giovedì 7 luglio 2011

Vita di collegio: 59. Maledette interrogazioni

Di tutto vi sto parlando, dei miei anni di collegio, ma non dei miei studi. I miei anni di liceo non sono stati complessivamente troppo brillanti. In realtà, eccellevo negli scritti, specialmente nei temi, ma anche nelle versioni di latino e greco. I nostri insegnanti, Guido Barlozzini e Gervasio Rivera, avevano l'abitudine, riportando i compiti in classe corretti, di metterli rigorosamente in fila, dall'1 all'8, cioè dal voto più basso al voto più alto. L'1 non era per niente raro, e c'erano sempre tre o quattro alunni che se lo aggiudicavano, specialmente in italiano. Progressivamente si risaliva la china fino ad arrivare al 4, che era considerato un voto già dignitoso, in quanto riparabile con dei buoni orali.
Chi prendeva 5 era già soddisfatto. Poche le sufficienze e pochissimi i voti di merito, dal 7 all'8. Spesso spesso succedeva che l'ultimo fosse proprio il mio compito, e specialmente la lettura del giudizio procurava molto piacere, accompagnata com'era da note elogiative.
Il mio guaio erano gli orali. Il più delle volte mi presentavo impreparato, o abborracciavo una preparazione all'ultimo minuto. Riuscivo a strappare qualche sufficienza, ma non mancavano i voti mediocri e anche negativi, specialmente in matematica, che era la mia bestia nera. Ora riesco anche a capire perché: ero piuttosto miope e non portavo occhiali, sicché mi risultava quasi impossibile seguire le esercitazioni alla lavagna, anche se cercavo di stare sempre ai banchi della prima fila.

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