C'è stato un preside, fra i tanti che ho avuto, che ha considerato la sua carica solo un mezzo per ottenere privilegi e al massimo per distribuirne una parte ai suoi amici. Questo preside amava circondarsi di tutta una corte di gente disposta a riverirlo unicamente al fine di ottenerne qualche favore o agevolazione.
C'era, ad esempio, un collega che considerava il preside come una specie di albero di Natale da cui ricavare una serie di doni, senza curarsi del fatto che, se di doni ne prendeva due, c'era un suo collega che rimaneva senza.
Ricordo che un anno, nella mia sezione, c'erano due alunni irrequieti e indisciplinati al massimo, che nessuno riusciva a controllare. Si era deciso di separarli, di tenerne uno in una sezione uno in un'altra, sicchè non potesssero spalleggiarsi l'un l'altro e potenziare il loro già alto quoziente di sfrenatezza.
Il professore in parola, visto che non riusciva proprio a tenere a posto il suo "diavoletto", fece in modo di parlarne al preside, che decise di riformare la coppia e di rispedirla in classe dal sottoscritto. Infatti, per ben due anni, dovetti sostenere questa situazione, cercando di cavarmela in tutti i modi.
Nell'istituto c'era anche, nello stesso anno dei due alunni scatenati, un ragazzo che soffriva di un forte handicap fisico e culturale. Insegnanti di lettere in quel biennio eravamo solo io e il famoso collega. Una volta lasciati a me i due "discoli", giustizia e buon senso avrebbero voluto che il ragazzo svantaggiato, con tanto d'insegnante di sostegno, fosse sistemato nell'altra classe. Invece il bravo collega, lavorando abilmente in presidenza, riuscì ad ottenere che anche l'allievo bisognoso di cure particolari finisse nella mia classe.
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