mercoledì 12 ottobre 2011

Vita di collegio: 107. La rivolta

Era sempre più evidente l'intenzione di farmi fuori: stavano solo aspettando il mio più piccolo errore. E questo errore inevitabilmente arrivò.
Premetto che allora non c'era alcuna rappresentanza di sindacato a difesa della categoria. C'era solo un comitato di redazione teso solo a difendere la categoria dei professionisti, cioè dei più forti.
Era arrivato il momento di designare il prossimo collaboratore destinato a diventare "praticante", cioè professionista in prova.
Io avevo di gran lunga più titoli di tutti. Mio antagonista era Giuseppe Pistilli, figlio del Presidente della Federcaccia: naturalmente, questo mi tagliava fuori.
De Cesari cominciò a dirmi che non potevano fare due "praticanti", e uno di noi due doveva trovare un'altra strada. Per me ci stavano provando, deviandomi in segreteria di redazione, ma io volevo soltanto scrivere.
Venne il punto di rottura. Pistilli fu prescelto a fare la cronaca di Lazio-Brescia, serie B, ed io a fare gli spogliatoi, un servizio secondario, che implicava da parte mia il riconoscimento di una superiorità, del tutto inesistente, di Pistilli nei miei confronti.
Era sabato sera, e il giorno dopo avrei dovuto effettuare il servizio spogliatoi. Arrivato a casa col cuore in tumulto, comunicai per telefono al giornale che, per la morte di un mio nonno, non potevo effettuare quel servizio.

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