Un gravoso problema che si presenta nelle classi in cui sono inseriti alunni con qualche handicap è il ruolo dell'insegnante di sostegno. Un anno capitò anche a me, con un ragazzo di sedici anni pieno di buona volomntà ed intelligenza, ma con gravissimi ritardi pregressi in grammatica. Oltretutto, capitò anche una insegnante di sostegno che effettuò una lunga supplenza annuale, e, affiancando il ragazzo al secondo banco, creava una specie di barriera che mi impediva di tenere con agio la disciplina della classe. Non poteva rimproverare gli alunni se si mostravano irrequieti, e dovevo aggirare continuamente quell'ostacolo che mi impediva un intervento diretto. Certamete l'alunno con l'handicap va sostenuto in tutti i modi possibili, ma se l'insegnante che ha questo compito specifico non collabora con intelligenza, nascono difficoltà e contrasti.
La supplente sentiva fortemente questa sua condizione di precarietà, e ogni tanto sentivo che provava dentro di sé un senso di rivalsa e di malinteso orgoglio, qualche volta intervenendo anche nei confronti degli insegnanti titolari, specialmente in italiano, che è la disciplina che più di tutte permette intrusioni e interpretazioni personali.
Il ragazzo aveva avuto ulteriori difficoltà dal fatto che i genitori si erano accorti in ritardo della sua parziale sordità: quando ci fu posto rimedio, era ormai troppo tardi per recuperare con un certo successo la comprensione di parole e di costrutti sintattici. La capacità di lettura era ridotta, e mentre nelle discipline scientifiche la naturale intelligenza permetteva al ragazzo comprensione e intuizioni anche notevoli, le possibilità espressive orali, ma soprattutto scritte, nelle composizioni d'italiano, erano gravemente deficitarie.
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