troppo colto e filosofico per spiegare la felicità,traguardo - secondo me - raggiungibile su questa terra soltanto inseguendo divetimenti effimeri e illusioni varie .
    La serenità per tutti in questo mondo sembra quasi illusoria se 6 miliardi di persone stentano a vivere con decoro e dignità ! L'evangelista Marco ha scritto che : " chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà" . Forse è questa la vera felicità : quella dei Santi, degli Eroi , dei Patrioti , degli Scrittori , dei Poeti, degli Uomini e donne che lavorano sileziosamente tutti i giorni, degli scienziati tutti che , a ben riflettere , lavorano nascostamente per tutti senza pretendere la ricompensa terrena o lo stipendio fisso , che invece molti politici del momdo -cosiddetto più evoluto - pretendono e sperperano restando attaccati alla poltrona, senza fare molto per gli altri esseri umani e per il loro Paese !

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