I ragazzi dell'Ente Stampa frequentavano la scuola media: avevano quindi dagli undici ai quattordici anni, al termine dei quali, o sarebbero tornati alle loro case per intraprendere la via del lavoro, oppure sarebbero stati accolti in un altro collegio per orfani fino all'età dei diciotto/diciannove anni, cioè al raggiungimento di un titolo di studi medio-superiori.
C'erano anche dei fratelli, di cui il maggiore si prendeva particolare cura del fratello minore con evidente senso di responsabilità.
Il momento forse più bello della giornata era la ricreazione subito dopo pranzo. Il collegio era dotato di un piccolo cortiletto interno, delle dimensioni di circa trenta metri di lunghezza per dieci metri di larghezza: questo spazio, in terra battuta, veniva utilizzato a turno dai ragazzi, sette contro sette, per accanite partite di calcetto, alle quali partecipavo anch'io, che di anni ne avevo diciassette.
Il gioco era velocissimo: la palla non finiva mai in fallo laterale, batteva sul muro e si proseguiva. I punteggi erano perciò altissimi: 20-18, tanto per fare un esempio. Non avevamo un pallone, ma una bella palla di gomma di medie dimensioni, che non aveva bisogno di essere continuamente rigonfiata. Il gioco non aveva un attimo di sosta, i ragazzi eano rapidissimi e scattanti, ed io all'inizio mi ritrovai a malpartito, ma poi gradualmente ritrovai la mia forma migliore, sicché venni reinserito nella squadra del Conti-Gentili, con cui eravamo spesso in contatto.
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