mercoledì 24 marzo 2010

Un parente inatteso -I miei ricordi -19

Dall'armistizio in poi si vissero momenti di panico e situazioni di grave disagio, come lo sfollamento delle popolazioni di Cassino e dintorni, per tutta l'invernata e la seguente primavera.
Di sfollati, ad Acuto, ne giunsero tanti, a centinaia, portando notizie di morte e soprattutto di violenze fisiche, come quelle delle truppe marocchine sulle donne di Ausonia, Esperia e altri centri del Lazio meridionale.
Fu proprio quest'ultima piaga ad essere la più dolorosa e la meno sopportabile. Tutto fu perdonato, ma questo no. Su queste violenze tutti la pensammo allo stesso modo, si fosse dalla parte dei vinti o da quella dei vincitori: si accettano le bombe, ma non le efferatezze dirette dell'uomo.
Uno sfollato giunse anche a casa nostra. Una sera tardi, saranno state le nove, sentimmo bussare con forza al battente del portone, e un gruppetto di paesani chiamò mio padre: - C'è qui giù un tuo parente...-
Il parente era un vecchio di oltre ottant'anni, zì 'Ntonio; veniva da Frosinone, assai sporco e malridotto, appoggiandosi penosamente a un bastone nodoso. Aveva percorso a piedi, in due giorni, i trenta chilometri di strada, quasi tutta in salita, fra mille rischi e pericoli, alimentandosi con pane secco e un po' di companatico che portava in una bisaccia. Zì 'Ntonio era un parente alla lontana, cugino di mio nonno paterno, e prima di arrivare da noi era certamente passato da altri parenti più stretti, che portavano il suo stesso cognome, e vivevano ad Alatri, una cittadina molto più vicina a Frosinone.
Evidentemente non avevano potuto accoglierlo, ed aveva dovuto proseguire ancora per venti chilometri. Noi eravamo già in nove, i due genitori e sette figli (solo il più grande, venti anni o poco più, si era disperso al ritorno da Gorizia, dove effettuava il servizio militare, e l'armistizio ne aveva fatto un partigiano ).
In casa i letti scarseggiavano, e zì 'Ntonio dovette adattarsi sul duro sofà della sala da pranzo. Ma fu un grosso problema rimettere in sesto il povero vecchio: mio padre, aiutato da un paio di amici, lo infilò in una grande bagnarola piena di acqua quasi bollente, lo strigliò vigorosamente, bruciò i panni pieni all'inverosimile d'insetti, poi lo cosparse di zolfo a cominciare dalla testa, lo rivestì di panni puliti rimediati in qualche modo, e cercò insomma di renderlo "cristiano".
Tentativo parzialmente riuscito. Il vecchietto, vispo e allegro di carattere, non impiegò molto tempo a riprendersi: vedovo da anni, e senza figli, era abituato alla solitudine e certo non si curava troppo, nella sua vecchia casa di Frosinone. Da noi trovò compagnia, vitto accettabile, pulizia, e tutte le sere l'immancabile quartino di vino all'osteria, dove tirava su il morale e dimenticava tutte le pene.
Con noi restò poi per alcuni anni, anche a guerra finita, raggiungendo e superando il traguardo dei novanta ( continua ).

Nessun commento:

Posta un commento