Quando Ghirelli andò via, nel 1961, le cose cambiarono ancora in peggio. Ci fu una graduale eliminazione di tutti gli elementi che con Ghirelli avevano avuto rilievo, come lo stesso Enzo Sasso, gli impaginatori Enzo Poggi e Adriano Pacione, Fausto Rosati e parecchi altri elementi minori, in nome di una politica di economia. Anch'io sentivo traballare il mio piccolo posticino, che comunque riuscii a mantenere per altri due anni. De Cesari voleva convincermi a curare il calcio estero, del quale s'interessava Marco Solms, ma io avevo in testa la Roma e la Lazio e non volevo muovermi.
Non era davvero una bella situazione, per me: De Cesari, forse sobillato da un paio di colleghi interessati, era convinto che io lo avessi tradito, e comunque non mi rivolse mai un'accusa diretta.
L'anno dopo, stranamente, mi proposero per una trasferta in Germania e in Olanda con la nazionale dilettanti guidata da Domenico Biti. Era primavera, il viaggio fu molto bello, insieme all'équipe federale e insieme ad alcuni elementi di Milano, fra cui Mentana, il padre del futuro giornalista televisivo Enrico "mitraglietta". L'Italia dilettanti perse per 2-1 sia ad Hannover in Germania che ad Haarlem in Olanda, ma io feci amicizia con parecchi dirigenti della Federazione dilettanti, e questo poteva magari significare un mio ritorno alle origini.
Infine, mi vidi aprire le porte della segreteria: andato in ferie il vecchio Ennio Cencelli, segretario di redazione, venni chiamato a sostituirlo, essendo considerato un elemento idoneo per serietà e funzionalità. La prova andò benissimo, e quindi anche questa era una strada che mi si apriva, una vera e propria promozione economica, ma io mi ostinavo a ribattere tutta la mia decisione di voler continuare a scrivere di calcio, e soprattutto di Roma e Lazio.
Fu questa mia ostinazione che mi tradì definitivamente.
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