venerdì 19 marzo 2010

La signora ebrea - I mei ricordi - 14

La notte della liberazione di Acuto, per noi bambini, era trascorsa quasi nel divertimento. Ci eravamo sistemati, nella grotta, all'interno di enormi tini: Cherubina e il marito Filippo producevano del buon vino, ma a giugno tutti i contenitori della cantina erano perfettamente asciutti, e il legno ci manteneva caldi, anche se l'odore del vino era intenso.
Però dal nostro tino, dove ci eravamo sistemati in tre o quattro, fummo fatti sloggiare per ospitare una giovane signora ebrea in gravidanza avanzata.
Non erano poche, infatti, le famiglie ebree che si erano rifugiate nel mio pese. Una di esse era ospitata nella bella casa del farmacista, sor Lello, al quale poi non fu fatto alcuno sconto quando si fece un po' di epurazione per qualche piccolo "ras" locale del fascismo, e fu spedito per alcuni mesi nel campo di concentramento di Padula, nei pressi di Salerno. Nessuno si ricordò che sor Lello aveva sfidato i tedeschi e rischiato la pelle per quei suoi amici ebrei.
Quando, al mattino del 4 giugno, facendoci coraggio uno con l'altro, risalimmo gli scalini del vicolo e sbucammo sulla via principale, il paese ci sembrò semidistrutto dalle cannonate. Casa mia appariva intatta ( e infatti lo era ), ma le case vicine, in particolare quella prospiciente l'ampio spazio aperto di piazza San Nicola, erano assai malridotte, con i fianchi sgretolati e le pietre angolari divelte.
Finestre e tetti sfondati; vetri, tegole e frammenti di legno dei portoni e delle persiane ricoprivano tutte le strade.
Mi pianse il cuore soprattutto quando vidi il tetto squarciato della bella chiesa di Santa Maria, ricca di stucchi e di candelabri, tutti a terra ridotti in briciole: dall'enorme buco del soffitto in fondo alla navata piovve per molti mesi, finché non fu improvvisata una riparazione sommaria che servì a scongiurare guai peggiori.
Anche il grande edificio scolastico di due piani, emergente tra i pini del giardino pubblico, era stato colpito in pieno e ridotto al punto di non poter ospitare le classi per almeno tre anni.
Quando, a settembre - stiamo parlando sempre del 1944 - si tentò di riaprire la scuola, le lezioni vennero svolte all'aperto, così come si poteva, nei giardini della Colonia della Maternità e Infanzia ( continua ).

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