Il mio fratello maggiore, Vito, giustamente non vedeva di buon occhio il mio affannarmi alla rincorsa di un sogno, quello del giornalismo sportivo. Dall'alto della sua esperienza, e conoscendo anche il mio carattere non proprio sicuro di sé, mi faceva capire in tutti i modi di volermi aiutare a trovare altre soluzioni.
Un bel giorno mi mise di fronte al fatto compiuto. Mi disse che, grazie alle sue conoscenze (lui lavorava al Banco di Napoli), aveva pronto per me un posto sicuro al Banco di Santo Spirito.
Sicuramente, alla luce di quanto è accaduto dopo, avrei fatto bene ad accettare. Invece, caparbiamente, mi rifiutai. Primo, con la mia formazione di letterato, non me la sentivo proprio di finire dietro allo sportello di una banca; secondo, ormai ero abbastanza ben quotato nel campo del giornalismo sportivo, per cui ero sicuro di riuscire a sfondare in quel settore, dopo aver fatto tanta anticamera.
Il caso volle che proprio in quel periodo il mio fratello minore, Luciano, avesse deciso di lasciare il Collegio San Gabriele, dove insegnava come aspirante all'ordine religioso dei monfortani. Automaticamente, io proposi di girare a lui il posto in banca che era destinato a me.
Luciano non se lo fece ripetere due volte: accettò tutto felice la soluzione, e ci mise poi tanto di quell'impegno nel suo lavoro da riuscire a compiere una bella carriera, e dopo aver ottenuto la laurea in giurisprudenza, anche ad andare in pensione nel ruolo di dirigente.
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