Il mondo della scuola, nei miei primi anni d'insegnamento, fu senza dubbio, per me, un recupero di giovinezza. Avevo perduto, quasi senza che me ne accorgessi, la parte migliore dei miei anni giovani in un chiuso e pervicace sogno di rincorsa al mondo del giornalismo, al quale avevo dedicato in modo che oggi posso giudicare ossessivo il periodo dai venti ai trent'anni, eliminando qualsiasi altra gioia e aspirazione giovanile, vita mondana compresa.
Quando, finalmente, col lavoro nella scuola retribuito in modo regolare, ebbi l'agio di frequentare amicizie e conoscenze, tornò a fiorire in me anche la gioia di vivere e il desiderio di divertimento.
Comprai un giradischi, divenni appassionato delle canzoni e della discografia, portai con me questo piccolo bagaglio mondano nei miei due anni di pensione a Trevi nel Lazio, dove spesso tra colleghi e colleghe era possibile organizzare piccole serate musicali con feste da ballo e altri appuntamenti di divertimento.
Ricordo che quando tornavo a Roma e mio fratello Vito mi vide così trasformato, mi guardava con un certo occhio preoccupato, come se avessi perduto in quel momento il senso della serietà se non proprio della ragione. Avevo trentasei anni, ma è come se ne avessi dieci di meno, e questa era la pura verità, perché quei dieci anni io li avevo effettivamente gettati al vento.
In realtà, di lì a un paio di stagioni la mia festosità primaverile si convertì definitivamente nella conquista di una maturità completa, sicché in pochi mesi si sviluppò in me il desiderio e l'intenzione di sposarmi.
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