La popolazione di Acuto si era rifugiata in massa nelle cantine, messe a disposizione dai proprietari per l'intero vicinato. Come si vede, nei momenti estremi ci si scorda di tutti i rancori e dei torti subìti.
La nostra famiglia trovò sistemazione nell'enorme cantina di Cherubina, che abitava in un vecchio palazzone del Seicento nel vicolo adiacente alla nostra casa; si chiamava Vicolo Gaudente, ma né allora né per molti anni ancora ebbe motivo di dar credito al suo nome.
Polveroni di calce, grossi blocchi di pietra delle case e delle strade d' intorno piombarono sul vicolo. Urla di paura si levarono dalla cantina, e molte donne invocarono a gran voce, un urlo disperato, il nome di San Maurizio, il patrono del paese, che guarda caso era un uomo di guerra, capo di una legione romana nel 303, decimata nelle persecuzioni di Diocleziano perché interamente cristiana. Il patrono si comportò bene, perché nell'intero paese, malgrado l'intenso cannoneggiamento, non ci fu nessun morto, tranne un contadino colto allo scoperto all'alba del 4 giugno da una delle ultimissime granate.
Nella notte, sentimmo i passi pesanti dei soldati tedeschi che si ritiravano marciando in perfetto ordine militare. Quando passarono davanti alla porta della nostra cantina, furono attimi di terrore. Ci pentimmo di esserci rifugiati nella grotta come stupidi topi.
Poi i passi cadenzati via via si andarono attenuando, lasciando posto a un silenzio sospeso fra la speranza, il dubbio e la crescente fiducia.
Era ormai l'alba quando la cantina si aprì dall'esterno grattando con difficoltà tra pietre e calcinacci, e un amico, Gigi il gelataio, abitante in una frazione appena fuori del paese, da dove si poteva controllare per intero la situazione strategica, si affacciò tutto felice e proclamò: - Coraggio, gente: da questa mattina non diremo più "ja!", ma diremo "yes!"( continua ).
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