Sai che ti dico, Lotito: vacci, per favore, vacci. E vedrai che il tuo grande nemico, quel giornalista televisivo lazialissimo, ma capace di mandare all'aria tutta la Lazio e tutto il mondo solo per veder rispettate le sue idee, ti accoglierà a braccia aperte, farà una pace solenne, e poi ti amerà quanto non avrà mai amato nessun presidente biancoceleste.
Tutto questo solo per una comparsata? No, Lotito, no, non è solo una comparsata, ma è una specie di Canossa, dove la contessa Matilde attende il suo Enrico IV perché le chieda perdono per farsene poi fedele sostenitrice.
Perciò, Enrico-Claudio, va' pure a Canossa, o più semplicemente a quel T9 dove la domenica sera un tifoso laziale che non abbia paraocchi anti-Lotito vive delle ore angosciose di accusa e di scomunica, al punto che decide di cambiare per sempre canale, a meno che non voglia diventare lui stesso un accolito della congregazione e non si metta ad organizzare scioperi del tifo e a maledir di cuore questa presidenza che sta rovinando tutto e tutti.
Una stretta di mano, due domande senza peli sulla lingua, due risposte sincere e a cuore aperto: forse ci vuole poco per ritrovare pace e armonia. Forse ci vuole poco per capire certi errori (Pandev e Ledesma), per evitarne altri nel futuro (Zarate), per concertare meglio e in armonia gli incombenti programmi tecnici, economici e societari.
Parlarsi è stato sempre un buon metodo, nella società: quanti padri e quanti figli eviterebbero errori determinanti per una vita, se soltanto riuscissero a parlarsi in buona fede e con sincerità, disposti ad ascoltare l'uno le buone intenzioni dell'altro.
Ci vorrebbe tanto poco: un atto di amicizia e di apertura. Chi ne guadagnerebbe sarebbero la pace e l'armonia in seno a quella buona e grande famiglia che è sempre stata la Lazio. Tanto, come in ogni buona famiglia, gli errori e le disgrazie continuerebbero lo stesso a venire, ma sarebbero almeno condivise, come ai bei tempi di Tommaso Maestrelli.
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