domenica 14 marzo 2010

Gli sfollati - I miei ricordi -9

Un anno, d'estate, credo fosse il 1943, giunsero da nonna Livia, ad Acuto, un nugolo di nipoti provenienti da Roma, sfollati per la guerra. Una di essi, di tre anni più grande di me, si trattenne più a lungo degli altri, e tra di noi si creò una grande amicizia.
Marisa era una bella ragazzina, dai lunghi capelli neri, sempre allegra e sorridente. Figlia di zia Agnese e di zio Peppino, frequentava la prima media alla scuola "Ruggero Bonghi" a Colle Oppio, dove è la Domus Aurea di Nerone. Studiava tedesco, allora era la lingua straniera preferita per via dell'Alleanza Italia-Germania e dell'Asse Ro-ber-to, Roma-Berlino-Tokio.
Lei volle che imparassi qualche parola di tedesco, e si mise a fare la maestrina. Ricordo ancora qualche verbo ( sono passati più di sessant'anni...): Ich bin, du bist...qualche mozzicone di parola: tintenfass, himmel, l'inchiostro, la luna...ein, zwei...e quella declinazione dell'articolo: dem die das. che mi sembrava una vera stranezza. Io facevo appena la quarta elementare, ma la nostra scuola di paese era stata chiusa per la guerra, e chissà quando avrebbe riaperto.
Marisa era una vera cavallona, e non si fermava mai. Raccontava battute e barzellette, con l'aria un po' saputa della ragazzina romana che di mondo ne aveva visto un bel po' più di noi ragazzini di paese.
Io mi affezionai a lei, e mi ricordo che poi, per mesi e mesi, ci scrivemmo lettere piene di racconti delle nostre reciproche giornate, e così tenevamo vivo il contatto.
Ogni tanto, sapendo che mi piaceva leggere, mi mandava qualche libro per ragazzi della casa editrice Salani. Ricordo dei titoli: Il mulino sulla Floss, Pattini d'argento, Sussi e Biribissi, e altri ancora.
Quando venne il momento di separarci, alla fine dell'estate (probabilmente gli Alleati ci avevano già liberati ), per me fu un momento davvero doloroso. Sapendo che la mattina dopo sarebbe partita, per l'intera notte non riuscii a dormire, e provavo una pena intensa. Poi pian piano me ne feci una ragione, e sfogavo il mio sentimento con quelle lunghe lettere.
Nell'appartamento a fianco di mia cugina, in Via Merulana, c'era una signora toscana molto simpatica, che era loro amica: la signora Chiappi. Marisa le fece leggere una mia lettera, e le piacque molto, sicché poi voleva leggerle tutte.
La signora Chiappi, ricordo, era dotata di uno schietto umorismo toscano. Aveva in casa una gallina, Dorotea ( strano: ricordo benisimo il nome della gallina, ma non quello della signora Chiappi ), che accudiva con amore come fosse una figliuola, e non si sognò mai di tirarle il collo benché fossero tempi di fame intensa. O forse perché le faceva qualche uovo, altrettanto prezioso? Meglio un uovo oggi che la gallina domani.
Quando la guerra fu passata, io potei andare a Roma un paio di volte. E una di queste fu quando, nell'estate del 1945, venni operato di appendicite nella clinica Ciancarelli in Viale Manzoni, esattamente lo stesso giorno e nello stesso luogo in cui veniva operata , sempre di appendicite, la mia carissima "cuginetta Marisa". Che curiosa combinazione! (continua ).

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