lunedì 8 marzo 2010

Piazza Vittorio - I miei ricordi -3

Le altre sorelle di mia madre avevano avuto, quasi tutte, una sorte migliore, e si erano da anni trasferite a Roma con le loro famiglie: Agnese e Giuseppe, agente del dazio (tre figlie femmine), Teresa e Aristide, impiegato in un ente pubblico (una femmina e tre maschi, uno dei quali, Fernando, frate missionario in Brasile dagli anni '50 fino ad oggi) risiedevano in un grosso caseggiato di Via Merulana; Amalia e l'altro Giuseppe vivevano invece in una antica casa in Via Sant'Andrea delle Fratte, presso il Collegio Nazareno al Tritone, dove Giuseppe esercitava con diligenza e profitto il ruolo di capocuoco.
Solo Maria, vedova di Enrico, con i suoi sei figli, restava in Acuto con un suo piccolo negozio di alimentari e col mantenimento della cittadinanza americana per i suoi figli, ottenuta per merito del padre spentosi sul lavoro negli USA.
Mia madre aveva resistito, col suo piccolo negozietto di merceria, fino al 1952, quando la famiglia al completo si trasferì a Roma in Via Carlo Alberto, tra Santa Maria Maggiore e il mercato di Piazza Vittorio, in un vecchio palazzo del Banco di Napoli dai soffitti altissimi, ma ancora senza riscaldamento.
Ma torniamo a nonna Livia, e all'amatissimo paese ciociaro, al tempo della mia infanzia, cioè alla prima metà degli anni '40. Livia poteva avere allora sui settant'anni: morirà novantenne nel 1967.
Era una donna alta e vigorosa; era nata a Fumone, il paese dove morì in catene il papa Celestino V, defenestrato da Bonifacio VIII dopo pochi mesi di pontificato. Nonno Luigi le aveva lasciato in eredità una pittoresca casa di tre piani, posta sulla piazza principale del paese, piazza Regina Margherita. Manteneva in dotazione anche alcuni terreni, un uliveto, un vigneto e dei prati, dai quali ricavava il sufficiente per poter vivere lasciandoli in usufrutto a una famiglia di coloni, che le portavano in contropartita alcuni prodotti agricoli e di allevamento: vino, olio, verdure, ricotte e formaggi di eccellente qualità. Si manteneva perciò autonoma, pagando anche un minimo di tasse agricole e di tributi comunali (continua).

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