Ripresi il mio borsone, e a passo lento stavo tornando verso il piazzale nella più perfetta solitudine, quando all'improvviso, da una delle alte siepi che circondano i campi, sbucò un omone dall'aria torva e piuttosto male in arnese, mi si parò contro e mi aggredì con queste parole: - Dammi tutto quello che hai, ho fame, altrimenti sono guai per te -
Io ero molto impaurito, ma nello stesso tempo sicuro di me: - In tasca, ho poco più che i soldi per prendere il tram e tornare a casa. Ma se vuoi, c'è un bar non lontano da qui, e un caffè posso offrirtelo -
Non ho mai subito una rapina in vita mia, e quella era stata la massima avventura, per me. L'omone, comunque, dopo avermi guardato bene in faccia per sincerarsi che dicevo la verità, dopo un attimo di tentennamento accettò l'offerta, e venne con me a consumare un cappuccino al bar. Dopodiché mi strinse la mano chiedendomi scusa, e ci lasciammo così quasi come buoni amici, senza vergognarci l'uno dell'altro.
Un'altra volta capitò a me e a Costanzo Spineo, che lavoravamo insieme al settimanale Totocalcio, di portarci dietro il solito borsone e di farci accompagnare all'Acqua Acetosa dal direttore della rivista Enzo Poggi e da Domenico Biti, allenatore di calcio federale. Non trovammo nessuno neanche stavolta, e io non volevo nemmeno indossare la tenuta da gioco, mentre Spineo, che era un ottimo giocatore, voleva assolutamente allenarsi, e così ci accontentammo di fare un po' di dribbling fra noi, cosa da me poco gradita, il quanto il mio gioco da terzino era ridotto all'essenziale. Da qui grande divertimento del duo Poggi-Biti, abituati a vedere qualcosa di meglio in fatto di calcio. Stavolta, però, qualcuno ci riaccompagnò almeno su fino al centro della città, evitandoci qualche altra brutta avventura.
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