Finite le Olimpiadi, il Corriere dello Sport tornò alla normale amministrazione. Ci furono ferie prolungate per tutti, tra agosto e settembre, e in quell'estate Ezio De Cesari si sentì in pericolo, in quanto, a sostituirlo, il direttore Ghirelli chiamò Enzo Sasso, fino a quel momento impegnato in un quotidiano milanese.
Io lavorai col solito impegno, dimenticandomi forse di essere "l'uomo di De Cesari": secondo lui, avrei dovuto non collaborare, non dare modo a Sasso di fare bella figura. Ma questo non mi venne in mente per niente, e svolsi il solito lavoro, impegnandomi anche con Aldo Pacor nei compiti redazionali, e sviluppando le inchieste estive di cui il giornale mi aveva incaricato.
Quando tornò De Cesari, a settembre inoltrato, mi accorsi che il suo comportamento nei miei confronti era cambiato. Continuò a farmi seguire gli allenamenti della Roma, però ci fu più di un movimento che mi faceva presagire qualche novità sgradevole.
Cominciai a pensare che mi convenisse cambiare rubrica, e chiesi di passare all'atletica leggera quando Alfredo Berra si trasferì a Milano alla Gazzetta dello Sport. Senonché all'atletica pensava anche Alfonso Fumarola, che curava il nuoto ed era già professionista, mentre io ero ancora un semplice pubblicista.
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