sabato 9 luglio 2011

Vita di collegio: 60. Gli occhiali da vista

Tutto sommato, tra scritti e orali, riuscivo comunque a cavarmela e anche ad essere promosso a giugno, come in prima liceo, mentre in seconda le cose si complicarono un poco e dovetti riparare a settembre in scienze e matematica. Ma ci fu una motivazione particolare di cui parlerò ampiamente in uno dei capitoli successivi.
Soltanto in seconda liceo mi misi un paio di occhiali da vista che usavo in classe, ma non nelle altre circostanze della giornata.
Questo giustifica in parte la mia mancanza di attenzione, diciamo pure le mie distrazioni, per cui potevo alla fine sembrare anche un po' sventato e ingenuo agli occhi dei miei compagni. Inoltre, avendo il compito di istitutore, non sempre mi riusciva di essere attento nel controllo degli alunni, cosa che mi fruttò più di qualche richiamo da parte del giovane padre ministro Alessandro Fiori, un tipo alquanto arcigno e meticoloso nelle sue funzioni.
Detto fra noi: dal momento che coltivavo un po' anche la poesia, non ci volle molto perché mi procurassi la nomea di poeta e di filosofo, che in un collegio di allegri ragazzi un po' birboncelli è sempre bene tenere lontano.
C'era anche un convittore, con queste caratteristiche, uno degli ultimi anni: Giovanni Amati di Trevi nel Lazio. Ricco d'intelligenza e povero di spirito pratico, era considerato un po' un caso particolare, sempre guardato con rispetto, mai con simpatia, e tenuto un poco a distanza. I ragazzi, a volte, sanno essere anche spietati.





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