Io non avevo avvisato nemmeno mia madre, ma per fortuna nel pentolone era rimasta un'ottima pasta e fagioli calda calda, che io e Spineo consumammo con vera felicità. Il pranzo consistette in poco più che quella scodella di minestra: solo una bistecca e un po' di verdura. Ma a noi andava più che bene.
Spineo, a Roma, non trovò nemmeno lui un contratto da giornalista. Era più giovane di me di un paio d'anni e non ebbe fortuna neppure lui. Negli anni 70 si trasferì ad Ancona al "Corriere Adriatico" insieme a Sergio Roscani, già mio collega al Tifone ed al Calcio Illustrato. Poi, mentre Roscani si fermò ad Ancona, Spineo dovette effettuare un nuovo trasferimento in Sardegna, in un quotidiano di Sassari, dove sembra abbia avuto fortuna e ora gode ancora di una buona reputazione.
Penso tuttavia che tuttora si ricordi con piacere di quella nostra pasta e fagioli degli anni sessanta in via Carlo Alberto.
Ah, un ultimo ricordo mangereccio: una volta io e Spineo ci recammo con brutte intenzioni all'"Ambasciata d'Abruzzo", un ristorante di Piazza Euclide dove si consumavano antipasti a volontà a base di salame, prosciutto e formaggio. Dovettero farci capire che stavamo eccedendo, perché un cameriere provvide a toglierci da sotto il naso il paniere pieno di quel ben di Dio e a presentarci il conto.
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