Mio fratello Vito fece di tutto per farmi tornare all'università. Era dal 1958 che ero lontano da essa, ed eravamo ormai quasi agli sgoccioli del 1963. Mi occorrevano alcune migliaia di lire di quel periodo, qualcosa come mille euro di oggi, per pagare le tasse arretrate e rimettermi in regola.
Mi ricordo che era un giorno di festa ad Acuto, il 22 settembre, ricorrenza del patrono San Maurizio, e sul famoso muricciolo di San Sebastiano ci demmo appuntamento in tre: Vito, io, e mio zio Pasquale, zio e compare di cresima.
- Quanto ti serve? - mi chiese brusco zio Pasquale, che era veramente un angelo di bontà. Io mi schermii, ma poi dissi: - Diecimila lire! -
Era una cifra notevole, per quei tempi, ma zio Pasquale non si turbò, aprì il portafogli, prese le diecimila lire e me le consegnò dicendomi: - Hai ventinove anni, torna all'Università e laureati il più presto possibile -
Ero profondamente commosso e non riuscivo nemmeno a ringraziare. Mi rimanevano undici esami per concludere il corso di laurea in lettere, e cinque di essi erano biennali, cioè doppi: era un bel carico, ma lo distribuii in dieci turni di esame, e programmai la laurea al terzo anno accademico successivo, '65-66: tesi di laurea nel marzo del 1967. Avrei avuto 32 anni, mi sarebbe rimasto tutto il tempo per fare una bella carriera d'insegnante.
Detto fatto. Il lunedì successivo ero in segreteria alla Sapienza per iscrivermi, riprendere i contatti, acquistare i libri necessari e fissare le date per i prossimi due esami.
La sera stessa, mentre i miei erano tutti a riposare, ripresi lo studio con tre belle ore ininterrotte, e capii che quella tornava ad essere la mia strada vera.
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