La comunità cristiana si qualifica perché prega. La sua finalità non è socializzare o altro, ma riunirsi attorno al suo Signore. Tante volte, soprattutto le comunità parrocchiali, che per natura sono più aperte a tutti, corrono il rischio di essere scambiate per agenzie di servizi: babysitting, campeggi per i giovani, pacchi di viveri, locali per le feste, impianti sportivi, eccetera.
Questa ovviamente è una distorsione della loro vocazione che è primariamente quella di essere "comunità eucaristica". Certamente poi una comunità eucaristica "esplode" anche in una serie di servizi, perché il Pane del cielo che si condivide esige da noi che condividiamo quello della terra nell'attenzione ai poveri, nell'educazione dei piccoli, nel visitare gli ammalati, e via dicendo.
La comunità cristiana porta in sé una contestazione del mondo in cui viviamo che è impostato in termini di efficienza, profitto e valori esclusivamente materiali. Essa si propone, anche quando non ci riesce, uno stile di vita alternativo dove "il più piccolo è il più importante", dove il più grande, il primo, è " l'ultimo e il servo di tutti", dove chi possiede qualcosa lo mette in comune con tutti e dove chi non possiede niente è soccorso dagli altri.
La preghiera eucaristica plasma una comunità missionaria, estroversa, portata necessariamente all'apertura, altrimenti non è autentica. Valgono sempre i rimproveri di San Paolo ai cristiani di Corinto (Prima lettera ai Corinzi, 11, 17-34).
( dal libro "A causa di Gesù e del Vangelo", riflessioni di Gabriele Faraghini, romano, piccolo fratello Jesus Caritas )
Caro Gabriele, il tuo cristiamesimo è una concezione di amore e di azione concreta verso il prossimo, un ideale alto eppure raggiungibile con la buona volontà. Ad esso tu hai dedicato la tua vita, e per questo, non perché sei nostro nipote, noi ringraziamo il Signore.
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