1953, settembre. Fu il salto da Alatri a Roma, dal Conti Gentili al Pilo Albertelli.
Un passo audace, affrontato da me con coraggio. A settembre riparai matematica e scienze ad Alatri e mi iscrissi a Roma al grande liceo classico nei pressi di Santa Maria Maggiore.
Ci voleva un grande coraggio, dall'umile provincia ciociara alla grande città smaliziata. Io il coraggio ce l'avevo e cercai di adoprarlo.
Al Pilo Albertelli le classi erano enormi, come del resto ad Alatri. Una trentina di alunni. Io ero nella terza liceo E: dunque, c'erano almeno cinque corsi completi, per un totale di 800 studenti tra ginnasio e liceo.
L'ingresso era in via Manin, proprio al fianco dell'abside maestosa di Santa Maria Maggiore sul lato sinistro, quello prospiciente la Stazione Termini. Era preside il prof. Di Marco, pescarese di origine, amante della musica classica. Aveva fornito ogni classe di casse stereofoniche utilizzate per trasmettere, ad esempio, "Le fontane di Roma" di Ottorino Respighi, o brani di Mozart e Beethoven all'ingresso, negli intervalli e all'uscita.
Io mi ritrovai negli ultimi banchi, io che ero abituato ai primissimi anche per la mia miopia, e feci amicizia con un altro ragazzo ciociaro, originario di Pofi. Eravamo pressoché ignorati da tutti, compagni e professori, maltrattati nei compiti in classe, e per poter raggiungere la sufficienza negli scritti, in cui ero andato sempre spledidamente, dovetti sudare per tutto il primo quadrimestre.
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