Nonna Livia era rimasta vedova a cinquant'anni. Nonno Luigi, che aveva un piccolo allevamento di cavalli, era morto, a quel che si diceva - non posso essere sicuro al mille per mille, perché non ero ancora nato - in seguito a una fortissima broncopolmonite, conseguenza di una sudata e poi di una bevuta alla gelida fontana di Colle Borano.
Colle Borano è una sopraelevazione piena di verdissimi prati, a due chilometri da Acuto, il mio paese di Ciociaria, e ad altrettanti da Fiuggi Fonte, la bella cittadina famosa per le sue acque minerali diuretiche.
Nonno Luigi era stato, agli inizi del Novecento, per una ventina d'anni negli Stati Uniti, facendo - ritengo - umili mestieri e accumulando quel tanto di risparmi sufficienti a far sposare, una alla volta, le sue cinque figlie femmine: Teresa, Geltrude (mia madre), Maria, Agnese ed Amalia.
Ciascuna di esse aveva avuto la sua piccola dote e si era sposata decorosamente con bravi ragazzi del paese: Aristide, Domenico, Enrico, Giuseppe ed ancora un altro Giuseppe. Enrico, a sua volta, era andato a lavorare in America, e qualche anno dopo vi era morto, lasciando la moglie Maria vedova di ben sei figli: Fausto, Elda, Giuseppina, Pacifico (divenuto poi medico di famiglia alla Borgata Ottavia a Roma dagli anni '60 fino al Duemila), Maria Luigia e Maria Pia, quest'ultima maestra elementare sempre a Roma.
Quanto a mia madre, Geltrude, si era sposata a vent'anni con Domenico, la cui famiglia di piccoli commercianti risiedeva al Piglio, popoloso paese agricolo noto per il suo vino, il rosso Cesanese.
Domenico era molto amato per la sua cordialità, faceva anche lui il commerciante di tessuti e mercerie in un bel negozio lungo Corso Umberto, la via principale di Acuto (continua).
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